Dalle multinazionali del web arrivano spiccioli al nostro fisco


Secondo i calcoli della Cgia, le 25 principali multinazionali del web presenti in Italia hanno versato solo 162 milioni di imposte sul reddito al nostro Erario

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Nel 2022 le 25 principali Web company presenti in Italia hanno versato solo 162 milioni di imposte sul reddito al nostro Erario1. Non solo. Tra il 2014 e il 20222 queste 25 multinazionali presenti in Italia hanno eluso le Amministrazioni finanziarie dei paesi in cui esercitano l’attività per 99,7 miliardi di euro: di cui 49 tra il 2014 e il 20183 e 50,7 tra il 2019 e il 20224. A denunciarlo è l’Ufficio studi della CGIA che ha recuperato i dati riportati nei comunicati stampa pubblicati negli anni dall’Area Studi di Mediobanca.

Tutto questo è avvenuto grazie al fatto che una parte importante degli utili ante imposte realizzati da questi giganti digitali è stata “trasferita” nei Paesi a fiscalità agevolata, garantendo a questi grandi gruppi risparmi fiscali miliardari. Un comportamento alquanto discutibile che, teniamo a precisare, è imputabile alla condotta di sole 25 WebSoft presenti anche nel nostro Paese5. Fenomeno, quello dell’elusione praticata da questi big, che in Italia non siamo in grado di dimensionare, ma sappiamo certamente che presenta volumi importanti. Ovviamente è sempre sbagliato generalizzare, tuttavia se teniamo conto che in Italia il numero totale delle imprese controllate dalle multinazionali straniere è pari a 17.6416, è probabile che anche molte di queste ricorrano con una certa frequenza a questa pratica fiscale molto discutibile.

Va comunque sottolineato che, a differenza dell’evasione fiscale, l’elusione, in linea di massima, non è sanzionata penalmente dal nostro ordinamento giuridico, ma solo amministrativamente. Tuttavia, appare evidente che chi pianifica scientificamente queste operazioni di aggiramento degli obblighi fiscali, altro non fa che tenere una condotta eticamente riprovevole al pari di coloro che evadono.

  • Dal 2024 arriva la Global minimum tax

Il 19 dicembre scorso il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto di attuazione della delega che recepisce la Direttiva europea 2022/2523 in materia di imposizione minima globale. In altre parole, anche in Italia, a partire dal 2024 sarà operativa la Global minimum tax; quest’ultima avrà un’aliquota del 15 per cento che graverà sugli utili realizzati dalle multinazionali con fatturato annuo superiore a 750 milioni di euro. Nello specifico, la direttiva introduce due regole volte proprio a colpire tutte le fattispecie con cui le grandi holding riescono a “dribblare” i propri obblighi nei confronti del fisco nazionale:

  • l’imposta minima integrativa che devono pagare le imprese controllanti localizzate in Italia di gruppi multinazionali o nazionali in relazione alle imprese soggette ad una bassa imposizione, ovvero inferiore al 15 per cento, che fanno parte del gruppo;

  • l’imposta minima suppletiva: a versarla una o più imprese di un gruppo multinazionale localizzate in Italia in relazione alle imprese che fanno parte del gruppo soggette ad una bassa imposizione quando non è stata applicata, in tutto o in parte, l’imposta minima integrativa equivalente in altri Paesi.

  • Dal gettito solo briciole

Nonostante questo provvedimento abbia riscosso un grande consenso sia tra l’opinione pubblica che tra gli addetti ai lavori, gli effetti per le casse del nostro fisco rischiano di essere insignificanti. Secondo il dossier curato dal Servizio Bilancio dello Stato della Camera7, il gettito previsto dalla sola applicazione dell’aliquota del 15 per cento sulle multinazionali sarà irrilevante. Si stima che nel 2025 l’erario possa incassare 381,3 milioni di euro, nel 2026 il gettito dovrebbe salire a 427,9 e nel 2027 raggiungere i 432,5. Nel 2033, ultimo anno in cui nel documento si stimano le entrate, le stesse dovrebbero sfiorare i 500 milioni di euro.

  • Sulle imprese aliquota doppia a quella applicata alle multinazionali

Se, alle multinazionali con più di 750 milioni di fatturato annuo, dal 2024 verrà applicata sugli utili realizzati un’aliquota del 15 per cento, sulle imprese italiane, invece, grava un prelievo fiscale medio di almeno il 30 per cento8; praticamente il doppio. Sebbene negli ultimi anni ci sia stato un leggero calo della pressione fiscale, il prelievo sulle nostre realtà, soprattutto su quelle di piccolissima dimensione, rimane ancora eccessivo.

