Artrite psoriasica: ridotta progressione radiografica di malattia con guselkumab


Artrite psoriasica: un miglioramento più precoce dei sintomi articolari è risultato significativamente associato a tassi più bassi di progressione radiografica di malattia

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In pazienti con PsA attiva trattati con guselkumab, un miglioramento più precoce dei sintomi articolari è risultato significativamente associato a tassi più bassi di progressione radiografica di malattia a 2 anni.

Queste le conclusioni di un’analisi post-hoc dei dati dello studio DISCOVER-2 sull’impiego di guselkumab in pazienti con PsA, che suggerisce come il blocco del pathway dell’IL-23 potrebbe modificare il decorso della malattia a lungo termine e prevenire ulteriori danni articolari. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Clinical Rheumatology.

Razionale e obiettivi dello studio
IL-23 è una citochina regolatrice che modula lo sviluppo di popolazioni di cellule T produttrici di IL-17, tra cui, ad esempio, le cellule T helper (Th)-17, e le cellule linfoidi innate, principali responsabili dell’infiammazione nella cute e nella sinovia e, di conseguenza, del danno articolare nella PsA.

Guselkumab, come è noto, è un anticorpo monoclonale completamente umano che ha come bersaglio la subunità IL-23p19, approvato per il trattamento di adulti con PsA attiva sulla base dei risultati degli studi di fase 3 DISCOVER-1 e DISCOVER-2.

Nello specifico, il trattamento con guselkumab 100 mg, ogni 4 o 8 settimane (Q4W o Q8W), ha migliorato significativamente i segni e i sintomi della PsA fino alla 24a settimana, con miglioramenti duraturi fino a 1 anno in DISCOVER-1 e a 2 anni in DISCOVER-2. L’endpoint primario di DISCOVER-1 e 2, ovvero il raggiungimento della risposta ACR20 in una proporzione più elevata di pazienti sottoposti a trattamento con guselkumab rispetto al gruppo placebo, è stato raggiunto da percentuali significativamente maggiori di pazienti trattati con guselkumab Q4W e Q8W rispetto al placebo alla settimana 24.

Le percentuali di pazienti randomizzati a guselkumab che hanno raggiunto le risposte ACR20/50/70 sono state mantenute o sono addirittura aumentate ad 1 anno nello studio DISCOVER-1  e a 2 anni nello studio DISCOVER-2.
Il profilo di sicurezza di guselkumab è risultato simile a quello del placebo fino alla settimana 24 e i tassi di eventi avversi, compresi quelli che hanno portato all’interruzione del trattamento e alle infezioni gravi, sono rimasti bassi, senza nuovi problemi di sicurezza segnalati a 1 anno (DISCOVER-1) e a 2 anni (DISCOVER-2).

Già all’ottava settimana sono state osservate risposte solide relativamente a diversi indici compositi di malattia della PsA, tra cui il Disease Activity Index in PsA (DAPSA), in entrambi i gruppi di guselkumab, con percentuali simili di pazienti che sono stati sottoposti a trattamento con guselkumab Q4W e Q8W che hanno raggiunto bassi livelli di attività di malattia a 24 settimane. Nella maggior parte dei pazienti, i tassi di risposta sono stati mantenuti o aumentati a 1 anno.

Nello studio DISCOVER-2, condotto in pazienti naïve ai biologici con PsA attiva, guselkumab Q4W ha mostrato una progressione significativamente inferiore del danno strutturale alla 24a settimana rispetto al placebo, e sono stati documentati bassi tassi di progressione radiografica dopo 2 anni di trattamento con guselkumab, indipendentemente dal regime di dosaggio impiegato.

