Ocrelizumab si conferma più efficace di interferone beta-1a nel preservare le funzioni cognitive nella sclerosi multipla (SM) recidivante
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Ocrelizumab si conferma più efficace di interferone beta-1a nel preservare le funzioni cognitive nella sclerosi multipla (SM) recidivante: lo dimostra uno studio pubblicato su “Multiple Sclerosis and Related Disorders”.
Lo studio, coordinato da Ralph H. Benedict (Jacobs School of Medicine and Biomedical Sciences, University at Buffalo) e condotto da un team internazionale, si fonda sull’analisi integrata dei trial registrativi OPERA I e II.
Ocrelizumab è un anticorpo monoclonale che elimina selettivamente i linfociti B CD20-positivi, cellule coinvolte nei processi infiammatori della sclerosi multipla. Questa deplezione contribuisce a modulare l’attività immunitaria responsabile della malattia, preservando al contempo le principali funzioni immunitarie residue.
Il deterioramento cognitivo è una manifestazione precoce e ben documentata della SM, in grado di interferire in modo significativo con le attività quotidiane.
Nonostante la sua rilevanza clinica, questo aspetto viene spesso trascurato nella pratica e negli studi clinici, a causa della mancanza di strumenti standardizzati e dati longitudinali.
L’indagine ha dunque mirato a valutare l’impatto a lungo termine di ocrelizumab rispetto a interferone beta-1a sul declino cognitivo nei pazienti affetti da SM recidivante-remittente, sfruttando la coorte unificata dei trial OPERA I e II.
Valutazione a 96 settimane con Symbol Digit Modalities Test
L’analisi ha incluso 1.656 pazienti con SM recidivante, randomizzati a ricevere o interferone beta-1a per via sottocutanea (44 μg tre volte a settimana, n = 829) oppure ocrelizumab per via endovenosa (600 mg ogni 24 settimane, n = 827).
La funzione cognitiva veniva misurata tramite il Symbol Digit Modalities Test (SDMT), somministrato nella versione scritta o orale a discrezione del centro. Questo test, ritenuto sensibile nella rilevazione di alterazioni della velocità di elaborazione cognitiva, è stato eseguito al basale e successivamente ogni 12 settimane fino alla settimana 96.
Il confronto fra trattamenti ha impiegato modelli lineari misti per analizzare le variazioni nel punteggio SDMT rispetto al valore iniziale, e modelli di regressione di Cox per valutare il tempo alla comparsa di un peggioramento cognitivo confermato pari o superiore a 4 punti, mantenuto per almeno 12 o 24 settimane.
Differenze significative a favore dell’anticorpo anti-CD20
I pazienti inclusi nell’analisi valutativa erano 749 nel gruppo interferone beta-1a e 766 nel gruppo ocrelizumab.
Dopo 96 settimane, il gruppo trattato con ocrelizumab mostrava un miglioramento medio del punteggio SDMT di 5,4 punti (IC 95 %, 4,4–6,5), a fronte di un incremento di 4,0 punti osservato nei pazienti trattati con interferone beta-1a (IC 95 %, 3,0–5,1). La differenza media aggiustata tra i due gruppi era pari a 1,4 punti (IC 95 %, 0,05–2,72), con una significatività statistica (P = 0,042).
Sul fronte del deterioramento cognitivo clinicamente rilevante (definito come riduzione ≥4 punti al SDMT), la percentuale di pazienti colpiti risultava inferiore nel gruppo ocrelizumab: 12,7 % a 12 settimane e 7,9 % a 24 settimane, contro – rispettivamente – 18,4 % e 12,9 % nel gruppo interferone beta-1a.
I corrispondenti hazard ratio erano pari a 0,63 (IC 95 %, 0,47–0,85; P = 0,003) per il periodo ≥12 settimane, e 0,57 (IC 95 %, 0,39–0,82; P = 0,003) per il periodo ≥24 settimane.
Rilevanza clinica e considerazioni metodologiche
I risultati confermano il ruolo dell’ocrelizumab nel preservare la funzione cognitiva nei pazienti con SM recidivante, suggerendo un beneficio concreto sulla velocità di elaborazione cognitiva.
Tuttavia, gli autori raccomandano cautela nell’interpretazione, in particolare per la variabilità introdotta dalla modalità di somministrazione (scritta o orale) del test SDMT, lasciata alla discrezione dei singoli centri.
Nonostante ciò, l’evidenza raccolta dai trial OPERA I e II contribuisce a rafforzare l’importanza di includere sistematicamente la valutazione cognitiva nel monitoraggio dei pazienti e nella scelta delle strategie terapeutiche.
Bibliografia:
Benedict RH, Kappos L, Miller A, et al. Cognitive effects of ocrelizumab vs interferon β-1a in relapsing multiple sclerosis: A post hoc analysis of the OPERA I/II trials. Mult Scler Relat Disord. 2025;95:106310. doi: 10.1016/j.msard.2025.106310. leggi