Malattia di Batten: il farmaco su misura per Mila


Mila Makovec, affetta dalla Malattia di Batten, è stata la prima persona al mondo a ricevere un farmaco personalizzato. Un grande successo scientifico che fa riflettere

Mila Makovec, affetta dalla Malattia di Batten, è stata la prima persona al mondo a ricevere un farmaco personalizzato. Un grande successo scientifico che fa riflettere

Milasen: un farmaco studiato, progettato e prodotto al Boston Children’s Hospital per una sola bambina al mondo, la piccola Mila Makovec, da cui deriva il nome del farmaco. Il processo per arrivare al farmaco è stato pubblicato lo scorso 9 ottobre su The New England Journal of Medicine e la notizia ha fatto rapidamente il giro del mondo. Ma di cosa si tratta esattamente?

La patologia

Mila è stata la prima persona al mondo a ricevere un farmaco personalizzato, cioè destinato al trattamento della sua specifica mutazione genetica. La progettazione e sviluppo dell’innovativa terapia ha richiesto un anno di tempo, che è molto poco rispetto al processo di ricerca e sviluppo di un farmaco che di prassi supera i 10 anni. Nel 2016, quando aveva 6 anni, a Mila è stata diagnostica la malattia di Batten, una rara patologia neurodegenerativa i cui sintomi iniziali sono capacità ridotta di linguaggio, regressione a livello sociale, goffaggine e poca stabilità. Essendo degenerativa, in un breve lasso di tempo, i bambini affetti sono colpiti da disabilità gravi, crisi epilettiche, perdita totale della vista, della capacità di parlare e di muoversi. Non esiste cura per questa patologia e la prognosi è infausta. Inoltre, come per tutte le malattie rare, i farmaci orfani sono molto costosi per l’industria farmaceutica, proprio perché i pazienti sono pochi, a maggior ragione se il paziente è solo uno. Grazie ai genitori e alla fondazione da loro creata, la “Mila’s Miracle Foundation” sono stati raccolti i soldi necessari per il finanziamento della ricerca.

Dalla mutazione alla terapia

I test genetici iniziali effettuati su Mila hanno individuato una mutazione su una copia del gene MFSD8, collegato alla ceroidolipofuscinosi neuronale 7, una forma di malattia di Batten. Il DNA della bambina è stato analizzato a fondo per cercare la seconda mutazione: infatti, normalmente sono necessarie due versioni mutate per sviluppare la malattia di Batten, mentre Mila ne ha solo una. Dopo un’analisi attenta fatta da Timothy Yu e dal suo team di ricerca, è stato trovato il problema: un segmento non previsto inserito all’interno del gene impediva la produzione di una proteina fondamentale. In poche parole, quella specifica mutazione causa un malfunzionamento dei lisosomi – gli organelli cellulare che si occupano di eliminare le sostanze di scarto dalla cellula – con il conseguente accumulo di rifiuti, morte cellulare prematura e, a cascata, tutti i sintomi della patologia. Un caso, quindi, ancora più complesso del previsto.
La strategia ideata dai ricercatori per correggere il difetto si basa sull’utilizzo di oligonucleotidi antisenso (ASO), cioè brevi molecole di DNA o RNA a singolo filamento che interagiscono con l’RNA messaggero per correggere gli effetti della mutazione. L’RNA messaggero è a tutti gli effetti la molecola in cui risiedono le istruzioni per la produzione delle proteine: una volta che l’ASO si lega ad esso induce una modifica nel RNA messaggero che porta alla produzione della proteina, la cui mancanza causa la patologia. Un meccanismo molto simile è alla base di nusinersen, il trattamento per l’atrofia muscolare spinale (SMA). Nella brevissima sperimentazione preclinica, condotta su modelli murini, milasen ha dato ottimi risultati, con una buona efficacia e scarso potenziale di formare legami al di fuori della sequenza bersaglio. Milasen è costituita da soli 22 nucleotidi di RNA: una piccolissima molecola – basti pensare che il DNA contenuto in ogni nostra cellula corrisponde a circa 3.200.000.000 nucleotidi – che la Food and Drug Administration (FDA) ha autorizzato per l’utilizzo sulla bambina nel gennaio 2018.

