Malattia del trapianto contro l’ospite in forma cronica: axatilimab efficace


Nei pazienti con malattia del trapianto contro l’ospite in forma cronica (cGVHD) recidivante o refrattaria, axalitimab induce risposte rapide e durature

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Nei pazienti affetti da malattia del trapianto contro l’ospite in forma cronica (cGVHD) recidivante o refrattaria, il trattamento con l’anticorpo monoclonale axalitimab induce risposte rapide e durature, con un profilo di sicurezza gestibile. Lo mostrano i dati dello studio di fase 2 AGAVE-201, presentati durante la sessione plenaria del congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH) svoltosi di recente a San Diego.

I risultati dello studio, che ha valutato la sicurezza e l’efficacia di axalitimab a tre schemi di dosaggio, hanno evidenziato un profilo di tollerabilità accettabile a tutte le dosi considerate e risposte migliori alla dose di 0,3 mg/kg.

Infatti, il trattamento con il farmaco sperimentale alla dose di 0,3 mg/kg ogni 2 settimane (80 pazienti) ha prodotto un tasso di risposta obiettiva (ORR) del 74% (IC al 95% 63%-83%), alla dose di 1 mg/kg ogni 2 settimane (81 pazienti) un ORR del 67% (IC al 95% 55%-77%) e alla dose di 3 mg/kg ogni 4 settimane un ORR del 50% (IC al 95% 39%-61%).

Lo studio ha dunque centrato l’endpoint primario, rappresentato dall’ORR nei primi 6 cicli (secondo i criteri della consensus del 2014 dei National Institutes of Health), in tutte e tre le coorti.

Inoltre, il tempo mediano di risposta è stato rispettivamente di 1,7 mesi (range: 0,9-8,1), 1,9 mesi (range: 0,9-8,6) e 1,4 mesi (range: 0,9-5,6), mentre la risposta è stata mantenuta per almeno un anno rispettivamente nel 60% (IC al 95% 43%-74%), 60% (IC al 95% 43%-74%) e 53% (IC al 95% 30%-71%) dei pazienti delle tre coorti.

«Axatilimab, con il suo meccanismo d’azione unico, può rappresentare una nuova strategia terapeutica nella cGVHD», ha dichiarato Daniel Wolff, dell’Ospedale Universitario di Regensburg, in Germania, che ha presentato i dati al congresso. «Lo studio AGAVE-201 ha raggiunto l’endpoint primario a tutte e tre le dosi valutate, ma l’ORR più elevato e la tossicità minore si sono osservati con la dose più bassa, il che evidenzia l’importanza cruciale di condurre studi con adeguatamente dimensionati in questa popolazione vulnerabile».

Necessarie nuove opzioni efficaci e tollerabili
La cGVHD, ha spiegato Wolff, colpisce dal 30 al 50% dei pazienti sottoposti a trapianto e rappresenta una delle principali cause di morbilità tardiva. Si tratta di una malattia multiorgano, infiammatoria, fibrotica e difficile da trattare, che spesso richiede diverse linee di terapia, la cui efficacia diminuisce progressivamente.

La cGVHD compromette anche la qualità di vita e comporta un carico di malattia significativo in quei pazienti che sono guariti da tumori maligni. Per questo motivo, ha ricordato l’autore, sono necessarie nuove opzioni efficaci e tollerabili.

Le premesse
I macrofagi e i monociti che presentano il recettore CSF-1 (CSF-1R) sono mediatori dell’infiammazione e della fibrosi. Axatilimab è un anticorpo monoclonale sperimentale che ha come bersaglio il CSF-1R presente su monociti e i macrofagi.

In uno studio di fase 1/2 (NCT03604692) pubblicato nel 2023 sul Journal of Clinical Oncology, in tutti i pazienti valutabili affetti da cGVHD attiva dopo almeno due precedenti linee di terapia sistemica, la terapia con axatilimab nei primi sei cicli di trattamento ha prodotto un ORR del 67% (IC al 95% 50 %-81%),con un profilo di sicurezza favorevole. Sulla base di queste premesse, Wolff e i colleghi hanno condotto lo studio AGAVE-201.

