Displasia immuno-ossea di Schimke: passi avanti per la ricerca


Displasia immuno-ossea di Schimke, realizzato un nuovo modello cellulare per la ricerca: il lavoro è stato condotto dai ricercatori ISS con il contributo di Telethon

Displasia immuno-ossea di Schimke, realizzato un nuovo modello cellulare per la ricerca: il lavoro è stato condotto dai ricercatori ISS con il contributo di Telethon

È stato realizzato nei laboratori dell’ISS (Istituto Superiore di Sanità) un nuovo modello cellulare per studiare i meccanismi patogenetici della displasia immuno-ossea di Schimke (SIOD), una malattia rara che colpisce circa un neonato ogni uno-tre milioni. Si tratta di un’osteocondrodisplasia genetica caratterizzata da dismorfismi, displasia spondiloepifisaria (bassa statura, tronco e braccia corti, prominenza del torace), sindrome nefrosica progressiva che porta all’insufficienza renale grave e spesso ad un difetto dell’immunità cellulare che rende i pazienti suscettibili alle infezioni. La mortalità è molto alta e, a seconda della gravità della malattia, può insorgere nell’infanzia o nell’adolescenza precoce.

La ricerca sulla displasia immuno-ossea di Schimke (SIOD), realizzata anche grazie ai finanziamenti di Telethon e della Fondazione Terzo-Pilastro Internazionale, è stata pubblicata sulla rivista Disease Models and Mechanisms. “Sappiamo che la SIOD è dovuta alla mutazione del gene SMARCAL1 che codifica per la proteina SMARCAL1”, afferma Pietro Pichierri, coordinatore del gruppo di studio, affiancato da un altro gruppo di ricerca in ISS guidato dalla dott.ssa Annapaola Franchitto e dai colleghi dell’Università di Roma Sapienza. “Tuttavia, il meccanismo per mezzo del quale le mutazioni di SMARCAL1 causano la SIOD è completamente sconosciuto. La correlazione tra mutazioni in SMARCAL1, stress di replicazione, formazione di danno al DNA, difetti di proliferazione e sviluppo alterato nella patogenesi SIOD è ancora inesplorata, in gran parte a causa dell’incapacità di SMARCAL1 di indurre tutti i fenotipi nei modelli esistenti della malattia”.

“Nel nostro lavoro – prosegue il ricercatore – abbiamo utilizzato cellule staminali pluripotenti per simulare i primissimi eventi associati alla fisiopatologia della malattia e collegabili con la perdita di espressione di SMARCAL1. Con questo modello abbiamo potuto evidenziare come l’assenza della proteina, che corrisponde alla situazione presente nelle forme più severe della SIOD, determini un accumulo di danno al DNA e un’attivazione della risposta al danno al DNA, che si cronicizzano nelle cellule. Abbiamo visto che questi eventi dipendono dall’interferenza tra i processi di trascrizione e replicazione del DNA e che sono presenti in cellule che proliferano. Tuttavia, sorprendentemente, l’elevata attivazione della risposta al danno al DNA permane anche quando le cellule sono indotte a differenziarsi, e quindi cessano di proliferare”.

Anzi, nelle cellule in differenziamento, l’assenza di SMARCAL1 e la ‘memoria’ del danno generato durante la proliferazione interferiscono con l’espressione di alcuni geni chiave nel differenziamento cellulare. “Quest’ultima evidenza – conclude Pichierri – rappresenta il primo collegamento tra difetti di SMARCAL1, stress replicativo e difetti del differenziamento. Ora, con il nostro modello speriamo di andare più a fondo nei meccanismi patogenetici per capire come la malattia insorga e se sono possibili interventi farmacologici per mitigare l’accumulo di stress replicativo”.