Inoltre, i pazienti trattati con guselkumab Q4W o Q8W e che hanno raggiunto risposte cliniche in diverse misure globali dell’attività della malattia della PsA o la normalizzazione della funzione fisica ad 1 o 2 anni di trattamento, hanno mostrato una minore progressione radiografica di malattia alla settimana 100 rispetto ai non responder. A sostegno di questi risultati, i livelli di biomarcatori infiammatori, tra cui la proteina C-reattiva (CRP), e di biomarcatori della degradazione del collagene nelle malattie con coinvolgimento muscolo-scheletrico, come il metabolita tissutale del collagene di tipo I (C1M), entrambi noti predittori di danno strutturale, sono stati significativamente soppressi a 24 settimane di trattamento con guselkumab, con riduzioni durature fino a 1 anno.

Data l’associazione documentata esistente tra l’infiammazione persistente e il danno articolare nella PsA, l’obiettivo di questa analisi post hoc è stato quello di determinare se un miglioramento clinico più precoce (entro la settimana 8) dell’attività di malattia articolare periferica è un grado di predire la progressione radiografica di malattia a 2 anni tra i pazienti naive ai farmaci biologici-con PsA attiva trattati con guselkumab.

Disegno dello studio e risultati principali
Per rispondere agli obiettivi sopra indicati, i ricercatori hanno condotto un’analisi post-hoc dei dati di DISCOVER-2, uno studio multicentrico di fase 3, in doppio cieco, controllato con placebo. I pazienti erano idonei se di età pari o superiore a 18 anni, se avevano una PsA attiva e se presentavano una storia recente o pregressa di psoriasi. Inoltre, i pazienti inclusi dovevano essere cattivi “responder” o intolleranti al trattamento con FANS o DMARDcs ed essere naive ai farmaci biologici o agli inibitori di Jak chinasi.

I pazienti reclutati nel trial erano stati randomizzati, secondo uno schema 1:1:1, a trattamento con:
– 100 mg di guselkumab ogni 4 settimane;
– 100 mg di guselkumab la stessa dose alle settimane 0 e 4, e successivamente ogni 8 settimane
– placebo con crossover alla settimana 24 a guselkumab 100 mg ogni 4 settimane

I ricercatori hanno effettuato radiografie delle mani e dei piedi al basale e alle settimane 24, 52 e 100. Le radiografie sono state valutate da due specialisti indipendenti e, ove necessario, da un terzo specialista in assenza di consenso.

La valutazione della malattia alla settimana 8 si è basata sul’indice DAPSA (Disease Activity Index in PsA). L’analisi ha incluso 739 pazienti.

Complessivamente, l’età al basale, la durata della malattia, i livelli di proteina C-reattiva e il numero di articolazioni tumefatte correlavano “debolmente” con i punteggi PsA modificati van der Heijde-Sharp (vdH-S) al basale.
I pazienti che presentavano livelli elevati di proteina C-reattiva e punteggi elevati vdH-S al basale si caratterizzavano per una maggiore progressione radiografica a 100 settimane (P < 0,0001).
Da ultimo, è emerso che un miglioramento di entità maggiore dell’indice DAPSA alla settimana 8 nei pazienti trattati con guselkumab si legava ad una progressione radiografica meno grave di malattia a 100 settimane (P=0,0096).

Riassumendo
Nel complesso, “…in questa analisi post hoc dei dati dello studio di fase 3 DISCOVER-2 su pazienti naïve ai biologici trattati con guselkumab e affetti da PsA attiva, un miglioramento precoce (all’ottava settimana) dell’indice DAPSA è risultato essere un predittore significativo di una minore progressione radiografica di malattia a 2 anni”, scrivono i ricercatori nelle conclusioni del lavoro. “Pertanto, il controllo precoce e duraturo dell’attività di malattia articolare con guselkumab potrebbe modificare la traiettoria complessiva della PsA a lungo termine verso un decorso meno grave”.

Bibliografia
Mease PJ et al. Earlier clinical response predicts low rates of radiographic progression in biologic-naïve patients with active psoriatic arthritis receiving guselkumab treatment. Clin Rheumatol (2023).
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