Covid: inibitori di SGLT2 non comportano riduzione di mortalità


Covid: l”impiego di SGLT2, inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2, per quanto sicuro, non comporta una riduzione della mortalità per tutte le cause

sglt2 xbb testosterone ivermectina antivirali long covid-19 tixagevimab

L’impiego di inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGTL2i), per quanto sicuro, non comporta una riduzione della mortalità per tutte le cause a 28 giorni rispetto alle cure standard o al placebo in pazienti ricoverati con COVID-19. Queste le conclusioni di una metanalisi presentata nel corso di una sessione Hot Line del Congresso ESC.

Razionale d’impiego degli SGLTi nella malattia Covid-19 e disegno della metanalisi
I trattamenti mirati alla patobiologia della COVID-19, come le alterazioni a carico della risposta immunitaria, il danno endoteliale, la trombosi microvascolare e l’infiammazione, si sono dimostrati in grado di migliorare gli outcome principali in questo gruppo di pazienti, ricordano i ricercatori durante la presenza del lavoro al Congresso (2,3).

Gli inibitori di SGLT2, che modulano una patobiologia simile, sono notoriamente in grado di fornire protezione cardiovascolare e prevenire la progressione della malattia renale nei pazienti a rischio di questi eventi (ad es, con diabete di tipo 2, insufficienza cardiaca e malattie renali), e possono anche portare a protezione dal danno d’organo in presenza di di malattia acuta, come la COVID-19 (4).

Dalla letteratura è nota la pubblicazione dei risultati dello studio DARE-19, che ha dimostrato come l’inibitore SGLT2 dapagliflozin, pur essendo sicuro, non sia stato in grado di apportare benefici ai pazienti con COVID-19 che presentavano fattori di rischio cardiometabolico (cioè quelli a rischio di progressione verso la COVID-19 grave) (5-7). Il limite di questo studio era, però, che non aveva la potenza statistica sufficiente per discriminare alcuni outcome chiave come la mortalità totale (8).

Per rispondere, dunque, alla necessità di dati di efficacia più esaustivi, al fine di aggiornare le linee guida di pratica clinica, il gruppo di lavoro Rapid Evidence Appraisal for COVID-19 Therapies (REACT) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha condotto una meta-analisi prospettica, utilizzando i dati aggregati degli studi randomizzati e controllati che hanno valutato gli inibitori del SGLT2 in pazienti ricoverati con COVID-19.

La meta-analisi ha valutato gli effetti degli inibitori di SGLT2 rispetto alle cure standard o al placebo sulla mortalità per tutte le cause a 28 giorni (l’esito primario) e su altri endpoint di efficacia nei pazienti ricoverati con COVID-19.  L’outcome primario di sicurezza era la chetoacidosi a 28 giorni.

I trial da includere nella metanalis sono stati identificati attraverso ricerche sistematiche su clinicaltrials.gov, EudraCT e il registro ISRCTN tra novembre 2022 e gennaio 2023.  I dati di sintesi prespecificati sugli outcome, sia complessivi che organizzati per sottogruppi di interesse, sono stati forniti dagli sperimentatori di ciascuno degli studi coinvolti.

Risultati principali
La ricerca di letteratura ha portato ad identificare 3 studi idonei per la successiva metanalisi (DARE-19, RECOVERY e ACTIV-4A).  Complessivamente, questi studi hanno randomizzato 6.096 partecipanti (3.025 agli inibitori si SGLT2 e 3.071 alle terapie standard o a placebo), residenti in uno dei paesi seguenti: Stati Uniti, Regno Unito, Brasile, Canada, Messico, Argentina, India, Spagna, Nepal, Indonesia, Vietnam, Sudafrica e Ghana.
L’età media dei partecipanti variava da 62 a 73 anni in tutti gli studi; 2.381 pazienti (39%) erano donne e 1.547 (25%) erano affetti da diabete di tipo 2 al momento della randomizzazione.

Dall’analisi dei dati è emerso che, a 28 giorni dalla randomizzazione, si erano verificati 351 decessi tra i 3.025 pazienti randomizzati agli inibitori di SGLT2 e 382 decessi tra i 3.071 pazienti randomizzati alle terapie standard o a placebo.

