Fenilchetonuria: all’ospedale di Birmingham la medaglia John Scott


Fenilchetonuria: donata all’ospedale di Birmingham, nel corso della conferenza annuale della ESPKU, la prestigiosa medaglia John Scott

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Settant’anni fa, la scoperta della terapia dietetica per i malati di fenilchetonuria (PKU) era valsa, nel 1962, la prestigiosa medaglia John Scott al dott. Horst Bickel, al dott. John Gerrard e alla dott.ssa Evelyn Hickmans, del Birmingham Children’s Hospital. Onore riservato anche a scienziati del calibro di Marie Curie, Thomas Edison, Guglielmo Marconi, Nikola Tesla e Alexander Fleming per aver “incrementato il benessere e la felicità del genere umano.”

Alla fine della conferenza annuale della ESPKU (Società europea per la fenilchetonuria) tenutasi a Birmingham, i discendenti di John Gerrard, con una cerimonia e una targa, hanno voluto donare la prestigiosa medaglia al Birmingham Children’s Hospital, dove, grazie anche alla piccola paziente Sheila Jones, è stata possibile la scoperta della terapia dietetica e il successivo protocollo di screening per la fenilchetonuria. Lì è iniziato il difficile percorso verso la stabilizzazione di una tra le più diffuse malattie genetiche al mondo.

La fenilchetonuria “è la malattia metabolica numero uno in Italia e nel mondo e colpisce una persona su 10,000. È anche l’unica malattia metabolica genetica rara che è riconosciuta in tutto il mondo, grazie allo screening neonatale inventato 70 anni fa”, commenta il professor Alberto Burlina, Direttore dell’UOC Malattie Metaboliche ed Ereditarie, Azienda Ospedale-Università di Padova, e del Laboratorio Regionale di Screening Neonatale della Regione Veneto.

Nonostante la diffusione della PKU e l’invenzione della prima terapia dietetica al mondo, lo screening neonatale non viene uniformemente applicato a né livello globale, né in tutta Europa. “Un aiuto all’Europa può venire dal modello italiano, che prevede screening neonatale e presa in carico precoce con terapia dietetica e supplementi”, continua Burlina. Un modello che Cometa ASMME (Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie OdV) vorrebbe fosse accessibile a tutti i pazienti d’Europa, al fine di garantire una salute accessibile e sicura ai pazienti PKU. “In due Paesi importanti come la Francia e l’Inghilterra, ad esempio, non vi è rimborso completo delle cure disponibili, e in Albania non c’è ancora uniformità nell’utilizzo dello screening neonatale”, rimarca Burlina. Un aspetto gravissimo, tanto più a distanza di 70 anni dall’invenzione dello screening neonatale e a più di 60 dall’invenzione del primo trattamento per la PKU a Birmingham.

Presso il Birmingham Children’s Hospital, infatti, 70 anni fa fu assistita una piccolissima paziente malata di fenilchetonuria, Sheila Jones. Sheila nasce nel 1949 e la madre Mary, nel 1951, la porta alla pediatria di Birmingham dopo aver riscontrato problemi nella crescita della figlia. Qui Horst Bickel, John Gerrard ed Evelyn Hickmans inventano una dieta speciale unita a miscele di aminoacidi che terrà la bambina in salute fino ai suoi nove anni. Ma le problematiche nel seguire una terapia molto difficile decretano un peggioramento della sua condizione e determinano una degenza ospedaliera che durerà per tutta la sua vita, fino al 1999, anno della sua prematura scomparsa. Grazie a Sheila Jones, in Inghilterra lo screening neonatale per la fenilchetonuria esiste dal 1969: da qui, insieme alla terapia dietetica precoce, è arrivato in tutto il mondo, compresa l’Italia, in cui è stato introdotto per legge nel 1992. Tuttavia, vi sono molti Paesi in cui lo screening neonatale per la fenilchetonuria non è ancora una realtà. Ogni ora, nel mondo, nasce un bambino con PKU a cui la malattia non viene immediatamente diagnosticata.

Nel corso della conferenza, così si è espresso Eric Lange, presidente ESPKU, a proposito di un protocollo europeo: “La sfida oggi è come trasmettere il pensiero attuale a tutte le parti d’Europa. In particolare mi riferisco alle nuove linee guida europee per il trattamento della PKU [alla stesura delle quali partecipa anche il prof. Burlina, N.d.R.]. Un recente questionario ESPKU ha evidenziato la differenza tra ciò che i pazienti percepiscono e ciò che dovrebbe essere la realtà”. Una situazione europea che è dunque caratterizzata da vaste difformità a livello dei singoli Paesi.

La ESPKU è costantemente attiva nel dialogo con le istituzioni europee, in cui è chiave anche il ruolo di Cometa ASMME. A proposito di quanto si sta facendo in Europa, è intervenuto Eric Lange: “Per la PKU ci sono molte altre terapie in cantiere, ma ci vorrà del tempo prima che queste vengano ‘filtrate’, in quanto, molto probabilmente, dovranno essere sottoposte a una valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment, HTA) che è in fase di sviluppo a livello dell’UE. Quale effetto avrà l’HTA su queste terapie non lo sappiamo. Tuttavia, l’ESPKU ha attivato un dialogo a riguardo con la Commissione sanitaria dell’UE. Un’altra area in cui siamo stati attivi è l’ultima bozza di regolamento europeo per il settore farmaceutico”.