Lo studio AGAVE-201
AGAVE-201 (NCT04710576) è uno studio, globale, randomizzato, in aperto, che ha arruolato pazienti di almeno 2 anni di età con una cGVHD attiva dopo un trapianto allogenico di cellule emopoietiche e trattati con almeno due linee precedenti di terapia sistemica. I partecipanti dovevano avere, inoltre, un punteggio del performance status secondo Karnofsky uguale o superiore al 60% e un’adeguata funzionalità midollare e d’organo.

L’uso concomitante di corticosteroidi (65%), inibitori della calcineurina (28%) e inibitori di mTOR (12%) era consentito, ma non richiesto. Al contrario, non era consentito alcun trattamento sistemico aggiuntivo per la cGVHD.

I partecipanti sono stati arruolati in 121 centri di 16 paesi rappresentanti i quattro continenti (51 in Nord America, 58 in Europa/Medio Oriente, 10 in Asia e due in Australia). Complessivamente, 241 pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto di randomizzazione 1:1:1 al trattamento con axatilimab endovena con le tre diverse schedule.

L’ORR nei primi 6 cicli secondo i criteri della consensus del 2014 del NIH rappresentava l’endpoint primario, mentre gli endpoint secondari ed esplorativi includevano il miglioramento clinicamente significativo dei sintomi in base alla scala di Lee modificata (mLSS), i tassi di risposta organo-specifica, la durata della risposta, la sopravvivenza libera da fallimento (FFS), la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza.

Pazienti altamente pretrattati
Le caratteristiche al basale e demografiche dei partecipanti erano ben bilanciate tra le coorti. L’età mediana era di 53 anni (range: 7-81) e la maggior parte dei pazienti era di sesso maschile (63%), di razza bianca (83%) e con malattia severa (80%).

Il tempo mediano dalla diagnosi di cGVHD alla randomizzazione era di 4 anni. Al basale, il numero mediano di organi coinvolti era di quattro e in poco più della metà dei pazienti (54%) la malattia coinvolgeva quattro o più organi.

Inoltre, il numero mediano di trattamenti sistemici effettuati in precedenza per la malattia cronica era pari a quattro e il 55% dei pazienti era risultato refrattario all’ultimo trattamento per la cGVHD. In particolare, il 74% era stato trattato in precedenza per la cGVHD con ruxolitinib, il 31% con ibrutinib e il 23% con belumosudil.

Caratteristiche dei pazienti ininfluenti sul tasso di risposta
«Sorprendentemente, le caratteristiche dei pazienti non hanno mostrato un impatto sul tasso di risposta, comprese l’età, … e la severità della malattia al momento dello screening», ha dichiarato Wolff. «Soprattutto, si sono osservati tassi di risposta elevati anche in pazienti trattati in precedenza con agenti già approvati dall’Fda, tra cui belumosudil, a dimostrazione del meccanismo d’azione peculiare di axatilimab».

Tra i partecipanti di età inferiore a 17 anni (4) trattati con il farmaco sperimentale, l’ORR è risultato del 75%, tra quelli di età compresa fra 17 e 65 anni (55) del 78%, mentre in quelli di 65 anni o più (21) del 62%. Per quanto riguarda la gravità della malattia al momento dello screening, tra i pazienti con cGVHD lieve o moderata (17) l’ORR è risultato del 65%, mentre in quelli con malattia grave (63) del 76%. Tra coloro che erano stati trattati con ibrutinib (27), ruxolitinib (57) o belumosudil (16), gli ORR sono risultati rispettivamente dell’82%, 79% e 75%.

