Cancro al polmone non a piccole cellule: bene dostarlimab più chemio


Carcinoma polmonare non a piccole cellule: dostarlimab in combinazione con la chemioterapia produce un tasso di risposta obiettiva (ORR) più elevato

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Il trattamento con dostarlimab in combinazione con la chemioterapia produce un tasso di risposta obiettiva (ORR) più elevato e determina un miglioramento numerico della sopravvivenza globale (OS) rispetto a pembrolizumab più la chemioterapia in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule avanzato non squamoso, naïve al trattamento. Queste le conclusioni di un’analisi aggiornata e pre-pianificata dei dati di OS dello studio di fase 2 PERLA (NCT04581824), analisi presentata al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), a Madrid.

«I risultati di questa analisi sono coerenti con l’ipotesi dello studio, secondo cui dostarlimab e pembrolizumab hanno un’efficacia simile», ha dichiarato Solange Peters, Professore ordinario di Oncologia Medica e direttore del programma sulle neoplasie toraciche del Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale Universitario di Losanna, nonché past-president dell’ESMO, durante la presentazione dei dati al congresso. «Questi risultati giustificano la conduzione di studi ulteriori su dostarlimab come backbone terapeutico in combinazione con i trattamenti standard e con future nuove terapie antitumorali nei pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule», ha aggiunto l’autrice.

Il checkpoint PD-1/PD-L1
Il sistema PD-1/PD-L1 rappresenta un checkpoint immunitario. PD-L1 è una molecola espressa sulla superficie di alcune cellule tumorali ed è ligando del recettore PD-1, espresso sulla superficie delle cellule del sistema immunitario. Il legame fra le due proteine fa sì che le cellule tumorali non vengano più riconosciute come estranee e quindi non vengano più attaccate dalle cellule del sistema immunitario.

È noto che l’inibizione del checkpoint PD-1/PD-L1 migliora i risultati nei pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule metastatico con istologia non squamosa, sia come agente singolo sia in associazione con la chemioterapia, rispetto alla sola chemioterapia.

La Peters ha spiegato che dostarlimab si lega a PD-1 in siti di legame distinti, con orientamento dei legami diverso, rispetto a quelli di altri inibitori di PD-1, quali, per esempio pembrolizumab.

Dostarlimab già approvato per il tumore dell’endometrio
Dostarlimab è stato approvato con procedura accelerata la prima volta dalla Food and drug administration nel mese di agosto del 2021 come trattamento per pazienti adulti con tumori solidi in stadio avanzato o recidivanti che presentano un deficit del sistema di riparazione dei mismatch (dMMR) del DNA, progrediti con o dopo un precedente trattamento e privi di opzioni alternative soddisfacenti.

Successivamente, dostarlimab è stato approvato nell’Unione europea in monoterapia per il trattamento di pazienti adulte affette da carcinoma endometriale avanzato o ricorrente con deficit del sistema di riparazione dei mismatch (dMMR)/elevata instabilità dei microsatelliti (MSI-H), progredito durante o dopo un precedente trattamento con un regime a base di platino e dall’ottobre 2022 è disponibile anche in Italia e rimborsato dal Servizio sanitario nazionale per questa indicazione.

Tuttavia, il farmaco è in fase di sviluppo anche come trattamento per altri tipi di tumori solidi, fra cui, appunto, quello del polmone.

Lo studio PERLA
PERLA è uno studio di fase 2 randomizzato, in doppio cieco, è il primo studio globale di confronto testa a testa mai condotto fra due inibitori di PD-1 in questa popolazione e ha arruolato 243 pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule non squamoso, metastatico, confermato istologicamente o citologicamente, senza mutazioni oncogeniche driver bersaglio note.
Per essere inclusi nello studio, i pazienti dovevano avere uno stato di PD-L1 documentato, un performance status ECOG pari a 0 o a 1 e una funzionalità d’organo accettabile. Costituiva motivo di esclusione dal trial l’essere stati sottoposti in precedenza a un trattamento sistemico per la malattia metastatica.
I partecipanti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con dostarlimab 500 mg più la chemioterapia ogni 3 settimane oppure 200 mg di pembrolizumab più la chemioterapia ogni 3 settimane.

Il trattamento chemioterapico si basava sull’impiego di pemetrexed 500 mg/m2 ogni 3 settimane per un massimo di 35 cicli e di carboplatino con area sotto la curva (AUC) pari a 5 mg/ml/min o sull’impiego di cisplatino 75 mg/m2 ogni 3 settimane per un massimo di 4 cicli. Il trattamento è proseguito fino al riscontro di una progressione della malattia, una tossicità intollerabile, un evento letale e comunque per un massimo di 35 cicli.

