Sclerosi multipla: alemtuzumab efficace a 7 anni


Sclerosi multipla recidivante remittente (RRMS), per alemtuzumab arrivano ulteriori conferme di efficacia e sicurezza a sette anni

Sclerosi multipla recidivante remittente (RRMS), per alemtuzumab arrivano ulteriori conferme di efficacia e sicurezza a sette anni

Valutare l’efficacia e la sicurezza del trattamento con alemtuzumab in pazienti affetti da sclerosi multipla recidivante remittente (RRMS) durante 7 anni in partecipanti agli studi CARE-SM che avevano iniziato questo trattamento dopo l’interruzione di interferone beta-1a sottocutaneo (SC IFNB-1a).

Questo l’obiettivo di uno studio tuttora in corso i cui risultati preliminari sono stati presentati in Florida, a West Palm Beach, dove si è svolto l’Americas Committee for Treatment and Research in Multiple Sclerosis Forum 2020 (ACTRIMS 2020).

Il target di alemtuzumab – anticorpo monoclonale umanizzato prodotto mediante DNA ricombinante – è l’antigene superficiale CD52, espresso in alte concentrazioni sui linfociti T (CD3+) e B (CD19+). La deplezione e il ripopolamento dei linfociti determinano effetti immunomodulatori che possono diminuire il potenziale di recidive.

Negli studi CARE-MS I e CARE-MS II, alemtuzumab (12 mg/die per infusione endovenosa [IV] in 5 giorni consecutivi al mese 0, seguiti da 12 mg/die IV in 3 giorni consecutivi al mese 12) ha significativamente migliorato gli esiti di efficacia rispetto all’SC IFNB-1a per 2 anni in pazienti con RRMS, ha premesso il primo autore, Daniel Pelletier, della Keck School of Medicine of University of Southern California, a Los Angeles.

In un’estensione a 4 anni (CAMMS03409), ha aggiunto Pelletier, i pazienti del braccio di confronto del CARE-MS hanno sospeso l’SC IFNB-1a e hanno iniziato il trattamento con alemtuzumab.

Dagli studi CARE-MS alla sospensione dell’interferone fino alle estensioni successive
«Nell’estensione a 4 anni, i pazienti potevano ricevere alemtuzumab in add-on (12 mg/die in 3 giorni consecutivi seguiti da una posologia analoga a 12 o più mesi di distanza) a seconda delle necessità in base all’attività della malattia oppure ricevere un’altra terapia modificante la malattia (DMT) a discrezione dello sperimentatore» ha spiegato Pelletier.

«I pazienti che completavano l’estensione a 4 anni potevano iscriversi a una successiva estensione a 5 anni (TOPAZ) e ricevere alemtuzumab aggiuntivo (=/> 12 mesi di distanza) a discrezione dello sperimentatore (nessun criterio) o altri DMT in qualsiasi momento» ha specificato il ricercatore.

Esiti significativi al follow-up a lungo termine
Dei 282 pazienti CARE-MS raggruppati nel braccio SC IFNB-1a che sono entrati nell’estensione CAMMS03409, 230 (82%) hanno completato l’anno 3 di TOPAZ (corrispondente all’anno 7 dopo aver iniziato alemtuzumab); mentre 163/282 (58%) non hanno ricevuto né alemtuzumab aggiuntivo né un altro DMT nel corso di 7 anni.

«Il tasso di recidiva annualizzato all’anno 7 post alemtuzumab è risultato pari a 0,11. Sempre al follow-up a 7 anni, il 68% dei pazienti aveva punteggi EDSS (Extended Disability Status Scale) stabili/migliorati e la variazione media del punteggio EDSS era +0,29 rispetto al basale dello studio di partenza» ha sottolineato Pelletier.

Nel corso dei 7 anni, il 61% era libero da peggioramento di disabilità confermata a 6 mesi e il 37% ha ottenuto un miglioramento a 6 mesi della disabilità confermata, ha aggiunto il neurologo. Inoltre, il 74% era privo di attività di malattia alla risonanza magnetica (nessuna nuova/ampliata lesione iperintensa T2 o captante gadolinio).

La perdita mediana cumulativa di volume del cervello (BVL) dal basale dello studio di partenza lungo 7 anni post alemtuzumab è stata dell’1,84%. In particolare, la BVL era dello 0,18% o inferiore ogni anno dal secondo al settimo anno dopo aver iniziato alemtuzumab.

Mantenuto il favorevole profilo di sicurezza

Dopo 7 anni dall’inizio del trattamento con alemtuzumab, la sicurezza era coerente con il braccio di alemtuzumab dello studio core e di quelli di estensione. L’incidenza di eventi avversi complessivi, infezioni ed eventi avversi alla tiroide (con picco all’anno 3 post alemtuzumab) è diminuita durante il periodo di 7 anni post alemtuzumab. In questa coorte, inoltre, non sono stati riportati casi di nefropatia negli studi di base né in quelli di estensione.

«I pazienti che hanno iniziato alemtuzumab dopo avere ricevuto per la prima volta SC IFNB-1a negli studi CARE-MS hanno mostrato esiti favorevoli lungo un periodo di 7 anni. La sicurezza si è dimostrata coerente con i pazienti trattati con alemtuzumab negli studi di base e di estensione» ha concluso Pelletier.