Malattia di Crohn attiva: guselkumab efficace fino a 48 settimane


In molti pazienti con malattia di Crohn attiva da moderata a grave guselkumab sottocutaneo efficace alla settimana 48

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Molti pazienti con malattia di Crohn attiva da moderata a grave non rispondono alle terapie disponibili o perdono la risposta nel tempo. Lo studio GALAXI-1 aveva precedentemente evidenziato che tre dosaggi di guselkumab per via endovenosa hanno mostrato risultati clinici ed endoscopici superiori rispetto al placebo alla settimana 12 in pazienti con malattia di Crohn attiva da moderata a severa. Su Lancet Gastroenterology and Hepatology sono stati da poco pubblicati i dati di sicurezza ed efficacia di guselkumab sottocutaneo alla settimana 48 nel mantenimento.

Guselkumab è un antagonista dell’inteleuchina IL23 approvato per il trattamento della psoriasi a placche e dell’artrite psoriasica moderata-severa.

GALAXI 1 è uno studio di fase 2 multicentrico, in doppio cieco, controllato con placebo, con controllo attivo, globale che valuta l’efficacia e la sicurezza di guselkumab nei partecipanti con malattia di Crohn da moderata a severa e che non rispondevano o erano intolleranti alle seguenti terapie: terapie convenzionali (corticosteroidi o immunomodulatori) e/o terapie biologiche (antagonisti del TNF o vedolizumab).

I pazienti adulti con malattia di Crohn attiva da moderata a severa sono stati assegnati in modo casuale secondo un programma di randomizzazione generato dal computer a ricevere uno dei cinque gruppi di trattamento, con regimi costituiti da una fase di induzione per via endovenosa per poi passare a una fase di mantenimento per via sottocutanea a partire dalla settimana 12.

Il disegno di trattamento era il seguente: (1) gruppo guselkumab 200→100 mg (200 mg per via endovenosa alle settimane 0, 4 e 8, quindi 100 mg per via sottocutanea ogni 8 settimane; (2) gruppo guselkumab 600→200 mg (600 mg per via endovenosa alle settimane 0, 4 , e 8, quindi 200 mg per via sottocutanea ogni 4 settimane); (3) gruppo guselkumab 1200→200 mg (1200 mg per via endovenosa alle settimane 0, 4 e 8, quindi 200 mg per via sottocutanea ogni 4 settimane); (4) gruppo ustekinumab ( circa 6 mg/kg per via endovenosa alla settimana 0, quindi 90 mg per via sottocutanea ogni 8 settimane); o (5) gruppo placebo (induzione con placebo seguita da mantenimento con placebo [per quelli con risposta clinica CDAI alla settimana 12] o crossover a ustekinumab [per quelli senza risposta clinica CDAI alla settimana 12]).

Gli endpoint valutati alla settimana 48 includevano la remissione CDAI (punteggio CDAI <150), la risposta endoscopica (miglioramento ≥50% rispetto al basale nel punteggio SES-CD o punteggio SES-CD ≤2) e la remissione endoscopica (punteggio SES-CD ≤2) nella popolazione dell’analisi di efficacia primaria composta da tutti i pazienti randomizzati che hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio, esclusi quelli che hanno interrotto il trattamento durante una pausa temporanea dallo studio.
Le analisi di sicurezza hanno incluso tutti i pazienti randomizzati che hanno ricevuto almeno una dose del farmaco in studio.

Tra i 700 pazienti sottoposti a screening, 309 (112 naive al biologico; 197 già trattati con biologici) sono stati inclusi nella popolazione dell’analisi primaria di efficacia: 61 nel gruppo guselkumab 200→100 mg, 63 nel gruppo guselkumab 600→200 mg, 61 nel gruppo guselkumab gruppo 1200→200 mg, 63 nel gruppo ustekinumab e 61 nel gruppo placebo.
Sono stati inclusi 126 (41%) donne e 183 (59%) uomini, con un’età mediana di 36,0 anni (IQR 28,0–49,0). Alla settimana 48, il numero di pazienti con remissione clinica CDAI era 39 (64%) nel gruppo guselkumab 200→100 mg, 46 (73%) nel gruppo guselkumab 600→200 mg, 35 (57%) nel gruppo guselkumab 1200 →gruppo 200 mg e 37 (59%) nel gruppo ustekinumab.

I numeri corrispondenti di pazienti con risposta endoscopica erano rispettivamente 27 (44%), 29 (46%), 27 (44%) e 19 (30%), e la remissione endoscopica è stata osservata in 11 (18%), 11 (17%), 20 (33%) e quattro (6%) pazienti, rispettivamente.
Nel gruppo placebo, 15 pazienti presentavano una risposta clinica CDAI alla settimana 12 e hanno continuato il trattamento con placebo; di questi, nove (60%) erano in remissione clinica alla settimana 48.

Quarataquattro pazienti nel gruppo placebo non presentavano una risposta clinica CDAI alla settimana 12 e sono passati a ustekinumab; di questi, 26 (59%) erano in remissione clinica alla settimana 48.
Fino alla settimana 48, la frequenza degli eventi avversi nella popolazione di analisi della sicurezza (n=360) erano 46 (66%) su 70 pazienti (464·9 eventi per 100 pazienti -anni di follow-up) nel gruppo placebo, 163 (74%) su 220 pazienti (353,1 per 100 pazienti-anno) nei tre gruppi guselkumab combinati e 60 (85%) su 71 pazienti (350,7 per 100 pazienti-anno) nel gruppo ustekinumab.

Tra i pazienti trattati con guselkumab o ustekinumab, le infezioni segnalate più frequentemente fino alla settimana 48 sono state nasofaringite (25 [11%] su 220 riceventi guselkumab, 12 [11%] su 114 riceventi ustekinumab) e infezioni delle vie respiratorie superiori (13 [6%] riceventi guselkumab, otto [7%] riceventi ustekinumab).
Dopo la settimana 12, un paziente che ha risposto all’induzione con placebo e due pazienti trattati con guselkumab hanno avuto infezioni gravi. Non si sono verificati casi di tubercolosi attiva, infezioni opportunistiche o decessi.

Secondo quanto scrivono gli autori, i pazienti che hanno ricevuto guselkumab per via endovenosa per l’induzione e trattamento di mantenimento attraverso la via sottocutanea hanno raggiunto tassi elevati di efficacia clinica ed endoscopica fino alla settimana 48. Non sono stati identificati nuovi problemi di sicurezza.

Silvio Danese et al., Efficacy and safety of 48 weeks of guselkumab for patients with Crohn’s disease: maintenance results from the phase 2, randomised, double-blind GALAXI-1 trial Lancet Gastroenterol Hepatol. 2024 Feb;9(2):133-146. doi: 10.1016/S2468-1253(23)00318-7. Epub 2023 Dec 14.

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