Stesso effetto antipiastrinico per aspirina con rivestimento enterico


Optare per l’aspirina con rivestimento enterico rispetto alle compresse non rivestite non sembra avere un impatto importante sugli effetti antipiastrinici del farmaco

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Optare per l’aspirina con rivestimento enterico rispetto alle compresse non rivestite non sembra avere un impatto importante sugli effetti antipiastrinici del farmaco nei pazienti con malattia cardiovascolare (CVD) aterosclerotica, ma non ha nemmeno offerto un vantaggio in termini di sanguinamento, secondo un’analisi post hoc dello studio ADAPTABLE, pubblicata online su “JAMA Cardiology”.

I ricercatori guidati da Amber Sleem, dell’Ochsner Medical Center di New Orleans, e Mark B. Effron, del John Ochsner Heart and Vascular Institute presso la University of Queensland-Ochsner Clinical School di New Orleans, riferiscono che il rischio di un endpoint composito di infarto miocardico, ictus o morte per tutte le cause e di sanguinamento maggiore non differisce in base alla formulazione scelta dai pazienti al basale.

Inoltre, la presenza di un rivestimento non interagisce in modo significativo con l’impatto dell’uso di una dose più alta rispetto a una più bassa di aspirina; i principali risultati di ADAPTABLE hanno mostrato che una dose giornaliera di aspirina da 325 mg non era diversa da una dose giornaliera di 81 mg in termini di sanguinamento maggiore, o per infarto miocardico, ictus o morte per tutte le cause.

Studi precedenti avevano suggerito che il rivestimento enterico dell’aspirina potesse ridurre il rischio di sanguinamento gastrointestinale, mentre altri avevano indicato che potesse smorzare gli effetti antipiastrinici impedendo la dissoluzione della compressa e l’assorbimento del farmaco, spiegano Effron e coautori.

Questo studio «è un altro passo in avanti verso la risposta al quesito se non ci sia una differenza significativa» tra le due formulazioni, osservano i ricercatori,  aggiungendo, tuttavia, che ci sono alcuni limiti dell’analisi: quest’ultima non è stata pianificata in anticipo come parte dello studio principale, i pazienti non sono stati randomizzati per tipo di aspirina e l’uso di compresse con rivestimento enterico o senza è stato valutato solo all’inizio dello studio e potrebbe essere cambiato durante il follow-up.

Tuttavia, riferiscono Effron e colleghi, «pensiamo che, nel complesso, i dati siano abbastanza forti nel dimostrare che non c’è molta differenza».

Analisi secondaria dello studio ADAPTABLE
I ricercatori hanno valutato la questione utilizzando lo studio ADAPTABLE, che includeva 15.076 pazienti con CVD aterosclerotica dei quali erano disponibili dati nel National Patient-Centered Clinical Research Network.

Questa analisi post hoc ha incluso 10.678 partecipanti (età media: 68 anni; 68,2% uomini) di cui erano disponibili informazioni sul tipo di aspirina che stavano assumendo al basale. Nel complesso, il 69% stava assumendo una forma con rivestimento enterico, mentre il resto assumeva compresse non rivestite.

L’endpoint primario di efficacia in questa analisi era lo stesso dello studio complessivo (infarto miocardico, ictus o morte per tutte le cause) e, lungo un follow-up mediano di 26,2 mesi, non è risultata alcuna differenza tra i gruppi aspirina con rivestimento enterico e non rivestita (HR aggiustato 0,94; IC 95% 0,80-1,09).

Allo stesso modo, non vi era alcuna differenza riguardo agli eventi emorragici maggiori (HR aggiustato 0,82; IC 95% 0,49-1,37), «sebbene l’IC 95% fosse ampio, quindi una riduzione del sanguinamento con aspirina con rivestimento enterico non possa essere esclusa in modo affidabile» scrivono gli autori.

