Diabete di tipo 2: cura con SGLT2 inibitori o GLP-1 agonisti protegge il cuore


Diabete di tipo 2: negli anziani osservati meno rischi cardiovascolari se seguono una terapia con SGLT2 inibitori o GLP-1 agonisti

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Come emerso dai risultati di uno studio pubblicato sulla rivista Diabetes Care, gli anziani con diabete di tipo 2 hanno meno probabilità di incorrere in un evento cardiovascolare o mortalità per tutte le cause se hanno iniziato la terapia con un inibitore SGLT2 o un GLP-1 agonista invece di un inibitore della DPP-IV, in particolare nei soggetti fragili.

«L’inizio con un SGLT2 inibitore o con un GLP-1 agonista rispetto a un inibitore DPP-IV è stato associato a minori eventi cardiovascolari e decessi senza aumentare il tasso di incidenza complessivo di esiti gravi di sicurezza, indipendentemente dallo stato di fragilità dei pazienti» hanno scritto l’autore senior Elisabetta Patorno, professore associato di medicina presso la Harvard Medical School ed epidemiologo associato nella divisione di farmacoepidemiologia e farmacoeconomia del Brigham and Women’s Hospital, e colleghi. «È importante sottolineare che le riduzioni del tasso assoluto per tutti gli esiti di efficacia erano maggiori con l’aumentare della gravità della fragilità».

Confronto tra tre classi di ipoglicemizzanti
I ricercatori hanno condotto uno studio di coorte retrospettivo su anziani di almeno 65 anni di età con diagnosi di diabete di tipo 2 che avevano iniziato un trattamento con un inibitore SGLT2, un agonista del recettore GLP-1 o un inibitore DPP-IV. Sono stati condotte tre analisi per confrontare ciascuna delle tre classi di farmaci.

Per misurare la fragilità dei pazienti è stato utilizzato un indice di fragilità validato basato sui sinistri. Gli adulti con un punteggio dell’indice di fragilità inferiore a 0,15 sono stati considerati non fragili, quelli con un punteggio compreso tra 0,15 e 0,24 erano pre-fragili e gli adulti con un punteggio da 0,25 in avanti sono stati definiti fragili.

Il follow-up è continuato fino all’interruzione del trattamento, al passaggio a un’altra classe di farmaci, al verificarsi di un evento cardiovascolare o di sicurezza, al decesso, alla fine dell’arruolamento nel piano sanitario o alla fine dello studio. Gli esiti cardiovascolari primari erano il tempo alla prima ospedalizzazione per infarto miocardico acuto o ictus ischemico, ospedalizzazione per insufficienza cardiaca o mortalità per tutte le cause.

Maggiore sicurezza cardiovascolare con SGLT2 inibitori e GLP-1 agonisti
Nel complesso 120mila adulti trattati con inibitori SGLT2 sono stati confrontati con altrettanti soggetti trattati con inibitori DPP-IV. Durante un follow-up medio di 10,6 mesi i pazienti trattati con un SGLT2 inibitore hanno mostrato un rischio inferiore di incorrere in un evento cardiovascolare (HR = 0,72). La differenza nel tasso di incidenza di eventi cardiovascolari era maggiore tra gli adulti con pre-fragilità o fragilità. I pazienti sottoposti a un inibitore SGLT2 avevano meno probabilità di avere un evento avverso sulla sicurezza rispetto a quanti ricevevano un inibitore DPP-IV (HR = 0,81), anche se i primi presentavano tassi più elevati di chetoacidosi diabetica, infezioni genitali e amputazioni degli arti inferiori.

Nel confronto tra GLP-1 agonisti e inibitori DPP-IV sono valutati oltre 113mila pazienti per ciascun gruppo. Durante una media di 10,7 mesi, gli adulti in trattamento con un GLP-1 agonista avevano un rischio inferiore di un evento cardiovascolare rispetto a quelli in terapia con un inibitore della DPP-IV (HR = 0,74). La differenza negli eventi tra le due classi di farmaci era maggiore tra gli adulti con pre-fragilità o fragilità. Il gruppo trattato GLP-1 agonisti aveva anche meno probabilità di avere esiti avversi sulla sicurezza rispetto a quelli trattati con un inibitore DPP-IV (HR = 0,9).

«Abbiamo scoperto che le persone più fragili hanno ottenuto maggiori benefici dagli inibitori SGLT2 o dai GLP-1 agonisti rispetto a quelli senza fragilità, come esplicitamente dimostrato dal numero di pazienti necessario da trattare per il risultato di efficacia primaria» hanno scritto i ricercatori. «Dati i rapporti di rischio stabili in tutto lo spettro della fragilità, queste differenze nel numero di persone da trattare tra fragili e non fragili sono principalmente guidate dal numero più elevato di eventi tra i pazienti fragili, il che evidenzia la maggiore vulnerabilità di questa popolazione».

Rischio cardiovascolare inferiore con gli inibitori SGLT2 rispetto ai GLP-1 agonisti
Il confronto tra gli inibitori SGLT2 e i GLP-1 agonisti ha incluso quasi 90mila adulti in ciascun gruppo. Durante un follow-up medio di 9,6 mesi, gli adulti trattati con un inibitore SGLT2 avevano un rischio inferiore di un evento cardiovascolare rispetto a quelli trattati con un GLP-1 agonista (HR = 0,92), senza nessuna differenza tra i gruppi di fragilità. Gli adulti che ricevevano un SGLT2 inibitore avevano anche un rischio inferiore di esiti avversi sulla sicurezza rispetto agli altri (HR = 0,91), anche se presentavano tassi più elevati di chetoacidosi diabetica e infezioni genitali.

«Rispetto agli agonisti del recettore GLP-1, una terapia iniziale con SGLT2 inibitori è stata associata a una riduzione del tasso di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, con un beneficio maggiore tra le persone più fragili in termini di tasso assoluto, altrimenti i risultati di efficacia erano comparabili tra i due gruppi» hanno osservato gli autori, secondo i quali i futuri studi clinici a lungo termine sugli esiti cardiovascolari negli anziani con diabete di tipo 2 dovranno valutare la fragilità per stabilire meglio i profili rischio-beneficio dell’utilizzo di uno specifico farmaco.

Referenze

Kutz A et al. Comparative Cardiovascular Effectiveness and Safety of SGLT-2 Inhibitors, GLP-1 Receptor Agonists, and DPP-4 Inhibitors According to Frailty in Type 2 Diabetes. Diabetes Care. 2023 Sep 7;dc230671. 

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