Sclerosi multipla: da Biogen aggiornamenti sui nuovi farmaci


Biogen ha fornito un aggiornamento sull’evoluzione degli studi su tutti i principali farmaci per la sclerosi multipla sviluppati dall’azienda

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In occasione del 38° Congresso dell’ECTRIMS, Biogen ha fornito un aggiornamento sull’evoluzione degli studi su tutti i principali farmaci per la sclerosi multipla sviluppati dall’azienda.

Le presentazioni includono i risultati conclusivi di sicurezza ed efficacia dello studio EVOLVE-MS-1 sulla molecola diroximel fumarato, nonché un’analisi che mette a confronto diroximel fumarato con ponesimod e teriflunomide; esiti riferiti dai pazienti (PRO) e un’analisi di matching sul test proprietario StratifyJCV per natalizumab; uno studio di valutazione del trattamento con dimetilfumarato per prevenire la prima manifestazione clinica della SM nelle persone colpite da sindrome radiologicamente isolata; e studi che valutano l’impatto di peginterferone beta-1 e interferone beta-1a su gravidanza, allattamento e sviluppo del feto.

“Le presentazioni in questa edizione del congresso ECTRIMS testimoniano l’impegno di Biogen nel portare avanti ricerche che abbiano un impatto significativo sulla vita delle persone che affrontano la SM. – commenta Giuseppe Banfi, Amministratore Delegato di Biogen Italia – Questi nuovi dati mettono a disposizione della comunità SM informazioni ulteriori e più approfondite sulla sicurezza e l’efficacia già comprovate del nostro portfolio terapeutico, così da sostenere le decisioni di trattamento per tutte le diverse fasi del percorso di malattia, dall’esordio fino a tappe importanti come la gravidanza”.

Pubblicazione dei risultati conclusivi su sicurezza ed efficacia dello studio EVOLVE-MS-1
Le presentazioni che includono i dati degli studi clinici EVOLVE-MS-1 e OPTIMUM rafforzano ulteriormente il profilo di sicurezza e l’efficacia di diroximel fumarato:

  • I risultati definitivi di sicurezza ed efficacia di EVOLVE-MS-1 dimostrano una diminuzione dell’attività della malattia e un profilo di tollerabilità favorevole per diroximel fumarato su 1.057 pazienti nell’arco di 96 settimane, in linea con le precedenti valutazioni. La riduzione del tasso annualizzato di recidiva (ARR) è stata dell’81,6%, la percentuale stimata di pazienti che non hanno subito recidive è stata dell’82,4%, mentre la percentuale stimata di mancata evidenza di attività della malattia (NEDA-3) è stata del 41,1%. Pur se il 24,3% dei pazienti ha interrotto il trattamento, le sospensioni causate da eventi avversi gastrointestinali (0,7%) e arrossamenti (0,5%) sono state contenute.
  • È stato eseguito un confronto indiretto e adeguato al matching tra gli studi clinici su diroximel fumarato (EVOLVE-MS-1) e ponesimod e teriflunomide (OPTIMUM) in base ad ARR, progressione confermata della disabilità (CDP) a 12 settimane, CDP a 24 settimane, assenza di lesioni T1 captanti il gadolinio (Gd+) e assenza di lesioni T2 nuove / in espansione. Dopo la ponderazione eseguita sulle differenze tra gli studi, diroximel fumarato è stato associato a una percentuale più alta di pazienti privi di lesioni T1 Gd+ e lesioni T2 nuove / in espansione al termine del follow-up rispetto a ponesimod, con efficacia simile per ARR e CDP alle settimane 12 e 24. Diroximel fumarato si è dimostrato più efficace di teriflunomide su tutti i parametri di esito clinico e radiologico, eccezion fatta per la CDP a 24 settimane, dove l’efficacia è risultata simile.