I fattori chiave di stratificazione includevano l’espressione di PD-L1 (Tumor Proportion Score [TPS] <1% vs 1% – 49% vs ≥50%) e l’abitudine al fumo (non fumatore vs ex fumatore/fumatore).

L’endpoint primario del trial era rappresentato dall’ORR, valutato mediante revisione centralizzata da parte di revisori indipendenti in cieco (BICR) secondo i criteri RECIST v1.1, mentre gli endpoint secondari includevano l’OS, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) secondo i criteri RECIST v1.1 e la valutazione dello sperimentatore, nonché la sicurezza. Un endpoint esplorativo di interesse era rappresentato, invece, dalla durata della risposta valutata mediante BICR e secondo i criteri RECIST v1.1.

Caratteristiche cliniche dei pazienti al basale non bilanciate tra i gruppi in studio
Commentando i dati demografici e le caratteristiche cliniche dei pazienti al basale, la Peters ha sottolineato alcune differenze tra i due bracci dello studio, a favore di quello trattato con pembrolizumab più la chemioterapia. Infatti, ha osservato l’autrice, nel braccio trattato con dostarlimab più la chemioterapia c’era un numero maggiore di pazienti di sesso maschile, con metastasi cerebrali ed epatiche e con un performance status ECOG pari a 1. A favore del braccio dostarlimab più chemioterapia, invece, vi era un numero inferiore di pazienti di età superiore a 60 anni.

I due bracci erano ben bilanciati per quanto riguarda l’espressione di PD-L1, ma più del 40% dei pazienti era negativo per PD-L1, un dato superiore all’atteso sulla base di tutti i dati disponibili e dei recenti studi clinici.

Alla data di chiusura dei dati, il 7 luglio 2023, il 48% dei pazienti del braccio dostarlimab era ancora in trattamento, contro il 34% di quelli del braccio pembrolizumab. Degno di nota, ha osservato l’autrice, anche il fatto che il numero di pazienti deceduti per qualsiasi motivo sia risultato inferiore nel braccio assegnato a dostarlimab più la chemioterapia: 49% contro 61% nel braccio di confronto.

Inoltre, i pazienti nel braccio dostarlimab erano stati sottoposti ad una mediana di 13 cicli di trattamento (range, 1-35) contro 7,5 cicli (range, 1-35) nel braccio pembrolizumab, mentre la durata mediana dell’esposizione è risultata rispettivamente di 9 mesi (range: 0,3-26,8) e 6 mesi (range: 0,2-25,3).

Tasso di risposte e PFS numericamente superiori con dostarlimab
In base ai dati dell’analisi primaria, la combinazione di dostarlimab più la chemioterapia ha mostrato un trend numericamente migliore relativamente all’ORR e alla PFS rispetto a pembrolizumab più la chemioterapia. Infatti, l’ORR è risultato rispettivamente del 46% (IC al 95% 37,2%-55,6%) contro 37% (IC al 95%  28,3%-46,1%).

Inoltre, le analisi di sottogruppo hanno documentato ORR simili nei sottogruppi per entrambe le combinazioni, con risposte numericamente favorevoli alla combinazione con dostarlimab nella maggior parte di essi.
Al congresso di Madrid, la Peters ha presentato anche risultati relativi all’analisi pre-pianificata aggiornata dell’OS.

Risultati aggiornati di OS e ORR
Con un follow-up mediano di 20,7 mesi (IC al 95% 19,3-22,3) nel braccio dostarlimab (121 pazienti) e di 21,6 mesi (IC al 95% 19,6-23,1) nel braccio pembrolizumab (122 pazienti), e una maturità dei dati di OS del 55,1% (134 pazienti su 243), l’OS mediana è risultata pari, rispettivamente, a 19,4 mesi (IC al 95% 14,5-non raggiunto [NR]) contro 15,9 mesi (IC al 95% 11,6-19,3) (HR 0,75; IC al 95% 0,53-1,05).

Inoltre, nell’ultima analisi l’ORR è risultato rispettivamente del 45% (IC al 95% 36,4%-54,8%) contro 39% (IC al 95% 30,6%-48,6%), con una differenza del 6,04% (IC al 95% da -6,17% a 18,24%) fra i due bracci.

Nel braccio dostarlimab il tasso di risposta completa è risultato del 3%, quello di risposta parziale del 42% e quello di stabilizzazione della malattia del 40%, mentre nel braccio pembrolizumab i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 5%, 34% e 39%. In ciascun braccio 12 pazienti sono andati incontro a una progressione della malattia.

