Sclerosi multipla: in pazienti anziani rischio recidive con stop a terapia ad alta efficacia


Sclerosi multipla: secondo nuovi studi, nei pazienti più anziani interrompere una terapia ad alta efficacia aumenta i rischi di recidiva

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Secondo uno studio di coorte osservazionale – i cui risultati sono stati pubblicati su “JAMA Neurology” – i pazienti di età pari o superiore a 50 anni con sclerosi multipla (SM) non attiva che interrompono una terapia ad alta efficacia (HET) hanno un rischio più elevato di recidiva rispetto a quelli che continuano l’HET.

Più precisamente, il tempo alla prima recidiva nel gruppo interruzione dell’HET è stato significativamente ridotto rispetto al gruppo continuazione ( hazard ratio [HR] 4,1, IC 95% 2,0-8,5, P<0,001), in particolare per natalizumab e fingolimod, riportano Anne Kerbrat, dell’Ospedale Universitario di Rennes (Francia), e colleghi.

L’aumento del rischio di recidiva è stato più alto per i pazienti più anziani che hanno interrotto natalizumab (HR 7,2, IC 95% 2,1-24,5, P=0,001) o fingolimod (HR 4,5, IC 95% 1,3-15,5, P=0,02), hanno specificato i ricercatori.

Effetto meno evidente con i farmaci anti-CD20
Per le terapie anti-CD20 incluse nello studio – rituximab e ocrelizumab – l’aumento del rischio di recidiva non è stato invece significativo (HR 1,1, IC 95% 0,3-4,8, P=0,85). «In particolare, il rischio era molto più alto dopo l’interruzione delle HET che hanno un impatto sul trafficking delle cellule immunitarie (natalizumab e fingolimod) rispetto all’interruzione dei trattamenti che inducono deplezione delle cellule B (terapia anti-CD20), come evidenziato dalla probabilità di recidiva a 1 anno in ciascun sottogruppo HET» scrivono Kerbrat e colleghi.

Diversi studi hanno confermato una diminuzione del tasso di recidiva della SM e dell’attività di risonanza magnetica con l’aumentare dell’età, aggiungono i ricercatori. Anche l’efficacia del trattamento può diminuire con l’età, mentre il rischio di effetti collaterali può aumentare, sottolineano.

In studio forme recidivanti-remittenti e secondariamente progressive
Kerbrat e colleghi hanno analizzato i dati dell’Observatoire Français de la Sclérose en Plaques (OFSEP). Nei 1.620 pazienti del registro di età pari o superiore a 50 anni in trattamento con HET dal 2008 al 2021, l’età media era di circa 55 anni e il 72,5% erano donne.

Tutti i partecipanti avevano una SM recidivante-remittente o secondariamente progressiva, nessuna evidenza di recidiva o attività di risonanza magnetica a 2 anni o più e una durata della HET di 1 anno o più. I pazienti sono stati abbinati in due gruppi a seconda che avessero interrotto o continuato l’HET.

Il trattamento ad alta efficacia includeva natalizumab, fingolimod, rituximab e ocrelizumab. La prima recidiva è stata definita come la comparsa, la recidiva o l’aggravamento dei sintomi neurologici per un periodo di almeno 24 ore senza febbre, convalidato da un neurologo.

La maggior parte dei pazienti (75,7%) presentava SM recidivante-remittente e il ritardo medio dall’ultima attività infiammatoria è stato di 5,6 anni. La durata media del follow-up dopo l’abbinamento secondo il punteggio di propensione è stata di 2,5 anni e sono stati selezionati 154 pazienti per ciascun gruppo di trattamento dopo tale abbinamento: 51 trattati con fingolimod, 45 con natalizumab e 58 con terapia anti-CD20.

Tra coloro che hanno interrotto la terapia, la probabilità di una prima recidiva a 1 anno è stata del 33,6% per natalizumab, del 16,3% per fingolimod e dello 0% per la terapia anti-CD20. Il rischio di recidiva nel sottogruppo con SM secondariamente progressiva non è stato significativamente più alto con l’interruzione della HET rispetto alla sua continuazione.

I dati della risonanza magnetica hanno mostrato che il tempo alla prima attività infiammatoria focale era significativamente ridotto nel gruppo interruzione rispetto al gruppo continuazione e la probabilità di attività infiammatoria variava in base alla tipologia di HET.

I potenziali limiti dello studio basato su dati di registro, riconoscono gli autori, risiedono nella effettiva possibilità di garantire che l’interruzione della HET rifletta un cambiamento nel trattamento, insieme ai limitati dati di risonanza magnetica disponibili. Inoltre, nonostante il rischio di recidiva diminuisca con l’età, lo studio non è stato in grado di stimare in modo affidabile i rischi legati all’interruzione della HET dopo i 60 anni, concludono i ricercatori.

Fonte:
Jouvenot G, Courbon G, Lefort M, et al. High-Efficacy Therapy Discontinuation vs Continuation in Patients 50 Years and Older With Nonactive MS. JAMA Neurol. 2024 Mar 25:e240395. doi: 10.1001/jamaneurol.2024.0395. Epub ahead of print. leggi