Il tipo di aspirina non ha interagito in modo significativo con l’impatto dell’uso di una dose più alta rispetto a una più bassa, sia per l’efficacia che per la sicurezza (rispettivamente P = 0,41 e P = 0,07 per l’interazione). Tra i pazienti che assumevano compresse con rivestimento enterico, tuttavia, c’era un indicazione che la dose più alta fosse associata a sanguinamento maggiore (0,7% vs 0,5%; HR aggiustato 2,37; IC 95% 1,02-5,50). Effron e colleghi, tuttavia, affermano di non dare troppo peso a tale evidenza, considerando la natura osservazionale dell’analisi e la piccola differenza assoluta osservata.

Come scegliere la formulazione ‘giusta’
Questa analisi non fornisce una risposta definitiva sull’impatto dell’aspirina con rivestimento enterico rispetto a quella non rivestita, ma piuttosto «aggiunge alla domanda attuale se ci sia davvero una differenza», ha commentato Dave Dixon, della Virginia Commonwealth University di Richmond) e membro dell’American College of Cardiology’s Prevention of Cardiovascular Disease Council.

In particolare, Dixon sostiene che è difficile trarre conclusioni da quello che è essenzialmente uno studio osservazionale con potenziali fattori confondenti e altre limitazioni, nonostante l’uso di dati da uno studio clinico randomizzato controllato (RCT).

Circa la domanda su quale formulazione sia migliore, Dixon ha affermato che, in presenza di dati contrastanti, «in genere preferisce che i pazienti usino l’aspirina non rivestita» e seguano le raccomandazioni standard per l’assunzione del farmaco (cioè, dopo un pasto, in particolare di notte per coloro che potrebbero avere problemi gastrointestinali al mattino).

Inoltre, «se un paziente stava avendo quello che si riteneva potesse essere un attacco cardiaco e avesse intenzione di assumere l’aspirina, vorremmo comunque che usasse la compressa non rivestita» in quanto assorbita più rapidamente, ha detto Dixon il quale ha anche fatto notare come l’aspirina a basso dosaggio, generalmente molto meglio tollerata rispetto alle dosi più elevate, rappresenti comunque ciò che viene utilizzato principalmente nella pratica clinica corrente.

«Idealmente penso che sia giusto provare inizialmente a utilizzare l’aspirina non rivestita, e certamente – se un paziente la assume con il cibo e ‘fa tutto il possibile’ ma ci sono ancora problemi – allora ritengo che non sia irragionevole passare all’aspirina con rivestimento enterico», ha specificato Dixon. «Ma non utilizzerei necessariamente ‘di default’ solo l’aspirina con rivestimento enterico».

I potenziali vantaggi della compressa ‘enteric-coated’
Effron e colleghi sottolineano un potenziale vantaggio nella scelta delle compresse con rivestimento enterico, ovvero quello di impedire di “cadere a pezzi nella bottiglia” [essere rilasciata in modo irregolare o incompleto] in modo da ottenere effettivamente una dose completa di aspirina quando si prende una compressa».

In generale, però, la totalità delle informazioni provenienti dallo studio principale ADAPTABLE e dalla presente analisi secondaria «fondamentalmente evidenzia che se un paziente assume una compressa di aspirina, da 75 o 325 mg, rivestita o non rivestita, in base ai dati presentati e analizzati ciò non farà la differenza sul loro outcome».

L’analisi, secondo Effron e colleghi, dovrebbe dare ai medici «il conforto che non importa in fondo che tipo di aspirina stanno prescrivendo al loro paziente, fintanto che stanno dando loro l’aspirina». Peraltro, sia i ricercatori che Dixon convengono che sono necessarie ulteriori prove di qualità per rispondere definitivamente a questa domanda.

Fonte:
Sleem A, Effron MB, Stebbins A, et al. Effectiveness and Safety of Enteric-Coated vs Uncoated Aspirin in Patients With Cardiovascular Disease: A Secondary Analysis of the ADAPTABLE Randomized Clinical Trial. JAMA Cardiol. 2023 Oct 4. doi: 10.1001/jamacardio.2023.3364. [Epub ahead of print] leggi