Analisi della OS in base allo grado di espressione di PD-L1
La Peters e i colleghi hanno anche analizzato l’OS in funzione del grado di espressione di PD-L1, evidenziando una differenza numerica di OS a favore di dostarlimab rispetto a pembrolizumab in tutti i sottogruppi esaminati.
Nello specifico, nel sottogruppo con un TPS di PD-L1 pari almeno all’1% l’OS mediana è risultata rispettivamente di 18 mesi (IC al 95% 12,7-NR) contro 15,9 mesi (IC al 95% 7,8-NR), nel sottogruppo con un TPS di PD-L1 compreso tra l’1% e il 49% rispettivamente di 17,6 mesi (IC al 95% 10,5-NR) contro 14,5 mesi (IC al 95% 6,5-NR) e nel sottogruppo con un TPS di PD-L1 pari o superiore al 50% rispettivamente di 19,4 mesi (IC al 95% 9,9-NR) contro 17,6 mesi (IC al 95% 6,2-22,2).

Nel sottogruppo con un TPS di PD-L1 inferiore all’1%, la OS mediana è risultata rispettivamente di 20,8 mesi (IC al 95% 11,4-NR) e 16,1 mesi (IC al 95% 11,6-20,1). «Nei pazienti PD-L1 negativi», ha commentato l’autrice. «le curve di Kaplan-Meier si incrociano più di una volta, rendendo difficile valutare la differenza. Tuttavia, i farmaci sembrano equivalenti e, semmai, la mediana di OS è ancora numericamente superiore per dostarlimab più la chemioterapia rispetto a pembrolizumab più la chemioterapia».

Profilo di sicurezza simile
La percentuale di pazienti che hanno manifestato effetti avversi, compresi quelli di grado 3 o superiore, è risultata simile nei due bracci di trattamento.
Il 98% dei pazienti trattati con dostarlimab e il 98% di quelli a cui è stato somministrato pembrolizumab hanno manifestato effetti indesiderati di qualsiasi grado; rispettivamente il 71% e il 57% dei pazienti ha presentato effetti indesiderati correlati all’immunoterapia, mentre il 64% dei pazienti di entrambi i bracci di trattamento ha manifestato effetti indesiderati di grado 3 o superiore. Gli effetti avversi immuno-correlati più comuni, manifestatisi in almeno il 10% dei pazienti di entrambi i bracci, sono risultati l’anemia, l’astenia e il rash.

La percentuale di pazienti in cui si sono manifestati effetti avversi che hanno portato all’interruzione del trattamento è risultata inferiore nel braccio dostarlimab rispetto al braccio pembrolizumab, ed è risultata rispettivamente del 29% contro 38%; la stessa cosa si è osservata anche per quanto riguarda gli effetti avversi immuno-correlati che hanno richiesto l’interruzione del trattamento: 17% contro 24%.

L’incidenza degli effetti avversi immuno-correlati è risultata rispettivamente del 31% e 39%. Tossicità gravi sono state osservate rispettivamente nel 41% dei pazienti contro 48%, ed effetti avversi gravi immuno-correlati si sono verificati rispettivamente nel 12% e 14% dei pazienti.

Il 12% dei pazienti nel braccio dostarlimab è andato incontro a un evento avverso fatale contro il 10% dei pazienti del braccio pembrolizumab ed effetti avversi fatali immuno-correlati si sono verificati nel 2% dei pazienti in entrambi i bracci.

Il commento dell’esperta
Secondo Noemi Reguart, del Policlinico Universitario di Barcellona, i dati «confermano l’efficacia di dostarlimab più la chemioterapia nel carcinoma polmonare non a piccole cellule non squamoso e sono, nel complesso, paragonabili a quelli di altri studi di riferimento».

L’esperta ha osservato che i risultati ottenuti nei sottogruppi di pazienti e i trend numerici di miglioramento dell’efficacia vanno comunque considerati con cautela, dato che PERLA è comunque uno studio di fase 2, per quanto randomizzato, con un’interpretazione limitata dei sottogruppi.

La Reguart ha comunque convenuto sul fatto che i risultati dello studio giustificano la valutazione di dostarlimab all’interno di nuove combinazioni farmacologiche, segnalando che è in fase di reclutamento lo studio di fase 2 GALAXIES LUNG-201 (NCT05565378), nel quale si esamineranno la sicurezza, l’efficacia, la farmacocinetica e la farmacodinamica di nuove combinazioni di farmaci immunoterapici rispetto a farmaci immunoterapici in monoterapia in pazienti con carcinoma polmonare non a piccole cellule con espressione elevata di PD-L1-, precedentemente non trattato, non resecabile, localmente avanzato o metastatico, e dostarlimab è uno dei farmaci che saranno valutati nello studio in questione.

Bibliografia
S. Peters, et al. Overall survival from a phase II randomised double-blind trial (PERLA) of dostarlimab (dostar) + chemotherapy (CT) vs pembrolizumab (pembro) + CT in metastatic non-squamous NSCLC. Ann Oncol. 2023;34(suppl 2): LBA64.
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