Chi è Jorit, il discusso street artisti della foto con Putin


Chi è Jorit, nome d’arte di Ciro Cerullo, da Quarto (Napoli). Lo street artist filo-russo che vuole dimostrare agli italiani quanto è umano il dittatore

jorit putin

Si è fatto un selfie con Putin. Sorridenti, entrambi. Avendo lui, Jorit, una perversione artistica per i volti, lo direbbe “autoritratto”. Con i due graffi rossi sulle guance, una firma ispirata dal rito africano della scarificazione, da aggiungere magari un giorno su una facciata d’un palazzo di periferia. In postproduzione, su un logoro cemento armato. Lo Jorit di Jorit, ci siamo quasi. Eccolo, Ciro Cerullo da Quarto, Napoli (a Quarto c’è pure una piccola società di calcio che si chiama Quartograd, fili russi stesi qua e là) di nuovo sulle prime pagine del mondo. Lo street artist così alternativo da aver fatto tutto il giro per tornare alla casella del via, abbracciato al dittatore che da due anni bombarda l’Ucraina. “Voglio dimostrare agli italiani che anche tu sei un essere umano”, gli dice. “Certo, basta che non mi dia un pizzicotto per sincerarti che sono una persona reale”, gli risponde l’altro. A Napoli, in questi casi, si dice “o’ fridd ncuoll“: brividi, il disagio. Manca a Jorit l’ardire di darglielo davvero un pizzicotto, a Putin, e vedere l’effetto che fa.

Un bel po’ degli affacci napoletani – sempre facce, tante facce – si riflettono sulle sue gigantografie condominiali. La città ne ospita la mostra permanente, prima che la fama internazionale gli permettesse d’esportarsi, lui e le sue pose da artista “coraggioso e un po’ ribelle”. Uno Jorit per quartiere, centro-bene escluso. Un’inflazione. C’è un suo famosissimo Maradona a San Giovanni a Teduccio come uno Jurij Gagarin ad Odincovo. In mezzo, oltre all’Europa geografica, un campionario fisiognomico molto coerente di personaggi diversissimi, a volte antitetici. Dal primo, “Ael. Tutt’egual song ’e criature”, una bambina che apre il percorso del Parco dei Murales a Ponticelli, a quella provocatoriamente russa di Mariupol copiata (“liberamente ispirata”) ad un soggetto della fotografa australiana Hellen Whittle. Passando per il campione di Instagram, il San Gennaro di Forcella, ma anche Ahed Tamimi, la bambina palestinese diventata famosa per un video in cui si ribellava all’esercito israeliano, a Betlemme. Al Rione Alto di Napoli c’è un Liceo, il Vittorini, che si mostra alla strada con quattro piani del suo ritratto di Mario Paciolla, giovane cooperante nato in zona morto in Colombia in circostanze misteriose. Ad ogni puntata dello Jorit-show – un viaggio massmediatico verso la canonizzazione putinista del “Banksy italiano” (sic!) – quello come decine d’altri graffiti diventa una reliquia o una dannazione. E un monito allo schieramento. Effetti secondari della sua polarizzazione – cercata, voluta, e infine ottenuta a 34 anni, di sponda sulla ridondanza social.

Il selfie – pardòn, l’autoritratto – con Putin è sì simbolico, ma meno corrosivo del lancio pre-figuraccia della bambina di Mariupol, quando scrisse a margine “ci hanno mentito anche sul Donbass. Qui non c’è nessuno da liberare, i bambini del Donbass sono stati sotto le bombe per 8 anni e in quel caso nessuno ha mosso un dito”.

MADRE RUSSIA E PAPA’ PUTIN, UN AMORE DA LONTANO

E’ un amore che viene da lontano, quello con madre Russia e papà Putin. Nell’aprile del 2022, mentre in Italia ci balocchiamo sulla decisione dell’Università Bicocca di Milano di sospendere un corso su Dostoevskij e la Russia in piena invasione dell’Ucraina, a Napoli lui risponde dalla facciata dell’Istituto Righi di Fuorigrotta: dipinge lo scrittore e in un occhio ci lascia una bandiera del Donbass. “Penso che molti abbiano visto – dice Putin in un suo discorso alla nazione – come a Napoli un artista abbia dipinto sul muro di un palazzo il ritratto dello scrittore russo Fedor Dostoevskij, ormai cancellato in Occidente. Dà ancora speranza, attraverso la simpatia reciproca delle persone, attraverso una cultura che collega e unisce tutti noi, la verità sicuramente si farà strada”.

È la scintilla, Jorit ringrazia e rilancia: “Assurdo, Putin parla del murale di Dostoevskij a Napoli! È mai possibile che sono riuscito a fare più io, semplice cittadino, per la pace con un murale che il nostro governo? Mi sorge il dubbio, ma se Putin si apre all’Occidente con un semplice murale, cosa farebbe in caso di proposte di cessate il fuoco serie?”. Finisce sul New York Times, in saturazione mediatica. La stessa da rinfocolare appena si può.

Papà napoletano e madre olandese, si fa cittadino del mondo a dispetto d’una parte. Dice che i volti, le facce, sono la sua misura della società, “perché nessuno davanti ad un volto può provare odio”. Per quanto l’eccezione alla sua regola è proprio lì di fianco, su tutte le prime pagine dei giornali italiani: chissà cosa provano in Ucraina, guardando il volto di Putin.

FONTE: Agenzia di stampa Dire (www.dire.it).