Esopianeti: i nuovi rivelatori della materia oscura


Nella ricerca della materia oscura nell’universo, due astrofisici suggeriscono che potrebbe essere rilevata misurando l’effetto che ha sulla temperatura degli esopianeti

Esopianeti, astronomia

Nella loro continua ricerca della materia oscura, gli scienziati pensano ora di aver trovato un rivelatore davvero unico e potente: gli esopianeti. In un nuovo articolo pubblicato sulla rivista Physical Review Letters, due astrofisici suggeriscono infatti che la materia oscura potrebbe essere rilevata misurando l’effetto che ha sulla temperatura degli esopianeti. «Crediamo che dovrebbero esserci circa 300 miliardi di esopianeti che aspettano di essere scoperti», riferisce Juri Smirnov del Center for Cosmology and Astroparticle Physics della Ohio State University, autore della pubblicazione insieme a Rebecca Leane dello Slac National Accelerator Laboratory della Stanford University. «Anche trovarne e studiarne un piccolo numero potrebbe darci una grande quantità di informazioni sulla materia oscura, che ora non conosciamo».

Smirnov sostiene che quando la gravità degli esopianeti cattura la materia oscura, questa viaggia verso il nucleo del pianeta, dove “si annichila” e rilascia la sua energia sotto forma di calore. Più materia oscura viene catturata, più dovrebbe riscaldare l’esopianeta. Questo riscaldamento potrebbe essere misurato dal James Webb Space Telescope, il telescopio a infrarossi della Nasa il cui lancio è previsto per ottobre, che sarà in grado per l’appunto di misurare la temperatura di esopianeti lontani.

Secondo Smirnov, gli esopianeti potrebbero essere particolarmente utili per rilevare la materia oscura “leggera”, ossia costituita da particelle di piccola massa. Gli scienziati ritengono che la densità della materia oscura aumenti verso il centro della nostra galassia, la Via Lattea. Se questo è vero, i ricercatori dovrebbero riscontrare che più i pianeti sono vicini al centro galattico, più le loro temperature aumentano. «Se trovassimo qualcosa del genere, sarebbe fantastico. Chiaramente, avremmo trovato la materia oscura», afferma Smirnov.

Smirnov e Leane hanno proposto di osservare dapprima i giganti gassosi e le nane brune, per cercare prove di questo presunto riscaldamento causato dalla materia oscura. Un vantaggio nell’utilizzo di pianeti come questi come rivelatori di materia oscura è che all’interno non presentano processi di fusione nucleare, come le stelle, e quindi non hanno quel “calore di fondo” che renderebbe difficile trovare un segnale derivato dalla materia oscura.

Oltre a questa ricerca “locale”, i ricercatori suggeriscono di ricercare esopianeti distanti e un po’ “ribelli”, che non sono più in orbita attorno a una stella. La mancanza di radiazioni da una stella ospite ridurrebbe le interferenze che potrebbero oscurare un segnale dalla materia oscura.

Secondo Smirnov, uno degli aspetti più interessanti dell’utilizzo di esopianeti come rivelatori di materia oscura è che non richiedono nuovi tipi di strumentazione. A oggi, i ricercatori hanno identificato più di 4300 esopianeti confermati e altri 5695 candidati sono attualmente allo studio. Gaia, l’osservatorio spaziale dell’Agenzia spaziale europea, dovrebbe identificare decine di migliaia di ulteriori potenziali candidati nei prossimi anni. «Con lo studio di così tanti esopianeti, avremo un’enorme opportunità di indagare sempre di più la materia oscura», conclude Smirnov.

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