Elevati valori di lipoproteina(a) pericolosi con malattia aterosclerotica


Elevati valori di lipoproteina(a) aumentano il rischio di MACE nei pazienti sia con che senza malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) preesistente

Elevati valori di lipoproteina(a) aumentano il rischio di MACE nei pazienti sia con che senza malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) preesistente

Elevati valori di lipoproteina(a) aumentano il rischio di eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) nei pazienti sia con che senza malattia cardiovascolare aterosclerotica (ASCVD) preesistente. È quanto dimostra un nuovo studio pubblicato sul “Journal of American College of Cardiology”. L’analisi, tuttavia, suggerisce che potrebbero esserci diverse soglie di rischio con un aumento della Lp(a) in diverse popolazioni di pazienti.

«Quando si utilizza la Lp(a) come marcatore di rischio, quest’ultima si comporta in modo molto diverso nei pazienti con ASCVD rispetto a quelli senza» osservano gli autori, coordinati dal ricercatore senior Ron Blankstein, del Brigham and Women’s Hospital di Boston. In quelli senza ASCVD, per esempio, «la soglia di rischio si ha solo per coloro che hanno una Lp(a) molto alta, al di sopra del 90° percentile, che in questo studio corrispondeva a circa 216 nmol/L».

Blankstein e colleghi osservano che i pazienti indirizzati a cliniche specializzate a causa di valori elevati di Lp(a) sono spesso preoccupati per il rischio di eventi cardiovascolari, ma che questi nuovi dati possono essere rassicuranti. «Non tutti coloro che hanno un valore alto di Lp(a) avranno un evento» aggiungono, sottolineando che i tassi di eventi nei pazienti senza ASCVD sono ancora piuttosto bassi.

Per i pazienti con ASCVD, il rischio di MACE si è stabilizzato a livelli di Lp(a) intorno a 112 nmol/L, o più di 53 mg/dL, nel presente studio, «suggerendo che la Lp(a) possa essere un marcatore di aumento del rischio a un livello ancora più basso in prevenzione secondaria» proseguono Blankstein e colleghi.

In questo momento, c’è molta attesa nell’ambito della medicina cardiovascolare rispetto alla Lp(a), non solo come marcatore, ma anche come potenziale bersaglio per terapie che possono ridurla, rimarcano i ricercatori. I livelli di Lp(a) sono altamente determinati dalla genetica ed è stato stimato che circa il 20% della popolazione ha livelli di Lp(a) =/> 50 mg/dL (125 nmol/L), soglia considerata elevata. Numerosi studi, tra cui analisi genetiche, hanno dimostrato che livelli più elevati di Lp(a) sono collegati all’ASCVD e alla malattia della valvola aortica calcifica.

In particolare, sono in corso due studi clinici di fase 3 che testano se l’abbassamento di Lp(a) riduce il rischio di eventi cardiovascolari. Lo studio Lp(a)HORIZON  sta testando pelacarsen, un oligonucleotide antisenso, in pazienti con ASCVD ed è il più avanzato, con risultati attesi per il prossimo anno. Lo studio OCEAN(a)-Outcomes sta testando olpasiran, un piccolo RNA interferente che ha come bersaglio LPA, il gene che codifica per l’apolipoproteina(a), in pazienti con ASCVD, ma i risultati non sono attesi prima della fine del 2026. «Alla luce del fatto che si profilano terapie all’orizzonte, abbiamo voluto studiare un’ampia coorte statunitense per analizzare quale fosse l’associazione tra Lp(a) ed esiti» spiegano Blankstein e colleghi.

Studio retrospettivo di registro su oltre 16mila individui
Questo studio retrospettivo ha incluso 16.419 individui (età media 60 anni; 41% donne) i cui livelli di Lp(a) sono stati misurati al Brigham and Women’s Hospital e al Massachusetts General Hospital tra il 2000 e il 2019. Di questi, il 62% aveva una storia di ASCVD, definita come un precedente evento tra infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica o ictus ischemico. I pazienti con una storia di ASCVD avevano un livello mediano di Lp(a) più alto rispetto a quelli senza ASCVD (37,8 vs 31,1 nmol/L; P < 0,001) e il tempo mediano di follow-up è stato di 12 anni.

