Amiloidosi hATTR, in Sicilia “Innovazione Inclusiva”


Amiloidosi hATTR, l’esperienza siciliana del progetto “Innovazione Inclusiva”: al centro la presa in carico del paziente e il trattamento della patologia attraverso la centralità del territorio

Amiloidosi hATTR, l’esperienza siciliana del progetto "Innovazione Inclusiva": al centro la presa in carico del paziente e il trattamento della patologia attraverso la centralità del territorio

L’amiloidosi ereditaria da transtiretina (hATTR) è una malattia genetica rara, progressivamente debilitante, che spesso esordisce anche in giovane età, con un impatto importante sulla vita dei pazienti e delle loro famiglie. Scoperta in Portogallo negli anni ’50, ma ormai diffusa in tutto il mondo, con circa 50.000 persone affette, in Italia l’amiloidosi hATTR si associa a oltre 20 delle 100 diverse varianti del gene TTR attualmente note, alcune delle quali raggiungono una maggiore frequenza in ristrette aree geografiche, proprio come la Sicilia.

“La differente frequenza dell’amiloidosi hATTR nel nostro Paese è stata confermata dall’unico studio epidemiologico italiano condotto recentemente e coordinato dall’Università di Messina, grazie a cui conosciamo prevalenza e mutazioni più frequenti in ciascuna area del Paese”, precisa il Prof. Giuseppe Vita, Direttore della UOC di Neurologia e Malattie Neuromuscolari, Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico “G. Martino” di Messina. “In Italia, la prevalenza maggiore di questa patologia è in Sicilia, seguita poi dalla Calabria. Basti pensare che, se a livello nazionale, la prevalenza della patologia è di 4,4 casi su un milione, in Sicilia questa raggiunge quasi i 10 casi su un milione di abitanti. E questo è determinato da precisi fattori genetici. Si tratta, infatti, di una malattia rara, multisistemica, progressivamente invalidante, che colpisce i nervi periferici causando difficoltà deambulatorie e di utilizzo degli arti inferiori, ma che coinvolge anche il cuore, l’apparato gastrointestinale e quello genitourinario”.

I sintomi dell’amiloidosi hATTR compaiono di norma dopo i 45 anni e, a causa della rapida progressione naturale della malattia, diventa fondamentale una diagnosi precoce e accurata. Una diagnosi errata o ritardata della malattia, spesso causata della natura eterogenea della sua presentazione, può impedire il ricorso alle terapie e avere un impatto fortemente negativo sulla qualità di vita di chi ne è affetto, ma anche di chi deve prendersene cura, considerata la significativa compromissione dello stato di salute sia fisica sia mentale che permea ogni aspetto della vita quotidiana del malato, che peggiora con la progressione dei sintomi. “L’amiloidosi hATTR, in assenza di un trattamento in grado di bloccare la progressione della malattia, o addirittura di invertirne il decorso, può infatti portare a un significativo ‘burden’ di malattia, con esito sempre fatale”, continua il Prof. Giuseppe Vita. “Eppure, in Italia registriamo un ritardo diagnostico anche di 4-5 anni, dovuto al fenotipo clinico della malattia che, come detto, è molto variegato. L’inizio precoce della terapia, soprattutto se con farmaci innovativi, può invece condizionare positivamente il trattamento del paziente con amiloidosi hATTR e la gestione stessa della patologia. Possiamo affermare, anzi, che l’arrivo di queste terapie innovative abbia addirittura un duplice effetto: da una parte fa sì che la patologia acquisti sempre maggiore rilevanza e venga meglio conosciuta dagli specialisti, e questo è particolarmente importante soprattutto nel campo delle malattie rare, che sono tante e spesso misconosciute; inoltre, consente a noi clinici di accompagnare il momento della comunicazione della diagnosi al paziente con un messaggio di speranza. Grazie alla sempre maggiore attenzione da parte dei centri neurologici e cardiologici verso questa malattia, la diagnosi, inoltre, è diventata più facile e il paziente, diagnosticato prima, può essere meglio curato e accedere alle terapie, anche innovative, con migliori risultati”.

In Sicilia, il Centro di Riferimento Regionale per l’amiloidosi è al Policlinico “G. Martino” di Messina dove, attualmente, sono seguiti circa 50 pazienti, alcuni dei quali anche da fuori Regione. Un numero significativo, se si pensa che la stima dei pazienti italiani già diagnosticati, secondo lo studio del Registro Italiano, è di 260, anche se con un sommerso numeroso, considerando l’ereditarietà della malattia ed il ritardo diagnostico. “Anche in piena emergenza COVID-19 – spiega il Prof. Vita – a parte una sospensione di quasi un mese, per scongiurare il rischio di uno ‘tsunami’ di contagi, le attività del nostro Centro sono state svolte in maniera continuativa, per garantire a tutti i pazienti che a noi afferiscono anche dalla Calabria la possibilità di effettuare i controlli previsti, così come le terapie in ambito ospedaliero. Bloccare le attività per troppo tempo sarebbe stato un pericolo per i pazienti, data la progressione della malattia, per questo abbiamo ripreso, in tutta sicurezza, da metà aprile, garantendo soprattutto l’aderenza alle terapie innovative che davvero rappresentano una nuova speranza per questi malati rari. Questi, anche in piena emergenza Coronavirus, sono sempre stati considerati dal nostro sistema sanitario regionale con la medesima attenzione riservata ai pazienti oncologici”.

L’attenzione verso le malattie rare della Regione Sicilia si è espressa anche nella partecipazione al progetto “Innovazione Inclusiva”, promosso da Alnylam Italia con l’obiettivo di promuovere un adeguamento dei processi di cura tramite la rivalutazione dei percorsi diagnostici, che possono portare adattamenti organizzativi unitamente a criteri di efficienza operativa ed assistenziale. Tutto questo coinvolgendo specialisti e istituzioni, anche per attivare una rete che possa occuparsi dei pazienti in maniera virtuosa sul territorio. “Al centro del progetto – conclude il Prof. Vita – c’è sempre il tema della presa in carico del paziente e della cura di questa patologia attraverso la centralità del territorio, coniugando il miglioramento della qualità della vita per i pazienti e per le loro famiglie e la razionalizzazione dei costi per il sistema sanitario. Anche in fatto di innovazione terapeutica e di accesso alle cure, auspichiamo che la disponibilità di questi nuovi farmaci possa essere anche a livello territoriale, e non solo limitata ai Centri di riferimento, per garantire a tutti i pazienti la somministrazione frequente di terapie specifiche”.