Una terapia ma non una cura

Il farmaco non è in grado di guarire la bambina – e questo era noto fin dall’inizio – ma ha permesso di migliorare le sue condizioni. Prima del trattamento, la bambina si nutriva col sondino e soffriva di molti attacchi epilettici (dai 15 ai 30 al giorno, ciascuno della durata di 1-2 minuti). La progressione del morbo è veloce e l’esito è spesso fatale entro l’adolescenza. A più di un anno dal trattamento, il bilancio è abbastanza positivo: non si sono presentati eventi avversi, si è ridotto il numero di attacchi e la loro durata, la degenerazione sembra rallentata e la bambina riesce a deglutire cibi semiliquidi e a tenere schiena e collo dritti, se aiutata. Purtroppo, ha perso la capacità di parlare e le disabilità presenti non miglioreranno perché il trattamento non può agire sui danni pregressi. Il rapido sviluppo del farmaco è stato reso possibile dalle condizioni gravi della piccola paziente, ma anche dalla precedente esperienza con nusinersen e la possibilità di personalizzare gli ASO in tempi brevi. È importante sottolineare che milasen non è adatto al trattamento di altri pazienti con la patologia di Batten perché è stato creato sulla specifica mutazione di Mila, peraltro insolita. Non si sa quali potrebbero essere gli effetti collaterali a lungo termine e, proprio per questo motivo, farmaci di questo tipo devono essere sviluppati solo nel caso di pazienti con patologie incurabili.

Un caso replicabile? O un caso che apre nuove questioni bioetiche?

Questo singolo studio dimostra la capacità di progettare e utilizzare un farmaco innovativo per un singolo paziente, basandosi sulla sua specifica mutazione. Un cambio di paradigma in arrivo? Al momento non siamo in grado di rispondere perché ci sono migliaia di malattie rare e i pazienti sono, per definizione, pochi per ciascuna malattia, spesso con mutazioni particolari. Un fattore da tenere in considerazione è il costo collegato alla produzione di questi farmaci, che si aggira su diversi milioni di dollari. Purtroppo, le aziende farmaceutiche non considerano un buon investimento la creazione di un farmaco vendibile per un caso soltanto e le assicurazioni non coprono questo tipo di intervento. Nel caso di Mila è stata raccolta la somma necessaria – 3 milioni di dollari, anche se non è noto quanti soldi sono stati spesi per sviluppare il farmaco – grazie alla fondazione creata dai genitori e al supporto di altre realtà. Ma non è certo un esempio ripetibile per tutti i pazienti con malattie rare (i malati rari sono il 3,5-5,9% della popolazione mondiale – dati Orphanet, settembre 2019). A livello etico le domande da porsi sono molteplici e il tema viene trattato nell’editoriale firmato da Janet Woodcock che è stato pubblicato assieme all’articolo. Chi pagherà? Potranno ricevere terapie personalizzate solo i pazienti in grado di pagarle (o abbastanza influenti da raccogliere i fondi necessari)? Chi e come valuterà i singoli casi? Come testare gli effetti a lungo termine se il trattamento è fatto su una sola persona? Come valutare la sicurezza del farmaco? Perché, è vero che si potrebbero usare solo su pazienti senza altri trattamenti disponibili e con malattie fatali, ma non per questo vanno esposti a rischi gravi. Proseguire in questo ambito di ricerca richiederà un’attenta analisi delle questioni etiche e non sarà facile rispondere a tutti i quesiti che questa ricerca ha sollevato.

La Mila’s Miracle Foundation, dopo i risultati ottenuti con la piccola Mila, continua il suo percorso di supporto alla ricerca per la malattia di Batten attraverso lo studio su milasen, la ricerca sulla terapia genica e la ricerca di base per aumentare le conoscenze sulla patologia.