Estese indicazioni di durvalumab a tumore epatico e delle vie biliari


Si ampliano al tumore epatico e delle vie biliari le possibilità di impiego in Italia dell’inibitore di PD-L1 durvalumab

fegato colangite biliare denifanstat

Si ampliano le possibilità di impiego in Italia dell’inibitore di PD-L1 durvalumab. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), infatti, ha appena autorizzato, con apposite determine sulla Gazzetta Ufficiale, due nuove indicazioni del farmaco immunoterapico, entrambe per tumori gastrointestinali – epatico e delle vie biliari –, per i quali sarà ora disponibile e rimborsato dal Servizio sanitario nazionale.

In particolare, durvalumab potrà essere utilizzato, in associazione a tremelimumab, per il trattamento di prima linea di pazienti adulti con carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile (GU n.40 del 17 febbraio 2024, allegati 1 e 2) e, in associazione a gemcitabina e cisplatino, per il trattamento di prima linea di pazienti adulti con carcinoma delle vie biliari non resecabile o metastatico (GU n.40 del 17 febbraio 2024, allegato 3).

L’approvazione per il carcinoma epatocellulare si basa sui risultati dello studio HIMALAYA, un trial multicentrico internazionale di fase 3 in cui si è confrontato durvalumab, da solo e in combinazione con tremelimumab, con lo standard di cura, rappresentato da sorafenib, in pazienti con carcinoma epatocellulare avanzato o non resecabile, non trattati in precedenza con una terapia sistemica e non eleggibili alla terapia locoregionale. Il trial, che ha coinvolto 1324 pazienti, arruolati in 181 centri di 16 Paesi, tra cui Stati Uniti, Canada, Europa, Sud America e Asia, ha dimostrato che il trattamento di prima linea con durvalumab associato a tremlimumub produce un miglioramento clinicamente significativo della sopravvivenza globale (OS), con una riduzione del 22% del rischio di decesso (HR 0,78), rispetto allo standard.

Il via libera all’indicazione per il tumore delle vie biliari, invece, è il frutto dei dati positivi dello studio TOPAZ-1, un trial multicentrico internazionale di fase 3 che ha coinvolto 685 pazienti adulti con carcinoma localmente avanzato o metastatico non resecabile, inclusi il colangiocarcinoma intraepatico ed extra epatico, e il tumore della cistifellea. In questa popolazione, l’aggiunta di durvalumab alla chemioterapia di prima linea standard, cioè la doppietta gemcitabina-cisplatino, ha dimostrato di migliorare in modo significativo l’OS rispetto alla sola chemioterapia, riducendo il rischio di decesso del 24% (HR 0,76).