Ipofosfatemia legata all’X: burosumab arriva in Italia


Ipofosfatemia legata all’X: via libera di AIFA all’impiego di burosumab. Il farmaco è indicato per il trattamento di bambini e adolescenti in fase di crescita

Ipofosfatemia legata all’X: via libera di AIFA all’impiego di burosumab. Il farmaco è indicato per il trattamento di bambini e adolescenti in fase di crescita

È finalmente giunta la notizia che tantissimi pazienti italiani con ipofosfatemia legata all’X (XLH) stavano aspettando: a circa un anno e mezzo dall’approvazione da parte della Commissione Europea, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha autorizzato l’impiego, in regime di rimborsabilità, del nuovo farmaco burosumab (Crysvita®). Il medicinale, un anticorpo monoclonale ricombinante umano, potrà essere usato per il trattamento della XLH, con evidenza radiografica di malattia ossea, nei bambini di età compresa tra 1 e 12 anni all’avvio del trattamento e fino al raggiungimento della maturità scheletrica: la determina dell’AIFA (n. 1283/2019) è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana del 5 settembre scorso. Sicuramente una buona notizia per i bambini e i ragazzi affetti da XLH, che potranno beneficiare della prima terapia mirata al meccanismo patologico che è alla base della malattia.

L’ipofosfatemia legata all’X, infatti, è dovuta a mutazioni inattivanti a carico del gene PHEX, che è normalmente responsabile della produzione di un importante enzima coinvolto nella regolazione dell’equilibrio del fosfato all’interno dell’organismo: questo perché tale enzima è in grado, sulla base di un meccanismo ancora non del tutto chiaro, di controllare la sintesi di una particolare proteina, il fattore di crescita fibroblastico 23 (fibroblast growth factor 23, FGF23). Le mutazioni che sono alla base della XLH comportano, quindi, un anomalo innalzamento dei livelli di FGF23, determinando l’ipofosfatemia che porta all’instaurarsi delle lesioni rachitiche, come ad esempio le deformità agli arti inferiori, che in questa malattia possono essere anche molto gravi e dolorose, comportando la necessità di interventi chirurgici spesso non risolutivi (statisticamente, si arriva fino al 60-70% di recidive o correzioni non perfette).

La terapia tradizionale per la XLH, basata sull’assunzione di calcitriolo (un metabolita attivo della vitamina D) associato a sali di fosfato inorganico, corregge solo alcune delle alterazioni biochimiche della malattia, senza modificare i meccanismi patogenetici sottostanti, come gli elevati livelli di FGF23, e senza poter intervenire nei processi difettosi di mineralizzazione ossea. “Questa terapia […] è solamente in grado di compensare parzialmente la carenza di fosfato e vitamina D”, spiega la prof.ssa Giovanna Weber, dell’Università Vita-Salute San Raffaele (Milano). Al contrario, burosumab è un anticorpo monoclonale ricombinante umano progettato per dirigersi specificamente contro il fattore di crescita fibroblastico 23, e nei pazienti con XLH ha dimostrato di poter significativamente ridurre la deformità degli arti inferiori e la gravità generale del rachitismo, oltre ad indurre miglioramenti nella funzionalità fisica (ad esempio nella capacità di deambulazione).

In Italia, burosumab ha ottenuto la rimborsabilità in fascia H: ciò significa che il farmaco, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, potrà essere prescritto soltanto dai Centri di riferimento regionali autorizzati alla diagnosi e al trattamento delle varie forme di rachitismo ipofosfatemico vitamina D resistente, tra cui l’ipofosfatemia legata all’X. Gli stessi Centri saranno anche incaricati di compilare online, per ogni paziente, il registro di monitoraggio del farmaco, sia al momento della prescrizione del trattamento, sia durante il successivo periodo di follow-up.

“I dati provenienti dalle sperimentazioni e dall’utilizzo compassionevole di burosumab, sin dai primi mesi di vita, mostrano che il farmaco permette una crescita armoniosa e priva di dolori muscolo-scheletrici, oltre al risparmio della somministrazione della vecchia terapia integrativa, non sempre ben tollerata. Siamo molto felici per questa approvazione”, commenta Manuela Vaccarotto, Vicepresidente dell’Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie (AISMME). “Purtroppo, al momento, sia in Italia che nel resto d’Europa, rimangono scoperti i pazienti con XLH in età adulta, diversamente da quanto accade negli Stati Uniti e in Canada, dove il farmaco è già stato approvato anche con indicazione per gli adulti, con un netto miglioramento della qualità di vita e una drastica diminuzione della disabilità, del dolore e dei conseguenti costi sociali che ne possono derivare. Qualche mese fa è nata la International XLH Alliance, di cui AISMME è già entrata a far parte: tra i suoi obiettivi c’è anche quello di far fronte proprio a questa disparità di trattamento tra Europa e America del Nord”.

Nel 2014, burosumab ha ottenuto dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) la designazione di farmaco orfano per il trattamento della XLH.

Pochi giorni fa, nel corso dell’ultima edizione del prestigioso Prix Galien Italia (Premio Galeno), uno dei più alti riconoscimenti nel settore farmaceutico e biomedico, burosumab ha ricevuto una Menzione Speciale nella categoria “Farmaco Biologico”, per la sua comprovata capacità di migliorare i parametri biochimici, clinici e di funzionalità fisica dei pazienti, superiore alla terapia standard sia nell’adulto che nel bambino.