Nei soggetti con ASCVD, il 53,3% aveva livelli di Lp(a) tra il 1° e il 50° percentile (0-41 nmol/L), il 20,5% aveva livelli tra il 51° e il 70° percentile (42-111 nmol/L), il 18,0% tra il 71°e il 90° percentile (112-215 nmol/L) e l’8,3% aveva livelli =/>  il 91° percentile (=/> 216 nmol/L). In quelli senza ASCVD, i valori corrispondenti erano rispettivamente del 58,0%, 17,9%, 17,1% e 7,0%.

I tassi di eventi annuali per l’endpoint composito primario di infarto miocardico, rivascolarizzazione coronarica, ictus ischemico o morte cardiovascolare nei quattro gruppi percentili di Lp(a) – dal più basso al più alto – sono stati al basale del 4,1%, 4,9%, 5,3% e 5,3% nei pazienti con ASCVD. In quelli senza ASCVD, i tassi erano rispettivamente dell’1,1%, 1,2%, 1,3% e 2,2%.

In un modello aggiustato, il rischio dell’esito composito primario nei pazienti con ASCVD aumentava con livelli più elevati di Lp(a), ma si stabilizzava a circa 70 nmol/L. Al contrario, in quelli senza ASCVD preesistente il rischio di MACE aumentava linearmente con l’aumento dei livelli di Lp(a), ma la differenza di rischio non era statisticamente significativa fino ai livelli più alti.

Sebbene non sia ancora disponibile alcun trattamento, le linee guida europee raccomandano di misurare la Lp(a) almeno una volta nella vita del paziente e le linee guida statunitensi considerano la Lp(a) elevata come una caratteristica che “aumenta il rischio”.

«In questo momento, il livello di Lp(a) non è un parametro ampiamente adottato da tutti negli Stati Uniti» sottolineano Blankstein e colleghi. «Ora è utilizzato quanto meno per la valutazione del rischio e il nostro documento supporta molto tale impiego, sia che il paziente abbia già avuto un precedente evento ASCVD, nel qual caso rientra nella popolazione in prevenzione secondaria, sia che non abbia mai avuto un tale evento, nel qual caso rientra nell’ombrello della prevenzione primaria».

In attesa dei risultati degli studi Lp(a)HORIZON e OCEANS(a)-Outcomes
Blankstein e coautori osservano che sia Lp(a)HORIZON che OCEANS(a)-Outcomes sono studi di prevenzione secondaria. Nel primo caso, i pazienti sono stati randomizzati al trattamento se avevano ASCVD e livelli di Lp(a) =/> 70 mg/dL (circa 175 nmol/L), mentre in OCEANS(a)-Outcomes sono stati randomizzati i pazienti con ASCVD con livelli di Lp(a) =/>200 nmol/L durante lo screening iniziale.

I risultati di questa nuova analisi, tuttavia, suggeriscono che il beneficio della riduzione di Lp(a) potrebbe estendersi ai pazienti con ASCVD con livelli di Lp(a) al basale più bassi rispetto a quelli inclusi in questi due studi di fase III, sostengono Blankstein e colleghi.

«Pensiamo che Lp(a)HORIZON e OCEANS(a)-Outcomes siano i primi studi in assoluto che hanno cercato di dimostrare l’ipotesi che l’abbassamento della Lp(a) riduca il rischio cardiovascolare. Se questi studi dimostreranno che questi agenti sono efficaci, allora dovremo valutare se il loro uso possa essere esteso alle persone che hanno livelli più bassi di Lp(a)».

Fonte:
Berman AN, Biery DW, Besser SA, et al. Lipoprotein(a) and Major Adverse Cardiovascular Events in Patients With or Without Baseline Atherosclerotic Cardiovascular Disease. J Am Coll Cardiol. 2024 ;83:873-86. doi: 10.1016/j.jacc.2023.12.031. leggi