Guterres invoca l’articolo 99 dell’Onu per chiedere la tregua a Gaza


Ancora guerra nella Striscia di Gaza,, Guterres invoca l’articolo 99 dell’Onu per chiedere la tregua. Il segretario al Consiglio: “Minacciata la sicurezza internazionale”

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A poche ore dallo scattare del secondo mese dalla guerra nella Striscia di Gaza, il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha invocato davanti al Consiglio di sicurezza l’uso dell’articolo 99 della Carta per “invocare un urgente cessate il fuoco” e così “scongiurare il drammatico collasso del sistema umanitario“. Guterres lo ha scritto anche in un post su X, chiarendo che è la prima volta dalla sua investitura, nel 2017, che invoca tale articolo, che dà al segretario generale il potere di “richiamare l’attenzione del Consiglio di Sicurezza su qualunque questione che, a suo avviso possa minacciare il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale”.

Il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha motivato questa “drastica mossa costituzionale” alla luce della “portata delle perdite di vite umane a Gaza e in Israelein un così breve lasso di tempo“.

Oggi, il relatore speciale delle Nazioni Unite sul diritto alla Salute, Tlaleng Mofokeng, ha accusato Israele di condurre una “vergognosa guerra agli operatori sanitari” a causa “della mancanza di leadership politica”. Ieri, invece, il portavoce dell’Unicef James Elder aveva avvertito che le zone indicate da Israele come “sicure” per i civili stanno diventando “luoghi di malattie e sofferenza”, a causa degli spazi sovraffollati, dove mancano acqua e igiene. Due mesi fa, il 7 ottobre, Tel Aviv ha risposto all’offensiva del gruppo Hamas nel sud di Israele, che ha provocato circa 1.200 vittime, lanciando una campagna militare nella Striscia, che ospita 2,3 milioni di persone. A oggi le vittime sono state oltre 16mila, di cui il 70% donne e bambini. Oltre 40mila i feriti e 1,8 milioni gli sfollati interni.

A settimane di intensi bombardamenti che non hanno risparmiato, case, ospedali e scuole-rifugio, è seguita una invasione di terra prima nel nord e poi anche verso sud, al termine di una tregua umanitaria di sette giorni. Al contempo è stato vietato o fortemente ridotto l’ingresso di forniture essenziali, da luce e acqua a cibo e farmaci. Interrotte in alcuni momenti anche le telecomunicazioni. Un’operazione che Tel Aviv ha motivato con l’esigenza di neutralizzare Hamas, ma che è finita sul tavolo della Corte penale internazionale, che sta indagando per presunti crimini di guerra e contro l’umanità. L’appello di Guterres per un cessate il fuoco è stato rilanciato oggi dal presidente russo Vladimir Putin e dall’erede al trono dell’Arabia Saudita, Mohamed Bin Salman, nel corso di un bilaterale. Nei giorni scorsi il presidente francese Emmanuel Macron ha chiesto a Israele di chiarire in che modo intende eliminare Hamas, perché questa guerra “rischia di durare 10 anni”.

Intanto non si fermano gli attacchi. Colpito nelle ultime ore il campo profughi di Jabalia, il più grande nella Striscia, dove tra i morti si contano anche 22 membri della famiglia di un giornalista di Al-Jazeera, Momen Al-Sharafi, come riporta l’emittente stessa. Oltre ai civili, tra le vittime palestinesi si contano infatti anche oltre 50 operatori dell’informazione, anche in Libano. Esaminando oltre cento video e fotografie, oggi Amnesty International ha denunciato che gli attacchi israeliani del 13 ottobre contro un gruppo di sette giornalisti nel sud del Libano, che hanno causato la morte del giornalista dell’agenzia Reuters Issam Abdallah e il ferimento di altri sei colleghi, “sono stati diretti contro i civili e in quanto tali devono essere indagati come crimini di guerra”.