Nelle persone con PKU che seguono la terapia dietetica, farmacologica o enzimatica non si manifestano complicazioni neuro-cognitive che verrebbero altrimenti determinate dall’accumulo tossico di fenilalanina. Tuttavia, la terapia per la patologia è spesso causa di frustrazione e disagio nei pazienti: uno studio, tra i cui autori vi è anche il prof. Burlina, ha evidenziato come negli adulti con PKU l’aderenza alla terapia cali sensibilmente, una problematica a cui, al momento, non vi soluzioni definitive. Infatti, circa il 40% dei pazienti adulti con fenilchetonuria non considera la PKU una malattia, forse a causa del fatto che questa è una ‘condizione invisibile’ che, se trattata correttamente, consente uno sviluppo neuro-cognitivo perfettamente normale. L’invisibilità del decorso più grave della malattia e la difficoltà di distinguere i primi sintomi di una scarsa aderenza alla terapia potrebbero spiegare, almeno parzialmente, la massiccia disaffezione dei pazienti adulti alla terapia, che si riscontra in quasi il 50% degli adulti italiani con valori di fenilalanina al di sopra dei limiti raccomandati. In tali pazienti, recita lo studio, “la gestione dietetica è risultata inadeguata, probabilmente a causa di una percezione e conoscenza inappropriata della malattia e della mancanza di consapevolezza dell’impatto negativo dello scarso controllo metabolico nella vita adulta”.

Il Prof. Francjan Van Spronsen, Capo dell’Unità di Malattie Metaboliche dell’Ospedale Pediatrico Beatrix del Centro Medico Universitario di Groningen (Paesi Bassi) e presidente del comitato scientifico dell’ESPKU, ha illustrato come nella PKU gli obiettivi terapeutici siano cambiati nel corso dei decenni. “A partire dagli anni ’50, per più di trent’anni, la misura del successo terapeutico era unicamente il quoziente intellettivo. Ma è una misura che oggi sarebbe restrittivo considerare come unico parametro di successo terapeutico. Infatti, dal 1990 è stata dimostrata la rilevanza anche delle funzioni esecutive, mentre dagli anni 2000 sono state utilizzate misure di qualità della vita (QoL) e di fragilità psicosociali legate alla PKU, soprattutto in termini di quoziente sociale e ADHD (disturbo da deficit di attenzione/iperattività), nonché le esperienze riportate dai pazienti (patient-reported outcome e patient-reported experience). Sulla base di tali dati, alcuni esiti sono stati segnalati come subottimali. Sono tutte criticità che si riscontrano anche in una popolazione di pazienti PKU trattata secondo le politiche sanitarie oggi in auge in tutto il mondo, ovvero lo screening neonatale abbinato alla terapia dietetica precoce”.

Nel secondo giorno della conferenza ESPKU, Cometa ASMME ha portato nell’assemblea riservata ai delegati un contributo che ha fatto luce sulla situazione in Italia per la PKU, partecipando alle decisioni sui prossimi sforzi istituzionali di livello nazionale ed europeo. Cometa ASMME, attiva dal 1992 a sostegno dei pazienti con malattie metaboliche genetiche, è da sempre presente per i pazienti con PKU. Il Centro di malattie metaboliche ereditarie dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, che l’Associazione sostiene con propri professionisti e regolari donazioni, è diretto dal Prof. Alberto Burlina, tra i responsabili scientifici delle nuove linee guida europee per il trattamento della PKU, di prossima pubblicazione. Inoltre, Cometa ASMME ha finanziato numerosi studi pioneristici presentati per i pazienti di fenilchetonuria. Con la sua azione, l’Associazione ha contribuito a fare del centro di Padova quello che oggi è un modello a livello internazionale per la gestione della fenilchetonuria.

“Cometa ASMME – dichiara Niko Costantino, Head of Public Affairs – è sempre stata a fianco dei pazienti con PKU. Le numerose pubblicazioni scientifiche del massimo impatto internazionale rese possibili dalla nostra Associazione, le conferenze e gli incontri a favore dei pazienti (tra cui l’ESPKU 2018 a Venezia), l’attività di rappresentanza all’interno del Parlamento Europeo nell’Alleanza Interpartitica per la PKU e il dialogo con ricercatori, istituzioni europee e nazionali sono solo alcuni dei modi in cui Cometa ASMME promuove il diritto delle persone con fenilchetonuria a una salute sicura, di lungo termine e priva di rischi”.

Un pensiero dai vertici dell’Associazione va alla situazione dei Paesi in conflitto: “Permettere ai pazienti di accedere alle cure tempestive e in linea con i massimi standard internazionali è sempre stato il punto fermo di Cometa ASMME”, sancisce la presidente Anna Maria Marzenta. L’impegno di Cometa ASMME e dell’ESPKU si traduce anche in progetti a favore dei Paesi colpiti dai conflitti in corso. “La nostra speranza è che la fenilchetonuria continui a essere un faro nella ricerca per tutte le altre malattie genetiche e nella definizione degli standard di cura necessari per una presa in carico corretta dei pazienti affetti da queste patologie, che nel complesso riguardano milioni di persone solo in Italia”, conclude Marzenta.