Staminali nella cura di Crohn e colite ulcerosa: la scienza ci prova


Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, rappresentano una sfida terapeutica complessa: si prova con le staminali

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Le malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), come la malattia di Crohn e la colite ulcerosa, rappresentano una sfida terapeutica complessa. Attualmente, il trattamento si basa sul controllo dell’infiammazione attraverso la modulazione del sistema immunitario. Tuttavia, una nuova frontiera terapeutica, quella delle cellule staminali, si sta facendo largo nella ricerca clinica, con l’obiettivo di rigenerare i tessuti danneggiati e superare i limiti delle terapie immunosoppressive. Sebbene i risultati siano ancora contrastanti e non sufficienti per un’applicazione su larga scala, alcuni studi mostrano segnali promettenti, soprattutto per i casi refrattari di Crohn.

Una terapia alternativa per le MICI
Nelle MICI, il sistema immunitario attacca erroneamente il tratto intestinale causando infiammazioni croniche. Le terapie attuali mirano a sopprimere questa risposta, ma non favoriscono la rigenerazione dei tessuti danneggiati. La terapia con cellule staminali, invece, si propone di stimolare direttamente la guarigione, offrendo un’alternativa potenzialmente rivoluzionaria.
Le cellule staminali, in particolare quelle mesenchimali, sono capaci di differenziarsi in vari tipi cellulari, rilasciare fattori angiogenici e modulare la risposta immunitaria locale. Ciò le rende promettenti nel ripristino della barriera mucosale intestinale.

Le cellule staminali adipose allogeniche (AASCs) stanno emergendo come promettente opzione terapeutica nella medicina rigenerativa. Derivate da tessuto adiposo di donatori sani, queste cellule mostrano vantaggi rispetto a quelle autologhe: sono subito disponibili, evitano procedure invasive per il paziente e offrono qualità cellulare più omogenea. Possiedono capacità immunomodulatorie, di differenziazione in diversi tipi cellulari e secernono fattori bioattivi (VEGF, TGF-β, PDGF, IGF) che favoriscono angiogenesi, riparazione tissutale e rimodellamento della matrice extracellulare.

Il focus sulla malattia di Crohn
Tra le due principali MICI, la malattia di Crohn è il principale oggetto di studio per le terapie cellulari. A differenza della colite ulcerosa, per la quale è possibile ricorrere alla colectomia, il Crohn non ha soluzioni chirurgiche definitive. Proprio per questo motivo, la ricerca si concentra sulle forme più gravi e resistenti della malattia.
Uno degli ambiti più esplorati è quello delle fistole perianali, complicanze dolorose e difficili da trattare del Crohn. Lo studio STOMP-II, ad esempio, utilizza cellule staminali autologhe (provenienti dal paziente stesso) inserite in un plug bioprotesico e impiantate nella fistola. I risultati preliminari indicano una buona tollerabilità, ma si attendono dati conclusivi.

Tuttavia, non tutti gli studi hanno avuto successo. Lo studio internazionale ADMIRE-CD II, condotto su 568 pazienti e basato su cellule da donatore, non ha mostrato benefici significativi rispetto al placebo. Secondo alcuni esperti, ciò potrebbe dipendere dal fatto che entrambi i gruppi hanno ricevuto cure standard che già da sole possono promuovere la guarigione.

Il trapianto di cellule staminali ematopoietiche
Un’altra strategia più invasiva è rappresentata dal trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche, che mira a “resettare” il sistema immunitario. Louis Cohen, gastroenterologo del Mount Sinai di New York, ha osservato che in alcuni pazienti oncologici trattati con trapianto si sono verificate remissioni anche in altre malattie autoimmuni, incluso il Crohn.
Il suo team ha scoperto che, per ottenere benefici duraturi, non basta eliminare le cellule immunitarie disfunzionali: è necessario introdurre cellule sane in grado di guidare la rigenerazione. Attualmente, Cohen coordina un consorzio internazionale che sta monitorando 200 pazienti trapiantati, con l’obiettivo di valutarne l’evoluzione a 5 e 10 anni.

