Sindrome di Hunter: prima diagnosi dall’otorino


Sindrome di Hunter: l’otorino è il primo che può fare la diagnosi. L’esperto: “È essenziale chiedere ai genitori se il proprio figlio è stato operato di tonsille, adenoidi, ernie ombelicali o inguinali”

Sindrome di Hunter: l'otorino è il primo che può fare la diagnosi. L'esperto: "È essenziale chiedere ai genitori se il proprio figlio è stato operato di tonsille, adenoidi, ernie ombelicali o inguinali"

Nove bambini su dieci affetti da mucopolisaccaridosi di tipo II (MPS II) presentano dei problemi di pertinenza otorinolaringoiatrica. Lo rivela uno studio pubblicato sulla rivista Diagnostics da un team di ricercatori della Fondazione Oswaldo Cruz di Rio de Janeiro. Per il dr. Pier Marco Bianchi, responsabile del day hospital di Otorinolaringoiatria dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, è la conferma della centralità di questa branca della medicina nella diagnosi della rara malattia da accumulo lisosomiale nota anche come sindrome di Hunter.

Tra i vari specialisti, l’otorino è statisticamente quello che interviene prima di tutti: la prima visita si fa di solito fra l’anno e mezzo e i tre-quattro anni di età, quindi in genere prima della diagnosi di MPS II. L’obiettivo dello studio brasiliano è sensibilizzare la popolazione degli otorini”, spiega Bianchi a Osservatorio Malattie Rare. La sindrome di Hunter è una malattia progressiva in cui la mancanza di un enzima provoca l’accumulo di glicosaminoglicani nelle cellule e in vari organi. Fortunatamente esiste una possibilità terapeutica che pur non guarendo la malattia ne evita la progressione: però, più tardi si interviene nel somministrare la terapia enzimatica sostitutiva, maggiori sono i danni agli organi che purtroppo non è possibile recuperare.

Sottoporre a un intervento chirurgico un bambino con sindrome di Hunter senza sapere della sua patologia lo espone a un rischio estremo, con una mortalità del 4% nel corso dell’operazione. Se invece si conosce la sua condizione, è possibile attrezzarsi con un’équipe multidisciplinare pronta a intervenire ad ogni evenienza”, sottolinea Bianchi. “Perciò, qui al Bambino Gesù, facciamo lo screening dei sospetti utilizzando dei parametri clinici e anamnestici: in particolare adottiamo delle banali accortezze come chiedere ai genitori se il proprio figlio è stato operato di tonsille, adenoidi, ernie ombelicali o inguinali. In caso positivo, è un criterio di allarme, perché otto bambini su dieci con MPS II sono stati sottoposti a interventi chirurgici di questo tipo. Se in aggiunta hanno disturbi respiratori del sonno come le apnee notturne (presenti nell’80% dei casi), otiti ricorrenti, problemi di udito e si ammalano di continuo, il sospetto si fa ancora più fondato”.

Una serie di disturbi apparentemente non correlati potrebbe dunque avere un substrato comune, e se questo legame è noto nell’ambiente di chi si occupa di malattie rare, non è così fra gli altri specialisti. A questo proposito, il dr. Bianchi ha ideato un acronimo: la lettera greca ‘psi’, che sta per ‘pensa, sospetta, invia’. L’otorino, infatti, deve prima di tutto pensare alla possibilità che questi disturbi possano essere dovuti a una causa poco comune, e nel caso indirizzare il paziente a un pediatra metabolico o a un esperto di malattie rare, che effettuerà il test genetico per la conferma definitiva.

La MPS II deteriora le varie funzioni: sotto i 5 anni il 50% dei casi non ha problemi di udito, ma fra i 5 e i 10 anni i bambini diventano progressivamente sordi, e solo il 13% ha un udito nella norma”, prosegue il dr. Bianchi. “Anche l’apparato respiratorio viene coinvolto in tutte le sue strutture, con alterazioni anatomiche in 3 bambini su 10: i glicosaminoglicani, infatti, si accumulano nelle pareti della trachea e dei bronchi. Spesso, con l’epatomegalia, il fegato sale, spinge il diaframma e riduce lo spazio per la respirazione, e a volte, a peggiorare la situazione, è presente il gibbo, una scoliosi importante per cui la colonna vertebrale si piega su sé stessa riducendo la capacità respiratoria e rendendo necessaria una tracheotomia”, conclude l’otorinolaringoiatra.

In cinque anni, utilizzando le semplici accortezze alle quali accennavo prima, abbiamo individuato 6-7 casi di MPS II: considerata la rarità della malattia, è un successo perché questi bambini hanno potuto iniziare immediatamente la terapia enzimatica sostitutiva ed evitare o ridurre i gravi danni che si sarebbero verificati in assenza di trattamento”.