Autunno nero per castagne, funghi e olio


Crolla la produzione nostrana: non va meglio per il vino novello

Stagione da dimenticare per funghi e castagne
Stagione da dimenticare per funghi e castagne

ROMA – Castagne, olio, funghi e tartufi e ora perfino il vino novello. È un autunno nero quello di alcuni dei prodotti autunnali più apprezzati e conosciuti del nostro Paese.

La situazione più critica, secondo un’analisi della Coldiretti, si registra per le castagne, con un crollo verticale della produzione che ha toccato picchi del 90% in Campania, la maggior produttrice italiana.

La produzione nazionale di castagne rimarrà quest’anno inferiore ai 20 milioni di chili, appena il 30% di quella di dieci anni fa, soprattutto per effetto del clima ed in alcune aree del cinipide galligeno, il parassita cinese che fa seccare gli alberi.

Se sul fronte della castagne la situazione è tragica, non va meglio per gli appassionati di funghi e tartufi. Ad eccezione di pochi giorni nel mese di ottobre e solo in alcune zone dello Stivale (Toscana, Umbria, Lazio e alcune regioni del Sud come Calabria e Sicilia) la raccolta è stata scarsa.

Discorso simile per il tartufo, con i prezzi che hanno raggiunto i 350 euro all’etto al borsino di Alba, punto di riferimento a livello nazionale. Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all’Umbria, dall’Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi i territori che però continuano ad essere battuti dai ricercatori. La speranza è l’ultima a morire.

Al minimo storico, però, c’è anche la produzione di vino novello con appena 2 milioni di bottiglie mentre il prezzo dell’olio è schizzato del 54% rispetto allo scorso anno a seguito del taglio dei raccolti di oltre un terzo.

La produzione è crollata del 38% rispetto allo scorso anno per un totale di appena 298 milioni di chili, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Unaprol. Elaborazioni che rilevano anche prezzi in netta salita alla borsa merci di Bari, la più rappresentativa a livello nazionale, con un balzo del 54% rispetto allo scorso anno.

E con la carenza di olio nostrano aumentano anche i rischi di frode ed inganni in una situazione in cui  l’Italia si classifica come il maggior importatore mondiale per un quantitativo stimato nel 2016 superiore a 500 milioni di chili.

Gli oli di importazione vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri.