Sclerosi multipla: nella fase controllata di FENopta, fenebrutinib aveva già mostrato una riduzione robusta delle nuove lesioni captanti gadolinio (Gd+) e delle lesioni T2
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La speranza che gli inibitori della tirosin-chinasi di Bruton (BTK) possano trasformare la gestione della sclerosi multipla recidivante (RMS) sta ricevendo ulteriore impulso grazie ai risultati dell’open-label extension (OLE) dello studio FENopta con fenebrutinib. Questi dati, presentati di recente e supportati da comunicati ufficiali, confermano l’efficacia sostenuta, il profilo di sicurezza stabile e l’azione anti-infiammazione continuata nel tempo.
Il contesto: BTK e MS
I BTK sono molecole chiave nell’immunità adattativa e innata. Nella SM giocano un ruolo plausibile attraverso la regolazione dell’attivazione dei linfociti B e la modulazione della microglia nel sistema nervoso centrale, con potenziale impatto sulla componente infiammatoria intrappolata nel tessuto cerebrale. Fenebrutinib si distingue per essere un inibitore reversibile e non covalente, caratteristica che lo differenzia da altri BTKi più “irreversibili”, con ipotesi di maggiore flessibilità e sicurezza nel tempo.
Nella fase controllata di FENopta, fenebrutinib aveva già mostrato una riduzione robusta delle nuove lesioni captanti gadolinio (Gd+) e delle lesioni T2, portando al raggiungimento dell’end point primario relativo all’attività infiammatoria cerebrale.
Dati dell’estensione OLE: fino a 96 settimane
Nella fase di estensione, hanno aderito 99 pazienti, di cui 93 hanno completato 96 settimane di trattamento continuativo con fenebrutinib. Durante questo periodo, i risultati sono stati particolarmente impressionanti:
ARR (tasso annualizzato di ricaduta): è stata osservata una media di 0,06 — un valore che equivale a una ricaduta ogni 17 anni.
Progressione della disabilità: non è stato rilevato alcun peggioramento clinico misurabile con la scala EDSS nei pazienti seguiti fino a 96 settimane.
Attività alla risonanza magnetica: nessuna nuova lesione T1 con gadolinio è emersa nel periodo OLE. Nei pazienti che erano passati da placebo, il tasso annualizzato di lesioni nuove o in espansione T2 è sceso da 6,72 al termine del periodo controllato a 0,34 dopo 96 settimane.
Safety: il profilo di sicurezza è rimasto coerente con quanto già noto. Gli eventi avversi più frequenti sono stati COVID-19 (10%), infezioni del tratto urinario (10%), faringite (6%) e infezioni respiratorie (5%). Due eventi avversi gravi sono stati riportati (2%). È stata segnalata una lieve elevazione asintomatica delle transaminasi in un paziente, che è regredita dopo la sospensione del farmaco.
Questi risultati suggeriscono che la soppressione dell’attività infiammatoria scoperta nella fase iniziale possa essere mantenuta nel medio termine, con un impatto clinico apparentemente stabile e senza nuove criticità di sicurezza.
Interpretazioni e potenzialità
Il dato più eclatante è l’ARR bassissimo e l’assenza documentata di peggioramento di disabilità su quasi due anni: uno scenario che, se confermato su larga scala, rappresenterebbe un significativo passo avanti nel panorama delle terapie per la SM recidivante.
La riduzione delle lesioni T2 nei pazienti che passano da placebo a fenebrutinib, da 6,72 a 0,34 annuali, è un segnale che anche il carico lesionale “cronico” può essere modulato con il tempo. Questo è importante soprattutto nei pazienti in fase avancata o con malattia sub-ottimale sotto trattamento precedente.
Inoltre, la reversibilità del legame con BTK conferisce flessibilità, come base per un profilo di sicurezza potenzialmente più gestibile in testa rispetto a BTKi irreversibili, con minor rischio di effetti off-target a lungo termine.
Tuttavia, bisogna essere cauti: il numero di pazienti nel braccio OLE è contenuto, e manca un confronto control arm. La coorte è selezionata (chi ha aderito al doppio cieco). Questi dati sono promettenti, ma vanno validati in trial di fase III ben disegnati, con popolazioni più ampie e con follow-up estesi.
Prospettive future
Fenebrutinib è già oggetto di studi di fase III per la SM recidivante: FENhance 1 e 2 (contro teriflunomide) e FENtrepid nella forma primaria progressiva.
I risultati di questi studi, attesi tra la fine del 2025 e il 2026, saranno determinanti per comprendere se i dati OLE possano tradursi in un beneficio clinico reale e approvabile.
Nel frattempo, l’esperienza accumulata con fenebrutinib rafforza il ruolo dei BTKi reversibili come classe farmacologica di grande interesse: la combinazione di efficacia, potenziale penetrazione cerebrale, flessibilità del legame e profilo di sicurezza rende questo tipo di molecole candidate ideali per intervenire sia sulla componente infiammatoria periferica sia su quella neuroinfiammatoria locale nel cervello.