Linfoma mantellare: più benefici con aggiunta di venetoclax a ibrutinib


Linfoma mantellare ricaduto/refrattario, con l’aggiunta di venetoclax a ibrutinib benefici su più fronti secondo lo studio di fase 3 SYMPATICO

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Nei pazienti con linfoma mantellare (o linfoma a cellule mantellari) recidivato o refrattario, l’aggiunta dell’inibitore di BCL-2 venetoclax all’inibitore di BTK ibrutinib ha migliorato la sopravvivenza libera da progressione (PFS) rispetto al solo ibrutinib, producendo anche un tasso di risposta più elevato, nello studio di fase 3 SYMPATICO. I risultati dell’analisi primaria dello studio sono stati presentati nella sessione dedicata ai Late Breaking Abstracts all’ultimo convegno annuale della American Society of Hematology (ASH), a San Diego.

Il trattamento con la combinazione ha prodotto una riduzione del rischio di progressione del 35% rispetto a ibrutinib in monoterapia. Inoltre, il tasso di risposta obiettiva (ORR) al trattamento con i due inibitori combinati ha superato l’80%.

Secondo Michael Wang, dell’MD Anderson Cancer Center dell’Università del Texas, che ha presentato i dati, la combinazione dovrebbe diventare un nuovo standard of care in questa popolazione di pazienti.

Meccanismi d’azione complementari
«La combinazione di questi due agenti sfrutta meccanismi d’azione complementari e ha dimostrato un’attività antitumorale sinergica in modelli preclinici di linfoma a cellule mantellari», ha spiegato Wang.

Inoltre, ha aggiunto l’autore, questa combinazione ha già mostrato un’attività clinica promettente in studi inziali su pazienti con linfoma mantellare ricaduto/refrattario, con risultati che hanno posto le basi per un’ulteriore valutazione di questo trattamento nello studio SYMPATICO.

Lo studio SYMPATICO
SYMPATICO (NCT03112174) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, controllato con placebo e in doppio cieco, che ha incluso 267 pazienti con linfoma a cellule mantellari recidivato o refrattario, già trattati con da una a un massimo di cinque terapie per il linfoma, di cui almeno una costituita da rituximab o un regime contenente un anti-CD20.

I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con ibrutinib 560 mg una volta al giorno più venetoclax con dosi crescenti in 5 settimane fino ad arrivare a 400 mg una volta al giorno per 2 anni (134 pazienti) o ibrutinib 560 mg una volta al giorno più un placebo per 2 anni (133 pazienti). Dopo 24 mesi tutti i pazienti sono stati trattati con ibrutinib 560 mg una volta al giorno fino alla progressione della malattia o al manifestarsi di una tossicità non accettabile.

Wang ha precisato che la somministrazione concomitante di ibrutinib e venetoclax era stata oggetto di valutazione in una fase di run-in di sicurezza in aperto e la combinazione si era dimostrata sicura e ben tollerata.

Miglioramento della sopravvivenza con la combinazione
La PSF valutata dallo sperimentatore rappresentava l’endpoint primario dello studio, mentre gli endpoint secondari comprendevano il tasso di risposta completa, il tempo al trattamento successivo, la sopravvivenza globale (OS) e l’ORR.

A un follow-up mediano di 51,2 mesi la PFS mediana è risultata di 31,9 mesi con ibrutinib più venetoclax contro 22,1 mesi con ibrutinib più il placebo (HR 0,65; IC al 95% 0,47-0,88 P = 0,0052). Inoltre, il tasso di PFS a 24 mesi è risultato significativamente più alto con la combinazione rispetto al solo inibitore di BTK: 57% contro 45%.

Nel braccio assegnato al trattamento con i due farmaci, l’ORR è risultato dell’82%, con un tasso di risposta completa del 54%, a fronte di un ORR del 74%, con un tasso di risposta completa del 32%, nel braccio assegnato a ibrutinib in monoterapia. Inoltre, la mediana della durata della risposta è risultata rispettivamente di 42,1 mesi contro 27,6 mesi.