L’odds ratio (OR) è stato pari a 0,93 (IC: 0,79-1,08; p=0,33) per gli inibitori di SGLT2. Ciò corrispondeva ad una mortalità dell’11,7% per gli inibitori SGLT2 rispetto ad una mortalità presunta del 12,4% per le terapie standard o il placebo.

Per quanto riguarda gli endpoint secondari, i dati sulla mortalità intraospedaliera e a 90 giorni per tutte le cause erano disponibili solo per due dei tre studi (DARE-19 e ACTIV-4A), ma i risultati erano simili (OR: 0,85, IC95%: 0,60-1,22, p=0,37; e HZ:0,82, IC95%: 0,62-1,10, p=0,18, rispettivamente).

Risultati simili sono stati documentati anche per gli outcome secondari di progressione a danno renale acuto, necessità del ricorso alla dialisi o evento letale (OR: 0,92, IC95%: 0,79-1,06, p=0,26) e progressione ad intervento di ventilazione meccanica invasiva, ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) o evento letale (OR: 0,90, IC95% : 0,78-1,04, p=0,16), entrambi valutati a 28 giorni.

L’outcome primario di sicurezza della chetoacidosi a 28 giorni è stato osservato in 7 e in 2 pazienti randomizzati a trattamento con inibitori di SGLT2 e a terapia standard o a placebo, rispettivamente.  Nel complesso, l’incidenza degli eventi avversi gravi segnalati è risultata equilibrata tra i gruppi di trattamento in atudio.

Riassumendo
Nel commentare i risultati dello studio presentato al congresso, Mikhail Kosiborod, MD (Saint Luke’s Mid America Heart Institute, Kansas City) ha affermato: “In questa meta-analisi prospettica di studi randomizzati e controllati che hanno valutato oltre 6.000 pazienti ricoverati in ospedale con COVID-19, non abbiamo trovato prove convincenti che la somministrazione di inibitori di SGLT2, rispetto alle cure standard o al placebo, riduca la mortalità per tutte le cause a 28 giorni o migliori altri risultati di efficacia pre-specificati.

Questi risultati, pertanto non suffragano l’impiego degli inibitori di SGLT2 come terapia standard in questo contesto clinico. Non sono stati osservati nuovi segnali di sicurezza con l’uso degli inibitori SGLT2 in questa popolazione di pazienti e, non sembra essere giustificata la loro sospensione di routine durante la malattia acuta nei pazienti trattati con questi farmaci  per altre indicazioni come l’insufficienza cardiaca, la malattia renale cronica o il diabete di tipo 2”.

Bibliografia
1) Kosiborod MN, et al. SGLT2 inhibitors in COVID-19 meta-analysis. Hot line 9. Presented at: European Society of Cardiology Congress;

2) Gupta A, Madhavan MV, Sehgal K, et al. Extrapulmonary manifestations of COVID-19. Nat Med. 2020;26:1017-1032.

3) van de Veerdonk FL, Giamarellos-Bourboulis E, Pickkers P, et al. A guide to immunotherapy for COVID-19. Nat Med. 2022;28:39-50.

4) Usman MS, Siddiqi TJ, Anker SD, et al. Effect of SGLT2 inhibitors on cardiovascular outcomes across various patient populations. J Am Coll Cardiol. 2023;81:2377-2387.

5) Williamson EJ, Walker AJ, Bhaskaran K, et al. Factors associated with COVID-19-related death using OpenSAFELY. Nature. 2020;584:430-436.

6) Sharifi Y, Payab M, Mohammadi-Vajari E, et al. Association between cardiometabolic risk factors and COVID-19 susceptibility, severity and mortality: a review. J Diabetes Metab Disord. 2021;20:1743-1765.

7) Chen Q, Wang L, Li C, et al. Chronic cardio-metabolic disease increases the risk of worse outcomes among hospitalized patients with COVID-19: A multicenter, retrospective, and real-world study. J Am Heart Assoc. 2021;10:e018451.

8) Kosiborod MN, Esterline R, Furtado RHM, et al. Dapagliflozin in patients with cardiometabolic risk factors hospitalised with COVID-19 (DARE-19): a randomised, double-blind, placebo-controlled, phase 3 trial. Lancet Diabetes Endocrinol. 2021;9:586-594.