Un minore su 5 vive in mezzo a conflitti


Allarme UNICEF: 1 bambino su 5 vive in un’area colpita da conflitti, il numero di Paesi coinvolti in guerre interne o internazionali è il più alto degli ultimi 30 anni

Allarme UNICEF: 1 bambino su 5 vive in un’area colpita da conflitti, il numero di Paesi coinvolti in guerre interne o internazionali è il più alto degli ultimi 30 anni

Nel 2018, l’UNICEF ha risposto a 285 emergenze umanitarie in 90 paesi nel mondo, fornendo supporto salvavita a milioni di bambini. I conflitti rimangono una delle principali cause dei bisogni umanitari: il numero di paesi coinvolti in conflitti interni o internazionali è il più alto degli ultimi 30 anni e 1 bambino su 5 vive in un’area colpita da conflitti.

Le conseguenze delle violenze hanno continuato a intensificarsi nel 2018, con uno sfollamento diffuso, la distruzione di infrastrutture civili e impatti devastanti sul benessere fisico e psicologico dei bambini. Ciò è avvenuto soprattutto in paesi in cui i conflitti e le conseguenti crisi umanitarie sono durati per anni, come in Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Siria, Ucraina e Yemen. La durata media delle crisi umanitarie è di oltre 9 anni.

L’UNICEF nel 2018 ha risposto a diverse crisi, fra cui:

  • 87 crisi sanitarie come l’epidemia di ebola in Repubblica Democratica del Congo;
  • 68 crisi sociopolitiche come i conflitti violenti in Siria, Yemen e Nigeria nordorientale;
  • 80 calamità naturali, come terremoti ed eventi meteorologici estremi quali siccità e inondazioni;
  • 22 crisi nutrizionali, fra cui livelli d’emergenza di malnutrizione infantile in paesi come Sud Sudan e Yemen.

Anche se il numero delle crisi a cui l’UNICEF ha risposto è diminuito rispetto al 2017, quelle protratte sono diventate sempre più complesse: alcuni paesi colpiti da conflitti affrontano emergenze nelle emergenze e rischi maggiori per bambini già vulnerabili.

“Quando i paesi sono afflitti da conflitti e disastri, i bambini sono sempre fra i più vulnerabili”, ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei programmi di Emergenza dell’UNICEF. “Il nostro lavoro di risposta umanitaria consiste nel salvare le vite dei bambini, tenerli al sicuro e aiutarli a ricostruire le loro vite. Ci siamo prima che la crisi colpisca e rimaniamo a lungo dopo che l’attenzione del mondo si sposta”.

La risposta umanitaria dell’UNICEF è resa possibile grazie alla forte collaborazione con i partner nazionali, ma anche al generoso contributo dei donatori privati, delle imprese e dei governi.

“Il supporto dei governi, delle imprese e delle persone nel mondo è stato inestimabile nel permetterci di raggiungere milioni di bambini più velocemente e nel modo più efficiente possibile”, ha aggiunto Fontaine. “Ma i bisogni rimangono enormi. Fondi sostenibili e a lungo termine permettono all’UNICEF di adottare un approccio più strategico e preventivabile, di rispondere efficacemente dove i bisogni sono maggiori e di legare l’azione umanitaria ai programmi per lo sviluppo”.

Esempi dei risultati principali nell’azione umanitaria dell’UNICEF e dei partner del 2018:

  • Forniti a 3,6 milioni di bambini supporto psicosociale;
  • Raggiunti oltre 43 milioni di persone con accesso ad acqua sicura;
  • Forniti a 3,4 milioni di bambini cure per malnutrizione acuta grave (SAM);
  • Vaccinati 19,6 milioni di bambini fra i 6 mesi e i 15 anni contro il morbillo;
  • Fornita a 6,9 milioni di bambini in età scolare istruzione formale e informale, fra cui apprendimento precoce, e a 2,4 milioni di famiglie assistenza in denaro;
  • In aggiunta, l’UNICEF ha inviato 85 carichi di vaccini a 19 paesi, portando oltre 24,7 milioni di dosi.

Nel 2019, l’UNICEF chiede 3,9 miliardi per supportare il suo lavoro per i bambini nelle crisi umanitarie. I bisogni in alcune aree sono aumentati a causa degli effetti del cambiamento climatico, come si è visto recentemente in Mozambico in seguito ai cicloni, dove l’UNICEF e i partner sono impegnati per aiutare i bambini e le famiglie a rimettersi in piedi più forti di prima. Ad oggi, c’è una forte carenza di fondi: al 31 maggio, l’appello d’emergenza dell’UNICEF per il 2019 aveva ricevuto solo il 24% dei fondi richiesti, cosa che potrebbe colpire gli aiuti umanitari nei luoghi in cui sono maggiormente necessari.