Sclerosi multipla: benefici superiori da natalizumab in prima linea


Analisi ha rivelato che l’uso precoce di natalizumab nel trattamento della sclerosi multipla può portare a esiti significativamente migliori rispetto alla sua somministrazione successiva ad altre terapie

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Un’analisi condotta sui dati di rivendicazioni sanitarie statunitensi, pubblicata su “Therapeutic Advances in Neurological Disorders”, ha rivelato che l’uso precoce di natalizumab nel trattamento della sclerosi multipla (SM) può portare a esiti significativamente migliori rispetto alla sua somministrazione successiva ad altre terapie.

Lo studio ha coinvolto oltre 1.500 adulti con SM e ha evidenziato che l’inizio del trattamento con natalizumab in prima linea ha determinato una maggiore riduzione del tasso di recidiva annualizzato (ARR) e un utilizzo minore dei servizi sanitari correlati alla SM, rispetto a coloro che hanno ricevuto il farmaco in linee terapeutiche successive.

I ricercatori, appartenenti a Biogen, azienda produttrice del farmaco, hanno osservato che «il trattamento già nelle fasi precoci della SM non solo migliora la gestione della malattia, ma riduce anche l’utilizzo complessivo delle risorse sanitarie».

Lo studio si è basato sull’analisi dei dati del database Komodo Health, che comprende informazioni sanitarie di 325 milioni di persone negli Stati Uniti, e ha valutato la reale efficacia del farmaco come terapia di prima linea.

Di norma, il trattamento della sclerosi multipla si è basato su un percorso graduale, partendo da terapie modificanti la malattia (DMT) con efficacia da bassa a moderata. Questi farmaci offrono un profilo di sicurezza più elevato, ma risultano meno efficaci nel controllo della patologia.

Al contrario, le terapie più potenti, pur garantendo maggiore efficacia, comportano rischi di sicurezza più alti e costi significativamente superiori. Per questo motivo, sono state tradizionalmente riservate a quei pazienti che manifestavano segni di attività della malattia nonostante l’utilizzo di farmaci meno incisivi.

Tuttavia, questa strategia sta ora venendo progressivamente riconsiderata.

Confronto di efficacia tra terapia precoce e avanzata
Tra il 2016 e il 2020, lo studio ha monitorato 1.568 adulti con diagnosi di SM trattati con natalizumab. Di questi, 1.174 hanno ricevuto il farmaco come primo DMT, mentre 394 lo hanno utilizzato come terapia di seconda linea o successiva.

Coloro che hanno iniziato con natalizumab hanno riportato una riduzione dell’81% dell’ARR rispetto ai valori di base, raccolti fino a un anno prima dell’inizio del trattamento. Al contrario, nel gruppo che ha ricevuto il farmaco in linee successive, l’ARR si è ridotto del 55%.

Nonostante i pazienti trattati in prima linea partissero con un ARR medio più alto (1,48 recidive all’anno rispetto a 0,92 recidive nel gruppo di seconda linea), hanno mostrato un rischio di recidiva inferiore del 27% e un tasso di recidiva finale ridotto del 32%.

Inoltre, il tempo medio prima della prima recidiva si è allungato nei pazienti trattati precocemente, dimostrando ulteriormente l’efficacia del trattamento anticipato.

Riduzione dell’uso delle risorse sanitarie
Natalizumab ha ridotto in modo consistente l’utilizzo delle risorse sanitarie, come ospedalizzazioni correlate alla SM, durata della degenza ospedaliera e visite ambulatoriali, in entrambi i gruppi analizzati.

Tuttavia, questa riduzione è risultata più marcata nei pazienti trattati fin dalle prime fasi della malattia. Lo studio ha anche evidenziato che i trattamenti di prima linea possono ridurre i costi sanitari a lungo termine, migliorando la qualità della vita dei pazienti e diminuendo l’impatto economico della malattia.

I risultati rafforzano l’importanza dell’uso del natalizumab come terapia iniziale, confermando che un approccio terapeutico ad alta efficacia fin dalle prime fasi della malattia può offrire vantaggi superiori rispetto a un approccio graduale.

Possibile modificazione della strategia di trattamento
Natalizumab, anticorpo monoclonale ad alta efficacia, agisce bloccando l’integrina α4β1, una proteina presente sulla superficie dei leucociti, che gioca un ruolo cruciale nel processo infiammatorio. impedendo alle cellule immunitarie di penetrare nel sistema nervoso centrale, evitando i danni alle strutture nervose che sono alla base della progressione della sclerosi multipla.

Grazie a questo meccanismo, il farmaco contribuisce a diminuire il numero di recidive e a rallentare il peggioramento della disabilità nei pazienti affetti da questa patologia.

Tradizionalmente riservato come seconda linea, sta emergendo come opzione cruciale in prima linea per migliorare gli esiti nei pazienti con SM.

Bibliografia:
Avila RL, Croteau NS, Tang F, et al. Evaluating natalizumab first-line and later-line use in multiple sclerosis: a US claims database analysis. Ther Adv Neurol Disord. 2025 Mar 17;18:17562864251317949. doi: 10.1177/17562864251317949. leggi