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Un minore su 5 vive in mezzo a conflitti

Allarme UNICEF: 1 bambino su 5 vive in un’area colpita da conflitti, il numero di Paesi coinvolti in guerre interne o internazionali è il più alto degli ultimi 30 anni

A United Nations convoy belonging to MINUSCA in the bush north-east of Bambari in Central African Republic, on September 6, 2018. Yesterday, a United Nations convoy of twelve trucks carrying food and aid supplies to displaced people was held up by the ex-Seleka rebel group. The U.N. has around 12,000 peacekeepers here with the multidimensional United Nations peacekeeping operation, or MINUSCA. In December 2013, Bangui, the capital of the Central African Republic, descended into a brutal bloodbath. The violence fleetingly made international headlines, leading to warnings of a failed state and possible genocide before it gradually diminished. But now the few early signs of recovery and rebuilding in CAR have given way to a dramatic resurgence in fighting that has enveloped parts of the country previously spared from the violence. Today life is even harsher and more fraught with danger for children than it was at the peak of the crisis. And, judging by the amount of attention and funding CAR gets, barely anyone is watching what is happening across this vast, landlocked country in the heart of Africa. Two out of three children in CAR need humanitarian assistance. One in four children is displaced or a refugee. The skeletal bodies of children fortunate enough to make it to the nutrition ward at CAR's only pediatric hospital virtually scream "famine". Almost every single Central African child needs protection from the fighting and its far-reaching effects. Children who joined armed groups because their parents had been killed, or because they were so poor – and who eventually left because they were terrified, or hungry, or realized it was a dead-end – desperately need a break, an opportunity, the prospect of a decent life. Girls whose bodies have been brutalized – whether by armed militants or because they were driven to selling their bodies by mind-numbing poverty – urgently need care and support. Above all, the children of CAR need security. The places they

Allarme UNICEF: 1 bambino su 5 vive in un’area colpita da conflitti, il numero di Paesi coinvolti in guerre interne o internazionali è il più alto degli ultimi 30 anni

Nel 2018, l’UNICEF ha risposto a 285 emergenze umanitarie in 90 paesi nel mondo, fornendo supporto salvavita a milioni di bambini. I conflitti rimangono una delle principali cause dei bisogni umanitari: il numero di paesi coinvolti in conflitti interni o internazionali è il più alto degli ultimi 30 anni e 1 bambino su 5 vive in un’area colpita da conflitti.

Le conseguenze delle violenze hanno continuato a intensificarsi nel 2018, con uno sfollamento diffuso, la distruzione di infrastrutture civili e impatti devastanti sul benessere fisico e psicologico dei bambini. Ciò è avvenuto soprattutto in paesi in cui i conflitti e le conseguenti crisi umanitarie sono durati per anni, come in Afghanistan, Repubblica Centrafricana, Repubblica Democratica del Congo, Iraq, Libia, Mali, Myanmar, Nigeria, Somalia, Sud Sudan, Siria, Ucraina e Yemen. La durata media delle crisi umanitarie è di oltre 9 anni.

L’UNICEF nel 2018 ha risposto a diverse crisi, fra cui:

Anche se il numero delle crisi a cui l’UNICEF ha risposto è diminuito rispetto al 2017, quelle protratte sono diventate sempre più complesse: alcuni paesi colpiti da conflitti affrontano emergenze nelle emergenze e rischi maggiori per bambini già vulnerabili.

“Quando i paesi sono afflitti da conflitti e disastri, i bambini sono sempre fra i più vulnerabili”, ha dichiarato Manuel Fontaine, Direttore dei programmi di Emergenza dell’UNICEF. “Il nostro lavoro di risposta umanitaria consiste nel salvare le vite dei bambini, tenerli al sicuro e aiutarli a ricostruire le loro vite. Ci siamo prima che la crisi colpisca e rimaniamo a lungo dopo che l’attenzione del mondo si sposta”.

La risposta umanitaria dell’UNICEF è resa possibile grazie alla forte collaborazione con i partner nazionali, ma anche al generoso contributo dei donatori privati, delle imprese e dei governi.

“Il supporto dei governi, delle imprese e delle persone nel mondo è stato inestimabile nel permetterci di raggiungere milioni di bambini più velocemente e nel modo più efficiente possibile”, ha aggiunto Fontaine. “Ma i bisogni rimangono enormi. Fondi sostenibili e a lungo termine permettono all’UNICEF di adottare un approccio più strategico e preventivabile, di rispondere efficacemente dove i bisogni sono maggiori e di legare l’azione umanitaria ai programmi per lo sviluppo”.

Esempi dei risultati principali nell’azione umanitaria dell’UNICEF e dei partner del 2018:

Nel 2019, l’UNICEF chiede 3,9 miliardi per supportare il suo lavoro per i bambini nelle crisi umanitarie. I bisogni in alcune aree sono aumentati a causa degli effetti del cambiamento climatico, come si è visto recentemente in Mozambico in seguito ai cicloni, dove l’UNICEF e i partner sono impegnati per aiutare i bambini e le famiglie a rimettersi in piedi più forti di prima. Ad oggi, c’è una forte carenza di fondi: al 31 maggio, l’appello d’emergenza dell’UNICEF per il 2019 aveva ricevuto solo il 24% dei fondi richiesti, cosa che potrebbe colpire gli aiuti umanitari nei luoghi in cui sono maggiormente necessari.

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