All’Humanitas Cancer Center le cellule CAR-T per linfomi e mieloma


Due nuovi protocolli sperimentali con CAR-T attivi presso l’Humanitas Cancer Center per pazienti affetti da linfomi a grandi cellule B e da mieloma multiplo

Nuovo passo avanti nello sviluppo di cellule CAR-T per il trattamento dei tumori solidi: testate le CTX130 in pazienti con carcinoma renale a cellule chiare avanzato

Dopo aver donato nuove speranze a migliaia di pazienti in cui le altre opzioni terapeutiche hanno fallito, la terapia con cellule CAR-T si sta spostando progressivamente verso le prime linee di trattamento. È il caso di due nuovi protocolli sperimentali attivi presso l’Humanitas Cancer Center di Rozzano (Mi), uno per pazienti affetti da linfomi a grandi cellule B, tra le forme più aggressive di linfoma, e l’altro per pazienti affetti da mieloma multiplo; riguardo a quest’ultimo, il primo paziente italiano è in cura proprio nel Cancer Center di Humanitas, che dal 2019 è uno dei maggiori centri italiani accreditati per la somministrazione delle CAR-T e ha trattato ad oggi oltre 100 pazienti con questa immunoterapia cellulare.

«Si tratta di un importante passo avanti nella ricerca di terapie sempre più efficaci», ha affermato Armando Santoro, Direttore del Cancer Center di Humanitas. «Nel caso del mieloma multiplo, la terapia sperimentale con CAR-T anti-BMCA ha dato risultati incoraggianti negli studi con pazienti in stadio molto avanzato, ecco perché siamo speranzosi sul beneficio di un loro utilizzo più tempestivo. Nel caso del linfoma a grandi cellule B, il protocollo sperimentale potrebbe aprire la via a un percorso terapeutico esclusivamente immunoterapico, soprattutto per i pazienti più a rischio. Queste novità testimoniano il grande valore della ricerca: non c’è tumore del sangue che non abbia avuto un sostanziale miglioramento dalle nuove terapie. L’immunoterapia, dalle CAR-T agli anticorpi monoclonali fino all’ultima frontiera degli anticorpi bispecifici, ha avuto un impatto sostanziale».

Il protocollo per il mieloma multiplo
Il mieloma multiplo è un tumore generato dalla trasformazione tumorale delle cellule che derivano dai linfociti B e che hanno il compito di produrre gli anticorpi per combattere le infezioni. Nel corso dell’ultimo decennio la sopravvivenza dei pazienti affetti da mieloma multiplo è notevolmente migliorata grazie a nuove terapie, tra cui gli inibitori del proteasoma, gli anticorpi monoclonali e gli anticorpi bispecifici. Tuttavia, il mieloma multiplo rimane a oggi una malattia che non ha una cura definitiva.

Le cellule CAR-T attualmente in fase di sviluppo per il mieloma multiplo, che riconoscono l’antigene BCMA, hanno mostrato negli studi clinici buoni risultati nel trattamento della malattia recidivata o refrattaria.

«L’obiettivo del nuovo studio è capire se possiamo ottenere una maggiore efficacia utilizzandole nelle prime linee di trattamento», ha spiegato Stefania Bramanti, responsabile della Sezione di Trapianto Autologo, CAR-T e Aferesi di Humanitas Cancer Center. «Lo studio, chiamato KarMMa-9, valuterà in particolare l’efficacia delle CAR-T anti-BMCA in pazienti con una recente diagnosi di mieloma multiplo e in parziale remissione a seguito di un autotrapianto di midollo. Si tratta di un passaggio significativo, che dimostra l’avanzamento della ricerca e la possibilità per i pazienti con mieloma multiplo di avere effettivi benefici clinici a lungo termine».

Il protocollo per il linfoma ad alto rischio in prima linea
linfomi sono tumori del sangue che originano da una crescita incontrollata di alcune cellule del sistema immunitario – i linfociti o i loro precursori – che solitamente proteggono il nostro organismo dai tumori o da infezioni batteriche e virali. «Queste cellule fuori controllo si accumulano nei linfonodi o in altri organi dando origine ai linfomi, che possono essere di diversi tipi», ha spiegato Carmelo Carlo-Stella, responsabile Linfomi e Mieloma del Cancer Center di Humanitas. «La cura dei linfomi si basa oggi sulla combinazione tra chemioterapia, radioterapia, immunoterapia e, se necessario, il trapianto di cellule staminali, che è efficace, ma non per tutti i pazienti».

