Legge sulla beneficenza indigesta alle associazioni dei consumatori


Il governo vara la legge sulla beneficenza ma le associazioni dei consumatori non ci stanno: sanzioni troppo blande per gli influencer  che sgarrano

influencer beneficenza

L’estensione delle norme sulla beneficenza anche agli influencer non basta a tutelare adeguatamente i cittadini, e le sanzioni appaiono decisamente troppo blande, soprattutto se rapportate ai guadagni milionari di tali soggetti.

“Se da un lato è corretto applicare le norme sulla trasparenza anche agli influencer, dall’altro è evidente che per tali soggetti è impossibile realizzare una separazione netta tra attività benefiche e attività commerciali – spiega il presidente Carlo Rienzi – Gli influencer, infatti, si arricchiscono lanciando operazioni di solidarietà sui social, attraverso un incremento di follower e interazioni che fa crescere il loro potere commerciale e, di conseguenza, i loro guadagni”.

“Va poi considerato che un influencer percepisce fino a 75mila euro per ogni singolo post che pubblica: questo significa che un sanzione massima da 50mila euro, così come prevede la nuova legge, è assolutamente inadeguata a garantire correttezza verso i consumatori, e sarebbe stato meglio adottare misure più incisive e limiti più stringenti nei confronti di chi opera sui social network”  – conclude Rienzi.

Protesta anche l’UNC

“Ci riserviamo un giudizio finale una volta letto il testo, ma al momento permane il nostro parere negativo, anzi pessimo, sul disegno di legge sulla beneficenza che rischia di essere un passo indietro rispetto alla vigente normativa. Le multe continuano a essere insignificanti, ridicole e soprattutto infinitamente inferiori a quelle che l’Antitrust può comminare oggi per pratica scorretta e che possono arrivare fino a 10 milioni” afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori,

“Se nel testo si fa riferimento anche al Codice del Consumo, si tratta di un passo avanti rispetto alla prima bozza, un miglioramento che però sarebbe del tutto vanificato se l’Antitrust avesse il limite di poter intervenire per la sua violazione solo in caso di reiterata inottemperanza. Insomma, a titolo di esempio, nel caso della Ferragni se la norma fosse stata già vigente, la multa sarebbe stata di 50 mila euro invece che di 1 milione. Un passo da gambero!” conclude Dona.