“Sapone” è un brano indie-pop, intenso e raffinato, tra parlati lucidi e parentesi folk-rock viscerali, ed è il primo tassello di un lavoro più strutturato di Danilo Ruggero
“Sapone” è il nuovo singolo di Danilo Ruggero, su tutte le piattaforme. Cantautore, autore e musicista originario di Pantelleria, Danilo Ruggero si trasferisce a Roma a 19 anni per approfondire il suo percorso artistico a Officina Pasolini. Nel 2017 è finalista al Premio De André e nel 2018 è vincitore del Premio della Critica Amnesty International “VxL”: nello stesso anno pubblica l’EP “In realtà è solo paura” e si dedica a un’intensa attività live. Nel 2020 è finalista al Premio Andrea Parodi con alcuni brani originali in dialetto pantesco e nel 2023, tramite il contest 1mnext, è tra i 100 migliori progetti artistici candidati per salire sul palco del Primo Maggio di Roma. Finalista al Premio Bindi 2024, oggi si dedica alla chiusura di nuovi brani, sperimentando generi musicali e mescolandoli alla matrice pop-folk da cui proviene e da cui continua ad attingere ispirazione.
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“Chi parla male, pensa male e vive male.” diceva Nanni Moretti in Palombella Rossa. “Sapone” parla di questo. Parla di parole e del filo sottile che le uniscono alla lingua e, poi, al pensiero. Parla del loro spreco nei non detti, nei pensieri incastrati in quella eccessiva e costante elucubrazione mentale di chi smette di saperle usare. Oppure, all’opposto e nella stessa misura, del loro eccessivo sperpero in infinite spiegazioni verbose per giustificare ogni cosa, per avere una coscienza insaponata, lucida, nuova, limpida e ripulita dai sensi di colpa. “Sapone” è un brano indie-pop, intenso e raffinato, tra parlati lucidi e parentesi folk-rock viscerali, ed è il primo tassello di un lavoro più strutturato che confluirà in un concept EP molto importante. Un vero e proprio restart artistico, una ripartenza dopo un lungo periodo di sosta, di marce indietro e profonde riflessioni.
Danilo Ruggero parla del singolo: “Credo sia una cosa sacra perdersi i pezzi, inghiottire le parole, far scivolare i pensieri dentro la doccia. Quantomeno quelli meno importanti. Profano invece è non appuntarsi tutti gli altri. Le parole sono diventate per me una fune tesa per scendere in profondità, dare un nome alle cose, senza perdersi nell’oblio e crescendo ho avuto come l’impressione che alla fine io riuscissi a pensare, a vivere e quindi a esistere, soltanto scrivendo.”