Un nuovo inibitore della tirosin-chinasi di Bruton (BTK), fenebrutinib, potrebbe rappresentare una svolta terapeutica nella sclerosi multipla
![]()
Un nuovo inibitore della tirosin-chinasi di Bruton (BTK), fenebrutinib, potrebbe rappresentare una svolta terapeutica nella sclerosi multipla (SM). I risultati preliminari di tre studi di fase III condotti da Genentech (gruppo Roche) indicano che il farmaco ha raggiunto i principali obiettivi clinici sia nella forma recidivante-remittente (RMS), sia nella forma primaria progressiva (PPMS).
Se confermati, i dati potrebbero aprire la strada al primo trattamento orale ad alta efficacia in grado di agire su entrambe le varianti della malattia.
Riduzione significativa delle ricadute nelle forme recidivanti
Il primo studio cardine, FENhance 2, ha raggiunto l’endpoint primario, dimostrando che fenebrutinib riduce in modo significativo il tasso annualizzato di ricadute rispetto al comparatore attivo, in un periodo di trattamento di almeno 96 settimane.
FENhance 2 è uno studio multicentrico, randomizzato, in doppio cieco e double-dummy, condotto su adulti con sclerosi multipla recidivante. I partecipanti sono stati assegnati in rapporto 1:1 a ricevere fenebrutinib per via orale due volte al giorno oppure il farmaco di confronto, assunto quotidianamente, accompagnato da placebo per mantenere la cecità dello studio.
Il disegno dello studio includeva come endpoint primario il tasso annualizzato di ricadute (ARR) e, come endpoint secondari chiave, la progressione della disabilità confermata a 12 e 24 settimane, valutata mediante le scale standardizzate di funzionalità neurologica.
Un secondo studio, FENhance 1, è attualmente in corso con un protocollo identico e coinvolge una coorte analoga di pazienti. I due studi, che complessivamente includono 1.497 adulti con RMS, forniranno dati combinati destinati a essere valutati per l’eventuale sottomissione alle autorità regolatorie nella prima metà del 2026.
Rallentamento della progressione nella forma primaria progressiva
Lo studio FENtrepid, dedicato alla sclerosi multipla primaria progressiva, rappresenta il primo confronto diretto tra un BTK inibitore orale e una terapia già approvata per questa forma di malattia.
Condotto su 985 adulti, lo studio è randomizzato, in doppio cieco e double-dummy, con due bracci di trattamento: fenebrutinib per via orale quotidiana e il comparatore per via endovenosa, somministrato ogni sei mesi, ciascuno accompagnato dal placebo corrispondente.
L’endpoint primario era il tempo alla progressione della disabilità confermata a 12 settimane (cCDP12), valutato con una misura composita che integra tre indicatori funzionali:
• il punteggio EDSS (Expanded Disability Status Scale) per la disabilità complessiva,
• il Timed 25-Foot Walk (T25FW) per la velocità del cammino,
• e il Nine-Hole Peg Test (9HPT) per la destrezza manuale.
Questa combinazione consente di cogliere variazioni precoci nella disabilità rispetto all’uso del solo EDSS.
I risultati mostrano che fenebrutinib è non inferiore al trattamento comparatore nel rallentare la progressione della disabilità, con un vantaggio numerico osservabile già a 24 settimane dall’inizio della terapia e mantenuto per tutta la durata dello studio (almeno 120 settimane).
Un meccanismo d’azione duplice
L’originalità di fenebrutinib risiede nella sua capacità di agire contemporaneamente su due componenti chiave del sistema immunitario coinvolte nella sclerosi multipla:
• i linfociti B, che mediano l’infiammazione periferica e le ricadute,
• e la microglia, che nel sistema nervoso centrale alimenta i processi neurodegenerativi cronici.
Inibendo la tirosin-chinasi di Bruton in modo reversibile e non covalente, fenebrutinib riduce l’attività infiammatoria e, al tempo stesso, attraversa la barriera emato-encefalica per agire sulla neuroinfiammazione cronica.
Il farmaco presenta un’elevata selettività per BTK — circa 130 volte superiore rispetto ad altre chinasi — e un profilo farmacologico progettato per massimizzare l’efficacia mantenendo la sicurezza. I dati finora disponibili mostrano una tollerabilità epatica coerente con gli studi precedenti, mentre le analisi di sicurezza a lungo termine sono tuttora in corso.
Prospettive e impatto clinico
La possibilità di disporre di un trattamento orale ad alta efficacia, efficace sia nelle forme recidivanti sia nella forma primaria progressiva, rappresenta un potenziale punto di svolta nella gestione della sclerosi multipla.
Secondo Genentech, i risultati di fenebrutinib sono «senza precedenti» per un BTK inibitore e potrebbero segnare l’inizio di una nuova generazione di terapie capaci di affrontare la malattia in modo più completo, agendo su entrambe le componenti — infiammatoria e neurodegenerativa — che ne determinano il decorso.
La conferma definitiva arriverà con la pubblicazione dei dati completi dei tre studi di fase III, attesa nei prossimi congressi internazionali. Se i risultati verranno confermati, fenebrutinib potrebbe diventare il primo BTK inibitore approvato per entrambe le principali forme di sclerosi multipla, offrendo ai pazienti nuove prospettive di trattamento e una migliore qualità di vita.