Una revisione fa il punto
Una revisione sistematica recente, condotta secondo linee guida PRISMA e basata su 22 studi clinici controllati (2011–2024, 953 pazienti), mostra che le AASCs sono sicure e potenzialmente efficaci nel trattamento di: lesioni cutanee (ulcere, ustioni); fistole perianali da Crohn refrattarie; disfunzioni ghiandolari (xerostomia, occhio secco); malattie renali; ictus ischemico subacuto; osteoartrosi e in alcuni casi di atrofia muscolare spinale.

Le AASCs agiscono lungo tre assi principali: rigenerazione tissutale, riequilibrio immunitario e supporto vascolare. Nonostante l’assenza di effetti avversi gravi e il profilo immunologico favorevole, i risultati devono essere interpretati con cautela a causa dell’eterogeneità metodologica tra gli studi.

Limiti principali includono piccoli campioni, mancanza di standardizzazione nei protocolli di preparazione cellulare, variabilità nei tempi di somministrazione e endpoint clinici surrogati. Per consolidare l’efficacia e garantirne l’applicabilità clinica, sono necessari studi multicentrici di Fase III con endpoint clinici concreti e criteri di rilascio basati su potenza e qualità del prodotto.
Dal punto di vista etico ed economico, è cruciale garantire tracciabilità, sicurezza donatore, accessibilità equa e sostenibilità dei costi. In sintesi, le AASCs rappresentano una piattaforma terapeutica promettente, ma il loro impiego clinico diffuso dipenderà dalla produzione di dati robusti e armonizzati, inseriti in un solido contesto regolatorio ed etico.

Rischi ed effetti collaterali
Nonostante il potenziale, gli studi clinici hanno evidenziato anche criticità. Uno studio europeo randomizzato, pubblicato nel 2024, è stato interrotto dopo che nel gruppo trattato con trapianto si sono verificati eventi avversi gravi, compreso un decesso. Tuttavia, anche in questo caso si è osservata una riduzione dell’attività della malattia.
Cohen ha difeso l’uso del trapianto in pazienti con Crohn refrattario, sottolineando che per loro non esistono spesso altre opzioni terapeutiche. Ha anche evidenziato la necessità di valutare attentamente gli effetti collaterali specifici nei pazienti Crohn, che potrebbero reagire diversamente rispetto ai pazienti oncologici, specialmente con farmaci come la fludarabina.
Dal punto di vista economico, il trapianto è costoso, ma anche la gestione a lungo termine del Crohn refrattario comporta spese elevate, sia per il sistema sanitario sia per la qualità della vita del paziente.

Prospettive future
Guardando al futuro, il gastroenterologo Miguel Regueiro della Cleveland Clinic ha ricordato che in alcuni paesi l’iniezione di cellule staminali nelle fistole è già parte della pratica clinica. Tuttavia, la mancata riuscita dello studio ADMIRE-CD II rende improbabile, almeno nel breve termine, l’avvio di nuovi trial su larga scala per questa indicazione.
Per quanto riguarda i trapianti, Cohen ha annunciato che i dati a lungo termine del consorzio saranno disponibili già entro il 2025, fornendo una base più solida per valutare rischi e benefici.
Infine, anche se la colite ulcerosa viene spesso trattata chirurgicamente, esiste interesse crescente per applicare protocolli di terapia cellulare anche a questa malattia, con prospettive di sviluppo nei prossimi cinque anni.

La terapia con cellule staminali rappresenta una speranza concreta ma ancora distante dalla routine clinica nella cura delle malattie infiammatorie croniche intestinali. I risultati finora ottenuti, seppur contrastanti, suggeriscono un potenziale significativo, soprattutto per i pazienti con Crohn refrattario. Tuttavia, i costi, i rischi e la mancanza di evidenze definitive rendono prematura una diffusione su larga scala. La ricerca prosegue, e nei prossimi anni potremmo assistere a sviluppi cruciali che ridefiniranno l’approccio terapeutico alle MICI.

Alexandre Asch et al., Clinical Safety and Efficacy of Allogeneic Adipose Stem Cells: A Systematic Review of the Clinical Trials Int J Mol Sci. 2025 Jul 2;26(13):6376.
doi: 10.3390/ijms26136376.
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