«In termini di risposta organo-specifica, si è osservata una remissione completa in tutti gli organi coinvolti», ha detto Wolff. Infatti, con axatilimab alla dose di 0,3 mg/kg ogni 2 settimane si sono osservate risposte anche nei pazienti che presentavano organi interessati dalla fibrosi. Nello specifico, si sono osservate risposte complete a livello del tratto gastrointestinale inferiore (9 pazienti; 89%), di quello superiore (11 pazienti; 82%), dell’esofago (23; 65%), dei fasci muscolari e delle articolazioni (55 pazienti; 20%), della cavità orale (40 pazienti; 42%), dei polmoni (32 pazienti; 42%), del fegato (10 pazienti; 20%), oculare (59 pazienti; 10%) e cutaneo (64 pazienti; 9%).

Miglioramento significativo dei sintomi in oltre la metà dei pazienti
Nel 44% dei pazienti si è vista una riduzione della superficie corporea interessata dalla fibrosi e nel 66% un miglioramento della gravità della rigidità articolare e dell’ispessimento cutaneo. «La discrepanza trova una spiegazione nel fatto che il 94% dei pazienti arruolati nello studio presentava lesioni cutanee da steroidi e secondo i criteri di risposta del NIH per documentare la remissione è richiesta la completa risoluzione della sclerosi profonda», ha spiegato Wolff.

La mediana della FFS è risultata di 17,3 mesi (IC al 95% 14,2-non valutabile). Solo due pazienti della coorte trattata con 0,3 mg/kg sono deceduti. Entrambi presentavano una GVHD polmonare grave; uno è morto come conseguenza diretta della malattia polmonare progressiva e l’altro aveva un’infezione polmonare precedente che lo ha portato al decesso.

Per quanto riguarda il carico dei sintomi, valutato con la mLSS, l’87% dei pazienti ha dichiarato un miglioramento rispetto al basale e il 55% un miglioramento clinicamente significativo pari o superiore a 7 punti. Inoltre, nel 73% dei pazienti si è registrato un miglioramento del punteggio relativo all’ispessimento cutaneo rispetto al basale, che, ha detto Wolff, denota l’importanza cruciale di registrare gli esiti riferiti dai pazienti in questa popolazione. «Il miglioramento dei sintomi è stato abbastanza rapido e ha seguito l’andamento osservato nella risposta complessiva», ha aggiunto l’autore.

Profilo di tollerabilità accettabile
Gli effetti collaterali sono stati per lo più di basso grado, si sono risolti e hanno avuto un’incidenza maggiore con le dosi più elevate, ha riferito Wolff.

Nella coorte trattata con 0,3 mg/kg, gli eventi avversi hanno richiesto una riduzione della dose nel 6,3% dei pazienti e in un’uguale percentuale è stata necessaria un’interruzione del trattamento. Gli eventi avversi di qualsiasi grado più comuni, riscontrati in almeno il 20% dei pazienti di questa coorte, sono stati affaticamento (22,8%), cefalea (19,0%), edema periorbitale (2,5%) e COVID-19 (16,5%). «A dosi più elevate, l’edema periorbitale è stato un evento avverso molto specifico di axatilimab», ha detto l’autore.

Si sono osservate, inoltre, alterazioni dei parametri di laboratorio, fra cui un aumento dell’aspartato aminotransferasi (13,9%), della creatinina fosfochinasi (11,4%), della lipasi (11,4%), della lattato deidrogenasi (13,9%), dell’alanina aminotransferasi (12,7%) e dell’amilasi (3,8%).

Infine, il 17,7% dei pazienti ha manifestato almeno un evento avverso di grado 3 o superiore correlato al trattamento e in un paziente l’evento avverso ha avuto esito fatale.

Bibliografia
D. Wolff, et al. Safety and efficacy of axatilimab at 3 different doses in patients with chronic graft-versus-host disease (AGAVE-201). Blood 2023;142(suppl 1):1; doi:10.1182/blood-2023-186963. https://ashpublications.org/blood/article/142/Supplement%201/1/499054/Safety-and-Efficacy-of-Axatilimab-at-3-Different