Ipofosfatasia causa perdita precoce dei denti


Ipofosfatasia, la perdita precoce dei denti è la manifestazione più frequente. Seguono le fratture, il dolore e le difficoltà motorie: sintomi che si accumulano nel corso della vita

Ipofosfatasia, la perdita precoce dei denti è la manifestazione più frequente. Seguono le fratture, il dolore e le difficoltà motorie

Più della metà dei pazienti affetti da ipofosfatasia (il 53,5%) va incontro a una perdita dei denti molto precoce, nella maggior parte dei casi nel corso dell’infanzia. Le altre manifestazioni segnalate più frequentemente sono le fratture (35,8%), il dolore (33,6%), le difficoltà motorie e di deambulazione (30,9%). Sono i dati di uno studio pubblicato sull’Orphanet Journal of Rare Diseases, l’unico ad aver utilizzato una serie di casi clinici per comprendere meglio la storia naturale della malattia.

L’ipofosfatasia è una rara malattia metabolica ereditaria, causata da una mutazione nel gene che codifica per la fosfatasi alcalina tessuto-aspecifica, ed è caratterizzata da difetti di mineralizzazione ossea e complicazioni sistemiche. La comprensione del decorso clinico e dell’onere della patologia è limitata dalla sua rarità, ma ora, grazie allo studio promosso dall’azienda Alexion, è stato possibile determinare la frequenza e la tempistica delle manifestazioni e degli eventi clinici della malattia.

Queste manifestazioni portano spesso a difficoltà di deambulazione che possono limitare le attività della vita quotidiana e contribuire all’elevato carico di malattia osservato tra i pazienti. Inoltre, la natura cronica ed eterogenea della condizione comporta che gli eventi clinici vissuti dai singoli pazienti possano cambiare nel tempo: ad esempio, alcune persone che nel corso dell’infanzia hanno avuto una storia di sola odonto-ipofosfatasia possono sviluppare manifestazioni scheletriche durante l’età adulta.

Gli autori dello studio, tramite una revisione sistematica della letteratura, hanno selezionato una serie di casi clinici di pazienti con ipofosfatasia che sono stati seguiti per più di un anno, per poi estrarre i dati demografici e clinici di interesse, identificati con l’aiuto di quattro clinici esperti della malattia. Le manifestazioni ritenute di interesse sono poi state classificate a seconda dell’età al primo evento.

In letteratura sono stati pubblicati circa 500 casi clinici di ipofosfatasia: fra questi, 283 studi hanno soddisfatto i criteri di inclusione, arrivando a identificare 265 pazienti con più di 1 anno di follow-up, un’età media di 4 anni e per il 55% femmine. La quasi totalità dei pazienti (261 su 265) ha segnalato più di una manifestazione, ritenuta come contributo al carico clinico della malattia, e spesso questi eventi differivano tra pazienti più anziani e più giovani. L’età media alla prima comparsa di sintomi respiratori, anomalie craniche e perdita prematura dei denti variava da 0,3 a 10 anni, mentre l’età media alla prima comparsa di fratture, dolore, difficoltà motorie e interventi chirurgici variava da 33 a 70 anni.

Le anomalie craniche e i sintomi respiratori si sono verificati prevalentemente tra i pazienti molto giovani (in utero e nell’infanzia), mentre le ospedalizzazioni sono state segnalate in tutte le fasce d’età e andavano dal 3% fra i pazienti con manifestazioni già in utero, fino al 22% tra quelli con i primi eventi nell’adolescenza. Gli interventi chirurgici, infine, sono stati affrontati più frequentemente dagli adulti e dagli adolescenti rispetto all’età precedente.

La visione che emerge dallo studio è quindi che l’ipofosfatasia sia associata a un elevato carico clinico, indipendentemente dall’età alla prima comparsa delle manifestazioni. Infine, come sottolineano gli autori, questi eventi possono cambiare e soprattutto accumularsi nel corso della vita di un individuo.