Mielofibrosi: benefici dall’aggiunta di pelabresib a ruxolitinib


Mielofibrosi: secondo nuovi studi, l’aggiunta di pelabresib a ruxolitinib riduce splenomegalia e sintomi nei pazienti naïve ai JAK-inibitori

Mielofibrosi: secondo nuovi studi l'aggiunta di navitoclax a ruxolitinib migliora la fibrosi del midollo osseo

L’aggiunta del farmaco sperimentale pelabresib (CPI-0610) al JAK-inibitore ruxolitinib ha dimostrato di migliorare in modo significativo la percentuale di pazienti che ottengono una risposta splenica (una riduzione pari o superiore al 35% del volume della milza, SVR35) e ha mostrato una tendeza a ridurre il valore medio assoluto del punteggio totale dei sintomi (TSS), oltre a migliorare il tasso di riduzione del 50% del TSS (TSS50) a 24 settimane nei pazienti con mielofibrosi naïve agli inibitori JAK. Sono questi i risultati principali dello studio di fase 3 MANIFEST-2 (NCT04603495), presentati durante il congresso annuale dell’American Society of Hematology (ASH), a San Diego.

A un follow-up mediano di 45,4 settimane, nella popolazione Intention-To-Treat (ITT) i pazienti che hanno ottenuto una SVR35 alla settimana 24 sono stati il 65,9% nel gruppo trattato con la combinazione di pelabresib e ruxolitinib contro il 35,2% nel gruppo trattato con il solo ruxolitinib (IC al 95% 21,6-39,3; P < 0,001).

Inoltre, la variazione percentuale media del volume della milza alla settimana 24 è risultata pari a -50,6% (IC al 95%, da -53,2% a -48%) nel gruppo trattato con pelabresib e -30,6% (IC 95%, da -33,7% a -27,5%) nel gruppo di controllo.

«Nei pazienti trattati con la combinazione si sono osservati meno casi di anemia, un tasso più elevato di risposta dell’emoglobina e meno pazienti con necessità di trasfusioni», ha detto l’autore principale dello studio, Raajit Rampal, del Leukemia Service del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York. «Pelabresib in combinazione con ruxolitinib ha mostrato di produrre anche una riduzione delle citochine proinfiammatorie e un miglioramento della fibrosi del midollo osseo e dell’anemia. Pertanto, riteniamo che questi risultati supportino un potenziale cambio di paradigma nel trattamento dei pazienti affetti da mielofibrosi», ha aggiunto.

Pelabresib
Gli inibitori di JAK rappresentano l’attuale standard di cura per i pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio e alto. Tuttavia, esiste un bisogno ancora non  soddisfatto di migliorare la profondità e la durata delle risposte alla terapia, così come la sua tollerabilità.

Pelabresib una piccola molecola ed è un inibitore sperimentale di BET orale, che può anche ridurre l’espressione genica mediata da BET, coinvolta nella patogenesi della mielofibrosi.

Rampal ha spiegato che dati preclinici hanno evidenziato il potenziale della combinazione di questo agente con farmaci che colpiscono pathway sovrapposti con quello di BET, come quelli di JAK/STAT. Inoltre, sulla base dei dati convincenti dello studio di fase 2 MANIFEST, ancora in corso, Rampal e i colleghi hanno avviato lo studio MANIFEST-2.

Lo studio MANIFEST-2
MANIFEST-2 (NCT04603495) è un trial multicentrico internazionale, randomizzato, controllato e in doppio cieco, in cui si stanno valutando efficacia e sicurezza di pelabresib in combinazione con ruxolitinib in 430 pazienti affetti da mielofibrosi naïve ai JAK-inibitori.

Per essere idonei all’arruolamento, oltre a non essere stati esposti in precedenza a un JAK-inibitore, i pazienti dovevano avere una mielofibrosi primaria o post-policitemia vera/trombocitopenia essenziale. Inoltre, dovevano inoltre avere un punteggio del Dynamic International Prognostic Scoring System (DIPSS) intermedio-1 o superiore, una splenomegalia di almeno 450 cm3 e un TSS pari o superiore a 10 (e ≥3 per due sintomi).

I pazienti sono stati assegnati secondo un rapporto 1:1 al trattamento con pelabresib alla dose di 125 mg al giorno nei giorni da 1 a 14 più ruxolitinib alla dose iniziale di 10 mg o 15 mg due volte al giorno nei giorni da 1 a 21 oppure un placebo più ruxolitinib in cicli di 21 giorni.

I fattori di stratificazione includevano la categoria di rischio DIPSS (intermedio-1 vs intermedio-2 vs alto), la conta piastrinica (>200 x 109/l vs 100-200 x 109/l) e il volume della milza (≥1800 cm3 vs <1800 cm3).

L’endpoint primario era la SVR35 alla settimana 24, mentre erano endpoint secondari chiave la variazione assoluta del TSS rispetto al basale alla settimana 24, il TSS50 alla settimana 24 e gli effetti avversi gravi e di qualsiasi grado.