  • Solo le imprese valdostane e molisane pagano meno delle big tech

Ancorché il risultato della comparazione risenta di alcune fragilità presenti nella metodologia di calcolo adottata, solo le imprese presenti in Valle d’Aosta e in Basilicata pagano in termini assoluti meno tasse delle principali big tech ubicate nel nostro Paese. Un banalissimo caso di scuola riesce a dimostrare come il carico fiscale su questi giganti sia molto inferiore a quello in capo alle imprese italiane che, per oltre il 95 per cento del totale, hanno meno di 10 addetti. Pertanto, se nella regione più a Nordovest del Paese il gettito delle principali imposte pagate dalle aziende residenti in questo territorio è pari a 127 milioni di euro e in Molise a 1399, nel 2022 i giganti del WebSoft hanno prodotto 9,3 miliardi di fatturato e versato al fisco italiano 162 milioni di euro. Nulla a che vedere con quanto “contribuiscono” le imprese lombarde che, invece, pagano all’erario 121,6 volte in più di quanto versano questi 25 colossi digitali, quelle laziali 60 volte in più e quelle venete, invece, 36,7 volte in più (vedi Tab. 1).

Tab. 1 – Gettito principali imposte dirette versate

dalle imprese e dai lavoratori autonomi; confronto

con quanto versato di imposte dalle 25 WebSoft

Regione

Gettito

principali imposte
(milioni €)

Quanto pagano di imposte in più le imprese di ogni singola Regione rispetto

alle 25 WebSoft

Piemonte

4.419

+27,3

Valle d’Aosta

127

+0,8

Lombardia

19.860

+121,6

Liguria

1.315

+8,1

Prov. Aut. Trento

580

+3,6

Prov. Aut. Bolzano

825

+5,1

Veneto

5.939

+36,7

Friuli-Venezia Giulia

1.264

+7,8

Emilia-Romagna

5.936

+36,6

Toscana

3.844

+23,7

Umbria

682

+4,2

Marche

1.266

+7,8

Lazio

9.723

+60,0

Abruzzo

874

+5,4

Molise

139

+0,9

Campania

3.109

+19,2

Puglia

1.981

+12,2

Basilicata

257

+1,6

Calabria

691

+4,3

Sicilia

1.954

+12,1

Sardegna

725

+4,5

Non ripartibile

1

=

ITALIA

65.509

+ 404,3

Elaborazione Ufficio Studi CGIA su dati Ministero dell’Economia e delle Finanze

Nota: i dati si riferiscono al periodo di imposta 2020 (ultimi disponibili). Il gettito delle WebSoft, invece, è riferito al 2022 che ammontava a 162 milioni di euro. Il gettito esposto in tabella comprende le principali imposte dirette: IRPEF, IRAP, IRES, Imposta sostitutiva regime forfetario. Riguardo all’IRPEF si è proceduto a stimare la quota di gettito imputabile agli imprenditori individuali, ai collaboratori familiari e ai soci di società di persone.

1 Se si considera anche la Digital Service Tax, il totale delle imposte sale a 206 milioni di euro.

2 Ultimo anno in cui i dati sono disponibili.

3 R&S Mediobanca, I giganti del Websoft corrono veloci: crescono ricavi, utili e valore di Borsa. In Italia occupano quasi 10 mila persone, Milano, 27 novembre 2019.

4 Area Studi Mediobanca, Il ritorno dei giganti del Websoft, Milano, 14 dicembre 2023.

5 Mediobanca, “Software & Web companies (2019-2023)”, Milano, 14 dicembre 2023, ha monitorato i seguenti gruppi: Adobe, ADP, Alibaba, Alphabet, Amazon (10 società con sede in Italia), Booking, IBM, JD.com, Meta, Microsoft, Oracle, Otto, SAP, Salesforce, Uber e Vipshop.

6 Struttura e competitività delle imprese multinazionali – anno 2021, 16 novembre 2023.

7 Schema di decreto legislativo recante attuazione della riforma fiscale in materia di fiscalità internazionale, Atto del Governo n. 90, novembre 2023.

8 Ricordiamo che per le società di capitali l’aliquota media è del 27,9 per cento di cui 3,9 per cento è riconducibile all’Irap e il 24 per cento all’Ires.

9 Ultimo dato disponibile riferito al 2020.