Esiti riportati dai pazienti (PRO) per natalizumab; impatto del test StratifyJCV
Due presentazioni illustrano i miglioramenti negli esiti riportati dai pazienti (PRO) in seguito al trattamento con natalizumab, insieme alla preferenza e alla soddisfazione dei pazienti che ricevono natalizumab tramite somministrazione sottocutanea (SC):

  • Dall’analisi recente di un sondaggio condotto su pazienti di età pari o superiore a 21 anni con Sclerosi Multipla recidivante-remittente (SMRR) trattati con natalizumab [n=52] e ocrelizumab [n=92] che avevano ricevuto in precedenza almeno una terapia modificante la malattia (DMT), è emerso che i pazienti trattati con natalizumab hanno riferito miglioramenti su attività della malattia (84,6% vs 59,8% con ocrelizumab), sintomi emotivi (73,1% vs 35,9%), sintomi fisici (69,2% vs 43,5%), sintomi cognitivi (61,5% vs 32,6%) e ruoli/attività sociali (71,2% vs 35,9%). In aggiunta, i pazienti trattati con natalizumab hanno riferito che la loro DMT ha soddisfatto o superato le aspettative terapeutiche in misura maggiore rispetto ai pazienti trattati con ocrelizumab (96,2% vs 72,8%).
  • Nella prima analisi intermedia sui 206 pazienti arruolati nello studio osservazionale, prospettico e multicentrico SISTER in Germania, la via di somministrazione sottocutanea di natalizumab è stata preferita dai partecipanti (89,6%; 163 pazienti) rispetto alla somministrazione endovenosa; quasi tutti i pazienti trattati per via sottocutanea si sono detti soddisfatti della loro scelta (98,7%; 156 pazienti), in massima parte per la somministrazione più breve e più comoda. La somministrazione di natalizumab per via SC è disponibile in 26 paesi e finora oltre 16.000 pazienti sono stati trattati con la terapia SC.1

“Se consideriamo l’introduzione recente della somministrazione sottocutanea di natalizumab in Europa, questi risultati convalidano i dati degli studi clinici con l’apporto di evidenze real-world – ha dichiarato il Professor Ralf Gold dell’Università della Ruhr di Bochum, in Germania – Nel nostro studio abbiamo rilevato che quasi il 90% dei pazienti preferisce la somministrazione sottocutanea in virtù della durata più breve e della praticità”.

Separatamente è stata condotta un’analisi sull’uso di StratifyJCV™ di Biogen, un test anticorpale brevettato e concepito per rilevare la presenza di anticorpi anti-JC virus (JCV) nel siero e quantificare i valori dell’indice anticorpale, i quali sono correlati al rischio di leucoencefalopatia multifocale progressiva (PML) nei pazienti trattati con natalizumab. A oggi sono stati condotti oltre 2 milioni di test StratifyJCV in tutto il mondo. I dati aggregati sui risultati di 845.498 test StratifyJCV condotti da gennaio 2015 a dicembre 2021 hanno mostrato una diminuzione percentuale dei risultati indice-JCV positivi maggiore di 1,5 nei test ripetuti, dal 15% nel 2015 all’8% nel 2021, dimostrando che gli operatori sanitari stanno adottando il test per individuare, monitorare e gestire in maniera appropriata i pazienti trattati con natalizumab.

Effetto di dimetilfumarato sulla prima manifestazione di sindrome radiologicamente isolata 
I risultati dello studio ARISE (Assessment of dimethylfumarate in Radiologically Isolated Syndrome), uno studio clinico controllato con placebo, multicentrico e in doppio cieco, saranno presentati nella sessione dedicata alle terapie innovative. ARISE ha approfondito l’impatto dell’intervento terapeutico sulla prevenzione della prima manifestazione clinica della SM nelle persone colpite da sindrome radiologicamente isolata (RIS). Lo studio ha coinvolto 87 pazienti randomizzati con dimetilfumarato o placebo e trattati per un massimo di 96 settimane. I ricercatori hanno determinato che il trattamento con dimetilfumarato offre una riduzione del rischio dell’82% rispetto al placebo nella prevenzione di un primo episodio clinico correlato alla demielinizzazione del SNC.

Impatto di peginterferone beta-1a e interferone beta-1a su gravidanza, allattamento e sviluppo del feto 
Due presentazioni hanno valutato l’impatto dell’esposizione all’interferone sulla gravidanza, sull’allattamento e sullo sviluppo del feto. I dati dello studio post-autorizzazione sulla sicurezza PRIMA sono stati in linea con i risultati degli studi precedenti, nei quali l’esposizione a peginterferone beta-1a o a interferone beta-1a in gravidanza o in allattamento non mostrava un impatto negativo sullo sviluppo del feto o sulla crescita intrauterina. In aggiunta, da un’analisi preliminare del registro della Sclerosi Multipla e della gravidanza in Germania ha valutato lo sviluppo dei neonati nati da madri esposte a peginterferone beta-1a e interferone beta-1a durante la gravidanza: il trattamento non ha inciso negativamente sullo sviluppo dei feti.