La data di chiusura dei dati era il 31 agosto 2023. Complessivamente il 27,1% dei pazienti trattati con pelabresib più ruxolitinib e il 25% di quelli trattati con il solo ruxolitinib ha interrotto il trattamento, e i motivi dell’interruzione sono stati gli eventi avversi rispettivamente nel 10,7% contro 6,5% dei pazienti, la decisione del medico rispettivamente nel 4,2% contro 9,3%, la progressione della malattia nel 2,3% in entrambi i bracci, l’idoneità al trapianto nel 3,7% contro 4,2% e altri motivi nel 6% contro 2,8%. Al momento del cut-off dei dati era ancora in trattamento, in doppio cieco, rispettivamente il 72% e 74,1% dei pazienti.

La dose media giornaliera è risultata di 108 mg per pelabresib e 29,3 mg per ruxolitinib.

Le caratteristiche dei pazienti
Per quanto riguarda le caratteristiche basali, l’età mediana dei pazienti in entrambi i bracci era di 66 anni (range: 19-88) e più della metà era di sesso maschile (58,4%); inoltre, la maggior parte era di razza bianca (75,2%) e circa la metà (50,5%) aveva una mielofibrosi primaria.

Quasi il 60% (59,3%) aveva un punteggio del DIPSS intermedio-1, il 34,7% un punteggio intermedio-2 e il 6% un punteggio di alto rischio. La mediana del livello di emoglobina era pari a 11 g/dl (5,8-18,0) e il 34% dei pazienti aveva un livello di emoglobina pari o inferiore a 10 g/dl. Inoltre, la mediana della conta piastrinica era pari a 286 x 109/l (da 66 x 109/l a 1303 x 109/l) e il 72,4% dei pazienti aveva una conta piastrinica superiore a 200 x 109/l. I pazienti che al basale necessitavano di trasfusioni di globuli rossi erano il 16% nel braccio assegnato alla combinazione con pelabresib contro il 12% nel braccio di controllo. Inoltre, il volume mediano della milza era pari rispettivamente a 1308,89 cm3 (range: 200,24-7117,03) e 1382,97 cm3 (range: 277,87-5540,45), e il TSS mediano era pari rispettivamente a 26,6 (range: 7,3-66,4) e 24,7 (range: 9,0-68,4).

Miglioramento dei sintomi con pelabresib più ruxolitinib
Per quanto riguarda la variazione rispetto al basale del TSS assoluto alla settimana 24 si sono osservati miglioramenti in entrambi i bracci e il miglioramento è stato maggiore nel braccio trattato con la combinazione (-15,99 contro -14,05), ma la differenza non ha raggiunto significatività statistica (IC al 95% da -3,92 a 0,04; P = 0,0545).

Anche la percentuale di pazienti che ha raggiunto l’obiettivo del TSS50 a 24 settimane è risultata più elevata nel braccio trattato con pelabresib e ruxolitinib (52,3% contro 46,3%), ma, di nuovo, la differenza fra i due bracci non è risultata statisticamente significativa (IC al 95% da -3,5 a 15,5; P = 0,0216).

Inoltre, nel braccio sperimentale la percentuale di pazienti che hanno raggiunto sia la SVR35 sia il TSS50 a 24 settimane è risultata più che doppia nel gruppo trattato con pelabresib più ruxolitinib (40,2% contro 18,5%).

Miglioramenti con pelabresib/ruxolitinib coerenti in tutti i sottogruppi
La percentuale di pazienti che hanno raggiunto una SVR35 alla settimana 24 è risultata costantemente più elevata con la combinazione pelabresib/ruxolitinib rispetto al solo ruxolitinib in tutti i sottogruppi predefiniti, fra cui quelli con rischio DIPSS intermedio 1 (72,7% contro 37,8%), con rischio intermedio 2 (54,7% contro 33,8%), con alto rischio (63,6% contro 20%), con mielofibrosi primaria (65,4% contro 32,7%), con mielofibrosi post-policitemia vera (77,8% contro 41,5%), con mielofibrosi post-trombocitopenia essenziale (58,1% contro 34,0%), con volume della milza al basale ≥1800 cm3 (71,7% contro 32,2%) e con volume della milza al basale <1800 cm3 (64% contro 36,3%).

Inoltre, si è osservato un miglioramento simile per quanto riguarda il TSS con pelabresib più ruxolitinib rispetto a al solo ruxolitinib nella maggior parte dei sottogruppi. Le variazioni del TSS rispetto al basale sono risultate maggiori con la combinazione con pelabresib rispetto alla monoterapia con ruxolitinib nel sottogruppo con rischio intermedio 1 (15,44 contro 13,44) e anche in quelli con rischio intermedio 2 (17,53 contro 11,91), con rischio alto (12,50 contro 16,96), con mielofibrosi primaria (15,79 contro 12,99), con mielofibrosi post-policitemia vera (18,88 contro 15,68), con mielofibrosi post-trombocitopenia essenziale (13,98 contro 10,75) con volume della milza al basale ≥1800 cm3 (15,65 contro 16,13) e con volume della milza al basale <1800 cm3 (16,09 contro 12,13).

