Il 95% delle interazioni online è gestito da broker di dati


Con l’aumento dell’uso digitale, il 95% delle interazioni online è gestito da broker di dati, mettendo in luce la nostra vulnerabilità digitale

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“Internet non è così anonimo come potresti pensare. Ogni clic, ogni ricerca, ogni acquisto – tutte queste attività lasciano tracce digitali.” Queste non sono le parole di un difensore della privacy, ma di un ingegnere del software, Jason Adler, che lavora presso Repocket.

Forse non ne eri a conoscenza, ma le tue interazioni online possono finire facilmente nelle mani dei broker di dati. Queste entità raccolgono, impacchettano e rivendono dettagli personali di individui in tutto il mondo. Potresti chiederti: “Come è possibile?” Di seguito, analizziamo questo fenomeno, con l’obiettivo di educare e informare sulla realtà dell’era digitale in cui viviamo.

Una comprensione di base dell’economia dei dati

Adler spiega: “Immagina Internet come un enorme centro commerciale. Ogni negozio in cui entri, anche solo per dare un’occhiata, prende nota della tua visita.” Questa visita si trasforma in dati, che vengono poi scambiati e venduti tra un vasto network di aziende, conosciute come broker di dati. Queste entità operano nel back-end di Internet, estraendo informazioni preziose sugli utenti e sulle loro attività.

Ma cosa raccolgono esattamente i broker di dati? Ecco alcuni esempi:

  1. Cronologia di navigazione web
  2. Abitudini di acquisto online
  3. Attività sui social media
  4. Conversazioni via email
  5. Posizione dell’utente
  6. Informazioni demografiche

L’ascesa dei broker di dati

Perché i broker di dati sono così rilevanti nella società odierna, guidata dalla tecnologia? Adler evidenzia due motivi principali:

  1. Domanda economica: Le aziende sono sempre alla ricerca di un vantaggio competitivo. Informazioni dettagliate sui clienti possono spesso fornirlo.
  2. Avanzamenti tecnologici: Gli strumenti e i sistemi moderni rendono la raccolta, l’archiviazione e l’analisi dei dati più facili ed economiche che mai.

“Iniziato da questi fattori, il brokeraggio di dati si è trasformato in un’industria multimiliardaria. È il petrolio che alimenta l’economia digitale,” spiega Adler.

Preoccupazioni sulla privacy e regolamentazione

Sebbene l’economia dei dati abbia i suoi vantaggi, solleva seri problemi di privacy. “Le persone si sentono violate quando scoprono l’ampiezza dello scambio di dati. I consumatori hanno poco controllo su ciò che viene raccolto, chi lo detiene e cosa ne fanno,” sottolinea Adler.

Molti sollecitano una regolamentazione più severa del settore. Tuttavia, i tentativi di controllarlo si sono rivelati difficili, considerando la natura internazionale di Internet.

Navigare in un mondo guidato dai dati

Sembra che i broker di dati siano qui per restare. Quindi, cosa possono fare gli utenti per proteggere la loro privacy? Adler offre tre suggerimenti pratici:

  1. Fai attenzione alla tua impronta digitale: Considera sempre quali informazioni stai condividendo quando sei online.
  2. Sfrutta gli strumenti disponibili: Applica le impostazioni sulla privacy, utilizza modalità di navigazione che non tracciano i dati e opta per la crittografia dove possibile.
  3. Aumenta la tua sicurezza informatica: Aggiorna regolarmente il tuo software, usa password complesse e diffida delle comunicazioni non richieste.

Come dice Adler, “Nell’era digitale, non puoi evitare completamente i broker di dati, ma puoi sicuramente rendere il loro lavoro più difficile.”

Il nostro mondo è entrato in un’era di intensa digitalizzazione. Lottare per i diritti alla privacy e la protezione dei dati personali non mira a invertire il progresso, ma piuttosto a promuovere un ambiente digitale che rispetti l’autonomia degli individui. Mentre proseguiamo in questo viaggio digitale, è saggio seguire il consiglio di Adler e ricordare che i nostri clic e le battute di tasti non scompaiono nel nulla – si trasformano in un grande business, il business del brokeraggio di dati.

“La miglior difesa è la consapevolezza,” afferma Adler, ricordandoci che le nostre interazioni online non sono così private come vorremmo credere.