Daini al macello, l’Ente Parco Delta del Po si difende


Daini di Classe e Volano al macello, Ente Parco Delta Po: “Non avevamo altra scelta”. L’Enpa attacca

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La decisione di destinare i daini di Classe e Volano ad allevamenti “non a scopo amatoriale”, quindi sostanzialmente al macello, è stata presa perché “l’Ente Parco Delta del Po non aveva alcuna alternativa“. Questa la replica dello stesso Ente alle tante critiche ricevute in questi giorni, non solo dalle associazioni ambientaliste, ma anche da alcuni settori della politica, in primis dalla consigliera regionale emiliano-romagnola del Gruppo misto Giulia Gibertoni. In una nota in cui premette che “l’intervento, a costo zero per la Pubblica amministrazione, dà attuazione alle linee guida nazionali emanate dall’Istituto superiore di Protezione e ricerca ambientale nel 2013, riprese dal Piano faunistico-venatorio regionale 2018-2023 e dal Piano regionale per il controllo delle popolazioni di daino di Classe e Volano approvato nel 2021″, l’Ente Parco spiega che il suo territorio di competenza rappresenta oltre il 90% delle aree occupate dal daino nella pianura dell’Emilia-Romagna, mentre solo il restante 10% è di competenza della Regione”.

“LA REGIONE EMILIA-ROMAGNA PUÒ SPOSTARE 30 ESEMPLARI, NOI INVECE NO”

Dunque, si legge, se “il numero di daini presenti nell’area di competenza della Regione le consente di spostare gli animali in altre zone del territorio, rispettando quindi il limite di 30 capi imposto da Ispra per il trasferimento in natura di questa specie”, questo “non è possibile, invece, per quanto riguarda il più vasto territorio di competenza dell’Ente Parco, dove il trasferimento di soli 30 esemplari non avrebbe avuto alcun effetto nella riduzione numerica prevista dagli strumenti nazionali e regionali“. In sostanza, si giustifica l’Ente Parco, “a parità di contenuti del Piano approvato, che permette anche il trasferimento verso allevamenti non a scopo amatoriale, noi non avevamo alcuna alternativa alla scelta di dare questa destinazione agli animali catturati”.

“DOBBIAMO DIFENDERE LA VEGETAZIONE, E I LUPI DA SOLI NON BASTANO A CONTENERE I DAINI”

Le ragioni dell’intervento, si legge poi nella nota, “sono riconducibili, oltre che all’inevitabile riequilibrio naturalistico (quando si tratta di contenere lo sviluppo di specie esotiche), alla necessità di salvaguardare la flora e la vegetazione delle pinete e praterie naturali in cui il nucleo è insediato, che hanno già mostrato gravi segnali di sofferenza dovuti all’eccessivo pascolamento”. In quest’ottica, precisano infine dall’Ente, “la presenza del lupo, costantemente monitorata, è indubbiamente un elemento qualificante e che aiuterà nel controllo della popolazione, ma i numeri di partenza del nucleo di daini sono tali da non permettere un riequilibrio solo grazie alla predazione naturale“.

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L’ENPA BOCCIA IL PARCO DELTA: “SUI DAINI DECISIONE ANTI-ETICA

Le spiegazioni fornite dall’Ente Parco Delta del Po- che sostanzialmente sostiene di non poter fare diversamente- per motivare la decisione di mandare al macello i daini di Classe e Volano non convincono l’Enpa (Ente nazionale protezione animali). In una nota, infatti la onlus esprime la propria “ferma condanna alla scelta dell’Ente Parco del Delta”, definendola “inaccettabile” e aggiungendo che “è quanto di più anti-etico e anti-scientifico un parco possa fare”.

In particolare, dall’Enpa chiedono se “sono state davvero percorse tutte le strade possibili. Ad esempio- si legge nella nota- vorremmo proprio conoscere l’elenco delle strutture che hanno fatto richiesta per poter avere questi daini, e quello dei parchi e delle altre strutture che l’Ente Parco ha contattato per trovare loro una destinazione”. Oltre a questo, aggiunge l’associazione, “sarebbe interessante anche capire quali metodi ecologici di prevenzione sono stati attuati finora e se l’Ente Parco ha effettivamente partecipato al bando indetto dal ministero della Salute per la somministrazione del Gonacon, farmaco immunocontraccetivo che può essere utilizzato anche per questa specie”.

Anche perché, ricorda l’Enpa, “in base alla legge nazionale provvedimenti di questo tipo devono essere seriamente e validamente motivati e ‘motivabili’ sotto il profilo scientifico: non basta un generico rischio, occorre andare nello specifico, dimostrando che effettivamente questi animali potrebbero ledere la natura o la biodiversità”. Senza contare, conclude l’associazione, che anche in casi del genere “si deve comunque costruire un percorso condiviso con le associazioni e le istituzioni scientifiche, non certo facendo riferimento a piani di 10 anni fa, come quello dell’Ispra del 2013 citato dall’Ente Parco”.