Sclerosi multipla: attività microgliale ridotta da foralumab


Sei mesi di trattamento con foralumab, somministrato per via endonasale (formulazione spray), hanno portato a una diminuzione dell’attività microgliale in 5 pazienti su 6

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Sei mesi di trattamento con foralumab, somministrato per via endonasale (formulazione spray), hanno portato a una diminuzione dell’attività microgliale in 5 persone su 6 con sclerosi multipla secondaria progressiva (SPMS) non attiva coinvolte in un programma di accesso esteso (expanded access program). I nuovi dati sono stati presentati in occasione della riunione congiunta del Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ECTRIMS) e dell’Americas Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis (ACTRIMS), che si è svolto a Milano.

I finanziatori della ricerca (Tiziana Life Sciences), in un comunicato stampa, dichiarano di considerare questi dati molto incoraggianti e utili nella rapida prosecuzione degli studi di fase 2a con foralumab nel trattamento di una forma grave di malattia (ossia la SPMS) per la quale attualmente non sono disponibili trattamenti approvati dalla FDA.

Valutate persone con varante della malattia senza ricadute (forma ‘non attiva’)
Alla maggior parte delle persone con SM viene inizialmente diagnosticata una malattia recidivante-remittente (RRMS), caratterizzata da riattivazioni in cui i sintomi peggiorano improvvisamente, seguiti da periodi di remissione in cui i sintomi stessi attenuano. Nel corso del tempo, molte persone con RRMS progrediscono sviluppando la SPMS, caratterizzata da una disabilità che peggiora continuamente indipendentemente dall’attività di recidiva.

Alcune persone con SPMS avranno ancora delle ricadute. A questo decorso ci si riferisce come SPMS attiva e, negli Stati Uniti, la maggior parte dei trattamenti approvati per la RRMS sono autorizzati anche per l’uso nella SPMS attiva.

Gli specialisti convengono le persone con SPSM che non sperimentano ricadute abbiano una SPSM non attiva. I tipi di SM non recidivanti come questa storicamente si sono dimostrati molto meno reattivi alle terapie disponibili. Inoltre, solo un farmaco fino ad oggi – mitoxantrone – è stato autorizzato negli Stati Uniti per le persone con SPSM non attiva.

Anticorpo diretto al co-recettore CD30 delle cellule T
Foralumab è una terapia a base di anticorpi somministrata per via intranasale progettata per inibire l’attivazione delle cellule T. Si ritiene che l’attivazione di questo tipo di cellule immunitarie svolga un ruolo centrale nell’infiammazione che determina lo sviluppo della SM. Foralumab ha come bersaglio specifico il complesso proteico transmembrana co-recettoriale CD3 delle cellule T. In particolare, la microglia, costituita da cellule immunitarie residenti nel cervello, si ritiene svolgano un ruolo di rilievo nel portare all’infiammazione e al danno assonale nella sclerosi multipla (SM).

Dei sei pazienti con SPMS non attiva inclusi nello studio presentato a Milano, due erano inseriti in programmi di accesso per singolo paziente mentre gli altri quattro facevano parte di un programma di accesso esteso di dimensioni intermedie che arruolerà fino a otto pazienti.

Tutti i pazienti avevano manifestato una progressione clinica della malattia nonostante il trattamento con le terapie modificanti la malattia (DMT) disponibili. A ciascuno è stato somministrato foralumab in cicli di tre settimane: 50 microgrammi in ciascuna narice tre volte a settimana per due settimane, poi una settimana di pausa dal trattamento.

Riduzione a 6 mesi dell’attività flogistica alla PET cerebrale
I primi due pazienti sono stati trattati con foralumab per più di un anno e gli altri quattro sono stati seguiti per almeno sei mesi. La terapia sperimentale è stata finora ben tollerata, senza effetti collaterali gravi. I dati delle scansioni PET del cervello hanno mostrato che, dopo sei mesi di trattamento, cinque dei sei pazienti hanno mostrato una riduzione dell’attività della microglia. Il sesto paziente ha invece evidenziato un aumento dell’attività infiammatoria microgliale a sei mesi.

«Dopo la revisione delle scansioni PET di base e a sei mesi dell’ultima coorte di quattro pazienti ad accesso esteso, tre delle quattro scansioni hanno suggerito una riduzione qualitativa del segnale PET microgliale» ha detto Tarun Singhal, neurologo al Brigham and Women’s Hospital di Boston e co-autore dello studio. «In combinazione con la valutazione dei primi due pazienti con accesso esteso a sei mesi, le scansioni PET di cinque dei sei pazienti hanno suggerito una riduzione del segnale qualitativo microgliale» ha aggiunto.

Imminente lo studio di fase 2b con farmaco autosomministrazione dal paziente 
I dati PET a tre mesi hanno anche mostrato che cinque pazienti avevano un’attività microgliale ridotta mentre un sesto aveva aumentato l’attività. L’unico paziente con maggiore attività a tre mesi aveva minore captazione a sei mesi, mentre l’individuo con maggiore segnale a sei mesi aveva evidenziato una diminuzione dell’attività nella scansione a tre mesi, ha osservato Singhal.

Secondo il comunicato dell’azienda finanziatrice, con sei pazienti trattati nel programma di accesso esteso per SPMS non attiva, si ritiene che l’analisi delle scansioni PET a sei mesi supporti fortemente i risultati clinici a 3 mesi comunicati in precedenza.

I punteggi complessivi di disabilità, misurati con l’Expanded Disability Status Scale (EDSS), sono diminuiti in due pazienti, suggerendo una disabilità meno grave dopo sei mesi di trattamento con foralumab. Negli altri quattro pazienti, i punteggi EDSS sono rimasti stabili durante i sei mesi di trattamento.

Dopo sei mesi di trattamento con foralumab, tre pazienti hanno fatto registrare miglioramenti in un test di capacità deambulatoria e quattro hanno riportato un affaticamento meno grave. Questi valori sono rimasti sostanzialmente stabili per i restanti pazienti.

«Tutti e sei i pazienti hanno sperimentato un miglioramento in almeno una misura clinica e 5 su 6 hanno mostrato un miglioramento all’imaging PET della microglia a sei mesi» ha riferito Singhal, il quale ha affermato che i dati finora sono «promettenti dal punto di vista dell’imaging», aggiungendo che «sono necessari ulteriori studi per confermare questi risultati utilizzando altri approcci quantitativi».

Finora, ai partecipanti ad accesso esteso, foralumab è stato somministrato in ospedale, mentre i pazienti inclusi nel programma e quelli arruolati nel prossimo studio clinico di fase 2a (che sarà condotto in 6-10 centri SM), potranno effettuare un’autosomministrazione della terapia, ricevendo così il trattamento nell’ambiente confortevole del proprio domicilio e avendo necessità di recarsi in clinica solo una volta ogni 3 settimane e non più tre volte alla settimana.

Fonte:
Chitnis T, Singhal T, Zurawski J, et al. Treatment of six non-active secondary progressive MS patients with nasal anti-CD3 monoclonal antibody (Foralumab Foralumab): safety, biomarker, and disability outcomes. ECTRIMS-ACTRIMS, Milano. Abstract n. 1868/P281. leggi