Ofatumumab si è dimostrato più efficace di teriflunomide nel trattamento della sclerosi multipla (SM) in un’ampia gamma di gruppi etnici
Ofatumumab si è dimostrato più efficace di teriflunomide nel trattamento della sclerosi multipla (SM) in un’ampia gamma di gruppi etnici, inclusi afroamericani, ispanici, latini e asiatici. Questo risultato emerge da un’ analisi di sottogruppi degli studi clinici ASCLEPIOS I e II, pubblicata su “Neurology”.
Mitzi Joi Williams, autore principale dello studio e fondatore del Joi Life Wellness MS Center di Atlanta, in Georgia, ha sottolineato l’importanza di comprendere le differenze nelle risposte al trattamento per la SM, evidenziando la necessità di terapie personalizzate. Ha anche messo in luce la scarsa rappresentazione di gruppi etnici diversi nella ricerca clinica, invitando a una maggiore inclusione per informare le decisioni terapeutiche.
L’articolo sottolinea che fattori di rischio come l’infezione da virus di Epstein-Barr, la carenza di vitamina D e l’obesità adolescenziale possono innescare la SM in soggetti geneticamente predisposti. Inoltre, le condizioni sociali e ambientali possono influenzare il rischio di sviluppare la malattia.
Nonostante l’incertezza sull’impatto dell’etnia sul rischio di SM, è evidente che gli esiti clinici e le risposte al trattamento variano tra i diversi sottogruppi etnici. Tuttavia, la partecipazione di persone appartenenti a gruppi etnici diversi negli studi clinici rimane limitata.
Gli anti-CD20, come ofatumumab, sono tra le terapie più efficaci per la SM, agendo sulle cellule B immunitarie. Studi precedenti hanno mostrato che i pazienti di gruppi sottorappresentati presentano un’attività delle cellule B maggiore rispetto ai pazienti caucasici, il che potrebbe influenzare l’efficacia del trattamento.
Maggiore probabilità di raggiungere NEDA-3 con l’anti-CD20
I dati degli studi ASCLEPIOS I e II hanno evidenziato che ofatumumab riduce significativamente i tassi di recidiva e il rischio di disabilità prolungata, oltre a diminuire il numero di lesioni cerebrali nuove o in espansione.
Gli studi hanno arruolato collettivamente 1.822 pazienti con forme recidivanti di SM, di età compresa tra 18 e 55 anni, che sono stati assegnati in modo casuale a iniezioni mensili di ofatumumab o teriflunomide una volta al giorno per un massimo di 2,5 anni.
L’analisi di Williams e il suo team ha rivelato che ofatumumab migliora la probabilità di raggiungere l’assenza di attività di malattia (NEDA-3) nella maggior parte dei gruppi etnici dopo due anni di trattamento. Per esempio, il 33,3% dei pazienti afroamericani trattati con ofatumumab ha raggiunto NEDA-3, contro il 3,4% di quelli trattati con teriflunomide.
Gli effetti collaterali più comuni tra i trattamenti includono reazioni al sito di iniezione, raffreddore, mal di testa, infezioni, perdita di capelli e diarrea. I tassi di effetti collaterali sono stati simili tra i due trattamenti e i vari sottogruppi etnici, sebbene il sottogruppo afroamericano abbia registrato un numero maggiore di effetti collaterali gravi.
In conclusione, l’analisi supporta l’uso di ofatumumab nei diversi sottogruppi etnici, e i ricercatori enfatizzano l’importanza di arruolare partecipanti etnicamente diversi negli studi futuri per migliorare le decisioni terapeutiche e i risultati per queste popolazioni.
Bibliografia
Williams MJ, Amezcua L, Cohan SL, et al. Efficacy of Ofatumumab and Teriflunomide in Patients With Relapsing MS From Racial/Ethnic Minority Groups: ASCLEPIOS I/II Subgroup Analyses. Neurology. 2024 Aug 13;103(3):e209610. doi: 10.1212/WNL.0000000000209610. leggi