Otto trucchi per capire se la pasta è di qualità


Le prove fai da te che assicurano una tenuta perfetta del prodotto

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Oggi sono circa 300 i formati prodotti e consumati in Italia

ROMA – I test strumentali che i pastai applicano sulla pasta prima di metterla in commercio mirano a garantire soprattutto la sua consistenza al dente, secondo i seguenti criteri: nervo, elasticità, omogeneità, patinosità, assorbimento del condimento, resa in cottura, resa nel piatto. L’abilità del pastaio sta nel realizzare un prodotto che renda più ampio possibile l’intervallo di tempo in cui la pasta mantiene una “tenuta perfetta”. A prova di distrazioni del cuoco…

Ci sono però anche alcune prove fai da te, che AIDEPI, l’associazionei dei pastai, diffonde ai consumatori.

  1. Qualità a prima vista. Una pasta di qualità si può giudicare anche quando è cruda. Dal colore giallo ambrato omogeneo, senza puntini chiari o scuri e dal suono secco che sprigiona quando la si spezza. Prendiamo la pasta e osserviamola attentamente: se l’essiccamento non è stato condotto nel modo corretto, si possono notare delle sostanze di color rosso bruno, che penalizzano la cottura. O la cosiddetta bottatura, striature biancastre che penetrano in profondità e indeboliscono la struttura aumentando il rischio di rotture o fessurazioni del prodotto in cottura. La presenza di puntini bianchi sulla superficie è indice di una non perfetta idratazione della semola, mentre se i puntini sono neri è segno della presenza di frammenti di crusca non eliminati in macinazione o di particelle di semola derivanti da cariossidi (chicchi di grano) scure.
  2. La limpidezza dell’acqua durante la cottura. È opaca? È trasparente? Un’acqua poco torbida in cottura è segno di una pasta di qualità, che limita il rilascio dell’amido. Garanzia di una tenuta in cottura ottimale.
  3. La forma non cambia. Prova a controllare l’elasticità, la capacità della struttura di riprendere e mantenere la sua forma originaria. Per esempio, il pacchero si “siede” oppure no? Lo spaghetto mantiene il nervo anche quando è all’onda oppure si ammassa? Questa caratteristica è sintomo di un glutine di buona qualità e di una pasta che si è reidratata in modo omogeneo.
  4. Cotta dentro e fuori. Se sotto ai denti non si presentano zone molli (l’esterno) e dure (l’interno), allora la pasta è stata lavorata a regola d’arte e da ottime materie prime. La sua cottura è omogenea e il gradiente d’idratazione, passando dall’esterno all’interno del prodotto, è molto basso.
  5. La resa nel piatto. Quanti pezzi restano integri dopo la cottura e quanti si sono fessurati o sfaldati? Quanti sono incollati tra di loro, quanti poco cotti? Va da sé che maggiore il numero di “pezzi” difettati, minore sarà la qualità e la sua tenuta al dente.
  6. Più è nervosa, meglio è. Il nervo è lo sforzo che occorre per tagliare con i denti la pasta, la sua resistenza al taglio, l’elasticità e la capacità di mantenere queste performance in condizioni di stress (extracottura, attesa del servizio, etc) sono caratteristiche fondamentali per un prodotto di qualità.
  7. La prova dell’extracottura. Un classico dei test di laboratorio è stressarla con l’extracottura. Perché più aumenta la durata della cottura, tanto più diminuiscono tutti gli indici di qualità. Per prima cosa va identificato il Tempo Ottimale di Cottura, cioè il momento in cui la parte centrale (l’“animella” bianca) si idrata e perde il suo colore biancastro. È quello che troviamo scritto sulla confezione. L’animella si può visualizzare nel prodotto cotto schiacciando un filo di spaghetti tra due pezzi di plastica trasparente (test del vetrino) o tagliando un formato corto evidenziandone la sezione (test del coltello). Poi si mantiene il prodotto in cottura per il 25%-30% in più (circa 2-3 minuti). In questo modo si prova quanto la pasta è in grado di sopportare errori e distrazioni quando cuciniamo. Come quella telefonata o quella chat a cui non si è stati in grado di rinunciare…
  8. Dimenticata nel piatto 10 minuti. Infine i valori di nervo e patinosità si verificano anche sulla pasta scolata e “dimenticata” circa 5 minuti nello scolapasta o 10 minuti nel piatto, per testare quanto a lungo sa rimanere ancora buona nel piatto o nel vassoio, diventando quindi un parametro di valutazione tra i più importanti per il settore della ristorazione.