Risposta dell’emoglobina migliore con la combinazione
Per quanto riguarda la risposta dell’emoglobina, Rampal ha osservato che dopo circa 9 settimane dall’inizio del trattamento si è osservata una separazione nelle relative curve e nel braccio assegnato alla combinazione con pelabresib/ruxolitinib i pazienti che hanno mostrato un aumento medio di almeno 1,5 g/dl o superiore dell’emoglobina sono risultati il 9,3% (IC al 95%, 5,45%-13,25%) contro 5,6% (IC al 95%, 2,50%-8,61%) nel braccio trattato con il solo JAK-inibitore. Inoltre, i pazienti che hanno richiesto trasfusioni di globuli rossi durante le prime 24 settimane di terapia sono risultati meno numerosi nel braccio trattato con la combinazione: rispettivamente il 30,8% contro 41,2%.

I ricercatori, inoltre, hanno esplorato l’impatto del trattamento sulla fibrosi del midollo osseo e sulle citochine infiammatorie. La fibrosi reticolinica è peggiorata di un grado o più nel 16,3% dei pazienti trattati con pelabresib/ruxolitinib e nel 28,3% di quelli trattati con il solo ruxolitinib (OR 0,47; IC al 95%, 0,23-0,92); viceversa, è migliorata di almeno un grado rispettivamente nel 38,5% e nel 24,2% dei pazienti (OR 2,09; IC al 95%, 1,14-3,93). Entro la settimana 24 i livelli del fattore di trascrizione NFkB erano calati in media rispettivamente del 33,1% e del 19,1% rispetto al basale e quelli delle citochine infiammatorie IL-6, IL-8 e TNF alfa, rispettivamente del 35,5% contro 10,9%, 8,8% contro un aumento del 35,3% e 42,4% contro 23,6%.

Meno eventi di grado 3 o superiore con la combinazione
Il profilo di sicurezza della combinazione pelabresib/ruxolitinib è risultato coerente con quanto osservato in studi precedenti, ha riferito Rampal, e non si sono osservati nuovi segnali.

«Il profilo di sicurezza è risultato generalmente confrontabile con quello ben noto di ruxolitinib, con meno eventi di grado 3 o superiore», ha detto l’autore nelle sue conclusioni.

Eventi avversi emergenti dal trattamento di qualsiasi grado si sono verificati nel 96,7% dei pazienti trattati con pelabresib più ruxolitinib e nel 97,2% di quelli trattati con il solo ruxolitinib, mentre quelli di grado 3 hanno avuto un’incidenza rispettivamente del 49,1% e 57,5%. L’incidenza di eventi avversi gravi è risultata simile nei due bracci: rispettivamente 29,7% contro 29,4%.

Eventi avversi di qualsiasi grado verificatisi in almeno il 10% dei pazienti sono risultati l’anemia (rispettivamente 43,9% contro 55,6%), la trombocitopenia (32,1% contro 23,4%), la diminuzione della conta piastrinica (20,8% contro 15,9%), la diarrea (23,1% contro 18,7%), la disgeusia (18,4% contro 3,7% ), la stitichezza (18,4% contro 24,3%), la nausea (14,2% contro 15,0%), la tosse (12,7% contro 11,2%), l’astenia (11,8% contro 13,6%), l’affaticamento (11,8% contro 16,8%), le vertigini (11,3 % contro 8,3%), la cefalea (11,3% contro 10,7%), il COVID-19 (11,3% contro 15,9%) e la dispnea (0,5% contro 13,1%).

Gli eventi avversi emergenti dal trattamento di grado 3 o superiore riportati nel braccio trattato con la combinazione con pelabresib sono stati l’anemia (23,1%), la trombocitopenia (9%), la diminuzione della conta piastrinica (4,2%) e la diarrea, la disgeusia, la nausea, l’astenia, l’affaticamento, il mal di testa e la dispnea (0,5% ciascuno). Nel braccio di controllo gli eventi avversi emergenti dal trattamento di grado 3 o superiore sono risultati l’anemia (36,4%), la trombocitopenia (5,6%), il COVID-19 (1,9%), la diarrea (1,4%) e la diminuzione della conta piastrinica, l’affaticamento e la dispnea (0,9% ciascuno).

Bibliografia
Rampal R, Grosicki S, Chraniuk D, et al. Pelabresib in combination with ruxolitinib for Janus Kinase Inhibitor treatment-naïve patients with myelofibrosis: results of the MANIFEST-2 randomized, double-blind, phase 3 study. Blood. 2023;142(suppl 1):628; doi:10.1182/blood-2023-179141. Link