Il trattamento con la combinazione ha prodotto un miglioramento numerico anche dell’OS mediana rispetto al solo ibrutinib: 44,9 mesi contro 38,6 mesi (HR 0,85; IC al 95% 0,62-1,19; P = 0,3465).

Profilo di sicurezza e tollerabilità senza sorprese
Il profilo di sicurezza della combinazione è apparso gestibile e coerente con quello già noto di ciascuno dei due agenti presi singolarmente, senza l’emergere di problematiche nuove.

La maggior parte dei pazienti in entrambi i bracci ha manifestato effetti avversi di grado 3 o superiore (84% con la combinazione contro 76% con il solo ibrutinib) ed eventi avversi gravi (60% in entrambi i bracci). Gli eventi avversi che hanno richiesto l’interruzione del trattamento hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 31% contro 36%, quelli che hanno richiesto una riduzione della dose un’incidenza rispettivamente del 36% contro 22% e quelli che hanno causato il decesso del paziente un’incidenza rispettivamente del 16% contro 14%.

Gli eventi avversi di qualsiasi grado più frequenti nel braccio della combinazione sono stati diarrea (65%), neutropenia (34%), nausea (31%), affaticamento (29%), anemia (22%), piressia (21%), tosse ( 20%) e spasmi muscolari (8%); nel braccio placebo questi eventi avversi hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 34%, 14%, 17%, 27%, 12%, 20%, 27% e 24%.

Gli eventi avversi più comuni di grado 3 o superiore sono stati neutropenia (rispettivamente 31% contro 11%), polmonite (13% contro 11%), trombocitopenia (13% contro 8%), anemia (10% contro 3% ), diarrea (8% contro 2%), leucopenia (7% contro 0%), peggioramento del linfoma senza progressione della malattia (7% contro 12%), fibrillazione atriale (5% in entrambi i bracci), COVID-19 (5% contro 1%) e ipertensione (4% contro 9%).

La durata mediana dei trattamenti è stata di 22 mesi (range: 0,5-60,4) nel braccio della combinazione e 17,7 mesi (range: 0,1-58,9) nel braccio di controllo.

In conclusione
In conclusione, ha detto Wang, «questa combinazione ha mostrato un beneficio robusto in tutte le analisi di sensibilità. Il tasso di risposta completa e il tempo al trattamento successivo sono migliorati in modo significativo».

Inoltre, ha aggiunto l’autore, «l’aggiunta di venetoclax a ibrutinib presenta un profilo rischio-beneficio favorevole nei pazienti con linfoma a cellule del mantello recidivato o refrattario, per cui questa combinazione dovrebbe diventare una nuova terapia standard per il linfoma mantellare ricaduto/refrattario».

L’opinione dell’esperto
Brian Hill, della Cleveland Clinic, negli Stati Uniti, commentando i risultati ha sottolineato come la gestione dei pazienti con linfoma mantellare recidivato o refrattario sia stata storicamente impegnativa.  Nell’ultimo decennio, tuttavia, l’introduzione degli inibitori covalenti e non covalenti di BTK, nonché della terapia con cellule CAR-T dirette contro il CD19, ha migliorato drasticamente gli outcome in questi pazienti.

Lo studio SYMPATICO, secondo l’esperto, è il primo trial randomizzato a mostrare un vantaggio clinico dell’aggiunta di venetoclax al trattamento con inibitori di BTK nei pazienti con linfoma a cellule del mantello precedentemente trattati. Sebbene non sia stato riscontrato un vantaggio statisticamente significativo di OS, ha rimarcato Hill, è stata riscontrata una tendenza numerica in questo senso, che probabilmente renderà le combinazioni di venetoclax più l’inibitore di BTK un’opzione terapeutica interessante per questa popolazione di pazienti ad alto rischio.

Bibliografia
M. Wang, et al. Ibrutinib Combined with Venetoclax in Patients with Relapsed/Refractory Mantle Cell Lymphoma: Primary Analysis Results from the Randomized Phase 3 Sympatico Study. Blood (2023) 142 (Supplement 2): LBA-2; doi: 10.1182/blood-2023-191921. https://ashpublications.org/blood/article/142/Supplement%202/LBA-2/506515/Ibrutinib-Combined-with-Venetoclax-in-Patients?searchresult=1