Allarme di Gratteri: la mafia è anche sui social per conquistare i giovani


Ora la mafia viaggia su social e Tik Tok, l’allarme del Procuratore di Napoli, Gratteri: “I figli dei boss fanno video con auto di lusso e soldi”

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Dai video su Tik Tok per fare proseliti tra i giovani alle piattaforme di trading nascoste nelle “caverne” digitali del dark web. Passando per i laboratori di bitcoin e criptovalute sparsi per la Calabria e i “contratti” fatti a pirati informatici professionisti tedeschi o rumeni. Sono le nuove frontiere (e ‘armi’) tecnologiche delle mafie come emerso dalla mattinata dei lavori dell’ultima giornata del festival della legalità di Reggio Emilia, promosso dalla Provincia e giunto quest’anno alla tredicesima edizione. Al centro internazionale per l’infanzia “Malaguzzi”, ad ascoltare il procuratore di Napoli Nicola Gratteri e il generale Teo Luzi (comandante nazionale dell’Arma dei Carabinieri), c’erano gli studenti di diverse scuole superiori reggiane.

LE MAFIE CAVALCANO LE NUOVE TECNOLOGIE

In prima fila, tra gli altri, il senatore Graziano Delrio, il candidato a sindaco del centrosinista alle prossime amministrative Marco Massari, l’assessore comunale Lanfranco De Franco e la presidente degli industriali Roberta Anceschi. Inoltre il presidente di Cna Giorgio Lugli e quello dell’Ordine dei commercialisti reggiani Massimo Giaroli. “Le mafie- spiega l’esperto di organizzazioni criminali e direttore scientifico del festival Antonio Nicaso- hanno sempre saputo unire innovazione e tradizione. Sono una patologia del potere ma frutto della modernità, non dell’arretratezza”. Prosegue quindi Nicaso: “Il territorio digitale sta diventando sempre più un’estensione di quello fisico e le mafie hanno saputo cogliere l’innovazione tecnologica: basta pensare all’uso dei social con cui si è combattuta la faida di Ponticelli (a Napoli, ndr) o alle criptovalute usate per convertire i crediti della pubblica amministrazione venduti a terzi”.

“NORMARE LE CHAT DEI SOCIAL PER INDAGINI E PROCESSI”

Tutto questo, continua Nicaso, “ci pone davanti ad una sfida epocale e dobbiamo attrezzarci o rischiamo di perderla”. In particolare, “vanno eliminati i paradisi normativi, le zone franche e i santuari e messa a punto una strategia di contrasto globale che definisca, ad esempio, se le chat dei social sono documenti da poter usare nei processi o corrispondenza inviolabile per la privacy”, conclude l’esperto.

Il procuratore Gratteri porta esempi concreti, da indagini di cui si è occupato: “Abbiamo visto che la ‘ndrangheta ha fatto venire in Calabria degli ‘hacker’ tedeschi e rumeni e in venti minuti abbiamo assistito a tre transazioni, in banche di tre continenti diversi, per un totale di cinque milioni e poi abbiamo scoperto delle basi per il trading in Romania e Bulgaria”. Secondo il procuratore di Napoli, “la camorra è molto più avanti della ‘ndrangheta nell’economia, ma la vera sorpresa è stato il dark web e l’uso dei bitcoin”.

I FIGLI DEI CAMORRISTI ‘VINCENTI’ SU TIK TOK

Infine i social. Qui spiega Gratteri, “ora si sono spostati tutti da Facebook a Tik Tok dove i figli dei camorristi pubblicano video con auto di lusso e soldi. È una forma di pubblicità e il messaggio che si vuole dare ai giovani è: siamo vincenti, se vieni con noi lo sarai anche tu“. In realtà, conclude Gratteri, “è una pia illusione. I gregari restano sempre tali”. Il generale Luzi parla di Brescello, (Comune reggiano sciolto per infiltrazioni nel 2016) e spiega: “La criminalità organizzata è un fenomeno di paese, ma anche globale”. Il militare segnala poi le “comunicazioni criptate” ma anche l’esistenza di una mafia ucraina che finito il conflitto “ci lascerà il traffico d’armi”. E tuttavia, assicura Luzi, “non siamo in balia delle onde, siamo preparati”.

Reggio Emilia, dove “spopolano” le fatture false “conosce forme di penetrazione particolarmente insidiose e raffinate che si manifestano soprattutto sul mercato”, dice il capo della della Procura reggiana Calogero Paci. Per questo la città emiliana, “può diventare un punto di riferimento nazionale e internazionale di una strategia di contrasto”. Sulla stessa linea il prefetto di Reggio Maria Rita Cocciufa: “Assistiamo a tentativi sempre più organizzati e sofisticati anche rispetto a quelli emersi dal processo Aemilia di inquinare l’economia sana. La parola d’ordine deve essere non abbassare la guardia e non voltarsi dall’altra parte perchè le due cose si sovrappongono”.

Giammaria Manghi, per la Regione, ricorda i 42 accordi di legalità scaturiti dal testo unico approvato nel 2016, i sei osservatori di legalità creati e le risorse per rimettere in sesto i beni confiscati: “Quattro milioni che sono ancora troppo pochi”, dice il capo della segreteria della presidenza regionale. Dopo il processo Aemilia, afferma il presidente della Provincia Giorgio Zanni, “questa terra si è scoperta con anticorpi insufficienti”, mentre secondo Nicaso “sono venuti meno quelli economici e degli imprenditori che hanno preferito il profitto. Ma il territorio ha saputo reagire”.