Sclerosi multipla: il rischio deriva da antiche varianti genetiche


Il rischio genetico di sviluppare la sclerosi multipla deriva da antiche varianti che 5mila anni fa proteggevano i pastori di pecore e bovini dell’Est Europa

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Il rischio genetico di sviluppare la sclerosi multipla deriva da antiche varianti genetiche che probabilmente proteggevano i pastori di pecore e bovini dell’Est Europa dalle condizioni ambientali di 5.000 anni e che si sono diffuse con le migrazioni, come è emerso dall’esame dei profili di DNA archeologico pubblicato sulla rivista Nature.

La sclerosi multipla è una malattia neuroinfiammatoria e neurodegenerativa che colpisce circa 2, 5 milioni di persone in tutto il mondo ed è diffusa soprattutto nel Nord Europa. Le origini e le ragioni di questa variazione geografica sono poco conosciute, così come il motivo per cui la malattia si sviluppa, ma si ritiene che svolgano un ruolo le interazioni gene-gene o gene-ambiente. Complessivamente si stima che i fattori genetici rappresentino circa il 30% del rischio e che alcuni fattori ambientali, come l’esposizione al virus Epstein-Barr, accrescano la probabilità di sviluppare la sclerosi multipla.

La migrazione tra i pastori dalla steppa pontico-caspica, che si estende dalla regione settentrionale del Mar Nero fino a oriente del Mar Caspio, nonché dall’Ucraina centrale al Kazakistan occidentale passando dalla Russia meridionale, ha portato varianti genetiche che, in un ambiente moderno, aumentano il rischio di sviluppare la malattia, hanno scritto l’autore senior Lars Fugger e colleghi dell’Università di Oxford, in UK.

Queste varianti, tuttavia, in passato potrebbero aver avuto lo scopo di proteggere i pastori dagli agenti patogeni che provenivano dai loro animali domestici. «La situazione oggi è diversa perché le malattie da cui queste varianti originariamente fornivano protezione non sono più problema rilevante come probabilmente lo erano allora» ha spiegato Fugger. «Infatti nei millenni successivi abbiamo avuto a disposizione antibiotici e vaccinazioni, oltre a standard di igiene molto più elevati, quindi questi geni oggi sono errati in termini del loro ruolo biologico originale».

Il rischio ereditario per la sclerosi multipla è localizzato all’interno o in prossimità di geni correlati al sistema immunitario. Le varianti legate più fortemente alla malattia si trovano nella regione dell’antigene leucocitario umano (HLA), dove quella più nota, HLA-DRB1*15:01, triplica il rischio per i portatori di almeno una copia dell’allele.

Una selezione genetica adatta ad antiche condizioni ambientali
Per identificare dei modelli nei genomi moderni, i ricercatori hanno valutato l’ascendenza in loci specifici in 410mila partecipanti alla UK Biobank che si autoidentificavano come individui britannici bianchi, utilizzando un panel di riferimento di 318 campioni di DNA antico dal periodo mesolitico all’età del bronzo e nuovi genomi medievali e post-medievali. Hanno confrontato l’ascendenza di ciascun polimorfismo a singolo nucleotide (SNP) con l’ascendenza dell’intero genoma nella UK Biobank per determinare un punteggio di anomalia.

Due regioni si sono distinte per avere le composizioni ancestrali più estreme: la regione LCT/MCM6 sul cromosoma 2, ben nota come regolatrice della persistenza della lattasi, e la regione HLA sul cromosoma 6. «Le frequenze degli alleli che conferiscono il rischio più elevato di sclerosi multipla (odds ratio > 1,5), tutti all’interno della regione HLA di classe II, hanno mostrato modelli sorprendenti nei nostri gruppi antichi» hanno scritto i ricercatori.

Il tag SNP per HLA-DRB1*15:01 (rs3135388 T), che comporta il rischio più elevato di sclerosi multipla, è stato osservato per la prima volta in un individuo neolitico italiano e la sua frequenza è rapidamente aumentata intorno al periodo dell’emergere della cultura Yamnaya (tarda età del rame/inizio età del bronzo nella regione della steppa pontica, tra il XXXVI al XXIII secolo a.C.) circa 5.300 anni fa nelle steppe e nelle popolazioni che ne sono derivate.

Le varianti immunogenetiche associate alla sclerosi multipla hanno subito una selezione positiva sia all’interno della popolazione della steppa che in combinazione con altri gruppi, probabilmente guidate da sfide patogene che coincidono con cambiamenti nella dieta, nello stile di vita e nella densità di popolazione, hanno osservato gli autori.

«La nostra interpretazione di questa storia è che la coevoluzione tra una serie di agenti patogeni e i loro ospiti umani potrebbe aver portato a una selezione genetica massiccia e divergente, specifica per l’ascendenza, sui geni della risposta immunitaria in base allo stile di vita e all’ambiente, seguita da una selezione favorevole ai ricombinanti dopo che queste popolazioni si sono mescolate» hanno aggiunto.

Da un punto di vista genetico, si ritiene che gli appartenenti alla popolazione nomade degli Yamnaya siano gli antenati degli attuali popoli di gran parte dell’Europa nordoccidentale. La loro impronta genetica nell’Europa meridionale, dove il rischio di sclerosi multipla è minore, è molto più piccola.

«Questi risultati potrebbero aiutare a demistificare la malattia» ha fatto presente Fugger. «Possiamo eliminare la percezione convenzionale della sclerosi multipla, che la definisce sulla base delle menomazioni che provoca, e invece comprenderla e cercare di trattarla per quello che è realmente, ossia il risultato di un adattamento genetico a determinate condizioni ambientali che si sono verificate nella nostra preistoria e che è rimasta nel nostro DNA, anche se da allora se le condizioni ambientali sono enormemente mutate».

Referenze

Barrie W et al. Elevated genetic risk for multiple sclerosis emerged in steppe pastoralist populations. Nature 625, 321–328 (2024).

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