Pembrolizumab adiuvante riduce il rischio decesso nel carcinoma renale


Nei pazienti con carcinoma a cellule renali a cellule chiare, con l’adiuvante pembrolizumab si ottiene una riduzione del 38% del rischio di decesso

carcinoma uroteliale

Nei pazienti con carcinoma a cellule renali a cellule chiare sottoposti a trattamento adiuvante con l’immunoterapia con l’anti-PD-1 pembrolizumab si ottiene un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante della sopravvivenza globale (OS), con una riduzione del 38% del rischio di decesso rispetto ai controlli, trattati con il placebo, con un profilo di sicurezza in linea con quello già ampiamente noto del farmaco. È quanto emerge dall’analisi finale dello studio di fase 3 KEYNOTE-564, pubblicata di recente sul New England Journal of Medicine.

Il miglioramento significativo dell’OS è stato osservato nell’intera popolazione trattata con l’inibitore di PD-1 rispetto al placebo (HR 0,62; IC al 95% 0,44-0,87; P = 0,005). Il tasso stimato di OS a 48 mesi è risultato del 91,2% (IC al 95% 88,3%-93,4%) con pembrolizumab contro 86% (IC al 95% 82,6%-88,8%) con il placebo.

«Con il suo beneficio di sopravvivenza, lo studio KEYNOTE-564 sancisce il ruolo di un anno di pembrolizumab come standard di cura nel carcinoma renale a cellule chiare di grado intermedio-alto, alto e [metastasi in un organo diverso senza evidenza di malattia]. Pazienti e medici hanno atteso questi risultati per oltre 50 anni. Questa novità aprirà più opzioni per prolungare la sopravvivenza dei nostri pazienti», ha dichiarato Toni K. Choueiri, del Lank Center for Genitourinary Oncology del Dana-Farber Cancer Institute di Boston, primo firmatario del lavoro.

Lo studio KEYNOTE-564
Nello studio KEYNOTE-564, 994 pazienti sottoposti in precedenza a un intervento chirurgico per l’asportazione di un carcinoma a cellule renali a cellule chiare, a rischio aumentato di recidiva dopo la chirurgia, sono stati assegnati in modo casuale, secondo un rapporto 1:1, al trattamento adiuvante con pembrolizumab o un placebo per un anno.

Il tempo mediano tra la randomizzazione e il cut-off dei dati è stato di 57,2 mesi. Inoltre, la durata mediana del trattamento in studio è stata di 11,1 mesi in entrambi i bracci con un numero mediano di dosi di pembrolizumab somministrate pari a 17. A dicembre 2020, tutti i pazienti avevano completato o interrotto il trattamento.

L’OS era l’endpoint secondario chiave dello studio, mentre l’endpoint primario era rappresentato dalla sopravvivenza libera da malattia (DFS), per la quale era già stato dimostrato in precedenza il beneficio offerto da pembrolizumab rispetto al placebo.

Con pembrolizumab circa il 94% dei pazienti vivi a 36 mesi
In totale, sono stati registrati 55 decessi nel braccio pembrolizumab e 86 nel braccio placebo. Nel gruppo trattato con l’anti-PD-1, la percentuale stimata di pazienti vivi è risultata del 96,3% (IC al 95% 94,2%-97,7%) a 24 mesi e del 93,9% (IC al 95% 91,4%-95,7%) a 36 mesi, mentre nel gruppo placebo le percentuali corrispondenti sono risultate del 93,9% (IC al 95% 91,4%-95,7%) e 89,5% (IC al 95% 86,4%-91,9%).

Una recidiva della malattia o il decesso si sono verificati in 174 pazienti del braccio pembrolizumab e in 224 pazienti del braccio di controllo. Nel braccio sperimentale, la percentuale di pazienti liberi da recidiva e vivi è risultata pari al 78,2% (IC al 95% 74,2%-81,6%) a 24 mesi, 72,4% (IC al 95% 68,1%-76,2%) a 36 mesi e 64,9% (IC al 95% 60,3%-69,1%) a 48 mesi, mentre fra i controlli le percentuali corrispondenti sono risultate del 67,2% (IC al 95% 62,8%-71,1%), 62,9% (IC al 95% 58,5%-67%) e 56,6% (IC al 95% 52%-60,9%).

Con pembrolizumab meno pazienti sottoposti a una terapia successiva
Nel braccio trattato con l’immunoterapia adiuvante, il 15,5% dei pazienti ha avuto una recidiva locale e l’88,8% una recidiva a distanza.

Da notare che i pazienti che sono stati sottoposti a una terapia successiva dopo quella in studio sono stati il 79,5% nel braccio pembrolizumab e l’81,4% nel braccio placebo. Inoltre, quattro pazienti nel braccio sperimentale e uno nel braccio di controllo sono stati sottoposti a un trattamento successivo, senza una recidiva documentata.

Una terapia antitumorale sistemica è stata somministrata all’80% dei partecipanti nel braccio pembrolizumab e all’84% nel braccio placebo, mentre rispettivamente il 24,2% contro 19,8% è stato sottoposto alla radioterapia e il 27,3% contro 29,1% a un ulteriore intervento chirurgico.

Tra tutti i pazienti che hanno richiesto un trattamento successivo, il 41% contro 69,7% ha effettuato una terapia anti-PD-1 o PD-L1, mentre i pazienti trattati con un farmaco mirato anti-VEGF o anti-VEGFR sono risultati rispettivamente il 92,4% e 84,8%.

Profilo di sicurezza invariato
I risultati relativi al profilo di sicurezza sono risultati coerenti con quelli riportati in precedenza. Eventi avversi che hanno reso necessaria l’interruzione del trattamento si sono verificati nel 21,1% dei pazienti del braccio pembrolizumab e nel 2,2% del braccio placebo, mentre eventi avversi seri si sono manifestati rispettivamente nel 20,7% e 11,5% dei pazienti, ed eventi avversi di grado 3/4 rispettivamente nel 18,6% e 1,2% dei pazienti.

Eventi avversi seri correlati al trattamento sono stati registrati in 10 pazienti nel braccio sperimentale 90 giorni dopo l’interruzione del trattamento, ma non si sono registrati decessi correlati a pembrolizumab.

Eventi avversi immunomediati e reazioni infusionali sono stati osservati nel 36,5% dei pazienti trattati con l’immunoterapico e nel 7,3% dei controlli. Il tempo mediano di insorgenza di questi eventi avversi è risultato rispettivamente di 2,1 mesi e 4,9 mesi, con una durata mediana rispettivamente di 2,9 mesi e 1,4 mesi,.

Bibliografia 
T.K. Choueiri, et al. Overall survival with adjuvant pembrolizumab in renal-cell carcinoma. N Engl J Med. 2024;390(15):1359-71; doi:10.1056/NEJMoa2312695. leggi