«Il linfoma non-Hodgkin aggressivo a grandi cellule B è già oggi trattabile in seconda linea con cellule CAR-T anti-CD19, approvate dall’Aifa», ha aggiunto Bramanti . In Humanitas è però disponibile anche un protocollo sperimentale (lo studio ZUMA-23) che valuterà l’efficacia di queste CAR-T direttamente come trattamento di prima linea, al posto della chemioterapia. Se i risultati lo confermeranno, questo approccio consentirà in futuro di immaginare una guarigione per questi linfomi con la sola immunoterapia».

Gli anticorpi bispecifici nella terapia del mieloma multiplo e dei linfomi refrattari
L’innovazione terapeutica nel trattamento dei tumori linfoidi refrattari – linfomi e mieloma multiplo – si è arricchita negli ultimi anni anche di una nuova classe di farmaci, gli anticorpi bispecifici, che attivano le cellule T contro le cellule di linfoma o di mieloma refrattario. La ricerca clinica dell’Ematologia di Humanitas Cancer Center ha contribuito negli ultimi anni allo sviluppo di vari anticorpi bispecifici, alcuni dei quali sono oggi approvati dall’Agenzia europea del farmaco per l’uso in pazienti con linfoma aggressivo a grandi cellule che hanno fallito almeno due linee di chemioterapia. «Da pochi mesi», ha segnalato Carlo-Stella «abbiamo attivato uno studio clinico che valuta nei pazienti con linfoma aggressivo a grandi cellule l’efficacia di un anticorpo bispecifico nella fase iniziale del trattamento».

Analizzare il DNA tumorale per prevedere l’evoluzione del linfoma
I ricercatori di Humanitas, supportati da Fondazione Humanitas per la Ricerca, insieme al gruppo del dottor Davide Rossi dello IOSI di Bellinzona, hanno avviato un progetto per applicare la biopsia liquida ai linfomi non-Hodgkin e al linfoma di Hodgkin.

«La biopsia liquida consente di analizzare il DNA tumorale che circola nel sangue dei pazienti e ottenere informazioni dettagliate», ha sèiegato Carlo-Stella. «Con l’analisi del DNA individuiamo le diverse classi di rischio di ogni persona con linfoma in base alle mutazioni presenti. Questo consente di predire l’andamento della malattia di ogni paziente, modificare la strategia terapeutica e misurare come cambia la malattia durante la chemioterapia. Questa tecnica di biopsia, inoltre, ha il vantaggio di non essere invasiva».

Big Data e medicina personalizzata per le malattie rare del sangue
Le leucemie sono tumori che originano dalle cellule staminali del midollo osseo che producono tutte le cellule del sangue (i globuli bianchi, i globuli rossi e le piastrine). La sfida della cura è resa complessa anche dal fatto che si tratta di patologie eterogene dal punto di vista biologico, cioè diverse da paziente a paziente. «Possiamo vincere questa sfida solo sviluppando approcci personalizzati», ha osservato Matteo Della Porta, responsabile Leucemie e Mielodisplasie di Humanitas Cancer Center. «Studiare in modo approfondito le caratteristiche genomiche della malattia nel singolo paziente e associare su questa base un approccio terapeutico mirato fa la differenza nel migliorare la sopravvivenza».

In questo contesto, Humanitas è stato il primo ospedale a dotarsi di un centro per lo studio della predisposizione genetica alle leucemie acute e croniche. L’identificazione di una mutazione ereditaria associata a predisposizione leucemica, per quanto rara, ha impatto sul percorso terapeutico del paziente.

Nelle persone di età più avanzata, la ricerca sulle terapie personalizzate condotta in Humanitas Cancer Center si concentra sulle sindromi mielodisplastiche, un gruppo eterogeneo di malattie delle cellule staminali che si manifesta con anemia (carenza di globuli rossi) e che possono evolvere in vere e proprie leucemie, e sulle leucemie mieloidi acute, che sono in costante aumento dopo i 60 anni di età. «Stiamo sviluppando degli algoritmi di intelligenza artificiale in collaborazione con l’AI Center di Humanitas e il Politecnico di Milano in grado di predire precocemente il rischio di evoluzione acuta della malattia e determinare il tempo ottimale per l’intervento terapeutico», ha concluso Della Porta.