Disfunzione del nodo del seno: stessa fibrillazione con pacemaker al minimo


Studio DANPACE II: ridurre al minimo la stimolazione atriale mediante pacemaker non impedisce la fibrillazione atriale nei pazienti con disfunzione del nodo del seno

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Secondo lo studio DANPACE II, presentato ad Amsterdam nel corso del congresso annuale dell’European Society of Cardiology (ESC23), ridurre al minimo la stimolazione atriale mediante pacemaker non impedisce la fibrillazione atriale nei pazienti con disfunzione del nodo del seno.

«La fibrillazione atriale è comune tra i pazienti con disfunzione del nodo del seno ed è associata a scarsi risultati» ha ricordato l’autore dello studio, Mads Brix Kronborg , dell’ospedale universitario di Aarhus (Danimarca).

«Una meta-analisi ha precedentemente trovato un’associazione tra tassi più elevati di stimolazione atriale e un aumentato rischio di fibrillazione atriale nei pazienti con disfunzione del nodo del seno, mentre un’analisi post hoc dello studio DANPACE non ha trovato alcuna associazione» ha aggiunto.

Si sono resi pertanto necessari dati di studi randomizzati relativi al livello ottimale di stimolazione atriale al fine di prevenire la fibrillazione atriale nei pazienti con disfunzione del nodo del seno, ha specificato Brix Kronborg.

Valutati oltre 500 pazienti con impianto di dispositivo a doppia camera
Il DANPACE II è stato uno studio nazionale, multicentrico, in aperto, randomizzato e controllato, specificamente disegnato per indagare se la stimolazione atriale ridotta al minimo potesse ridurre l’incidenza della fibrillazione atriale nei pazienti con disfunzione del nodo del seno.

Sono stati inclusi pazienti con disfunzione del nodo del seno e una prima indicazione per un pacemaker a doppia camera (DDD); i pazienti sono stati seguiti in 11 centri di impianto di pacemaker in Danimarca tra il maggio 2014 e il giugno 2021.

I partecipanti sono stati randomizzati in un rapporto 1: 1 a

  • frequenza di base di 60 battiti al minuto (bpm) e DDD [dispositivo pacemaker impiantato] adattivo [responsivo] alla frequenza (gruppo DDDR-60);
  • frequenza di base di 40 bpm e DDD non adattivo alla velocità (gruppo DDD-40).

«Tutti i pazienti sono stati seguiti per due anni tramite monitoraggio remoto e sono state programmate visite ambulatoriali dopo 3, 12 e 24 mesi» ha riferito Brix Kronborg. «L’endpoint primario era costituito da episodi di fibrillazione atriale della durata superiore a 6 minuti rilevati dal pacemaker durante due anni di follow-up».

In totale sono stati inclusi nell’analisi 539 pazienti (età media: 73 anni; 48% donne). Dopo due anni, l’endpoint primario si è verificato in 248 (46%) pazienti: in 124 su 270 (46%) pazienti assegnati al gruppo DDDR-60 e in 124 su 269 (46%) assegnati al gruppo DDD-40 per un hazard ratio (HR) di 0,97 ( intervallo di confidenza al 95% [CI] 0,76-1,25; p=0,83).

«Per quanto riguarda gli endpoint secondari – ovvero episodi di fibrillazione atriale con una durata superiore a 6 o 24 ore, progressione verso fibrillazione atriale permanente o persistente, cardioversioni per fibrillazione atriale e mortalità per tutte le cause – questi si sono verificati a tassi simili in entrambi i gruppi di trattamento durante i due anni di follow-up» ha aggiunto il primo autore dello studio.

«A 12 mesi, la qualità della vita e le prestazioni nel test del cammino in 6 minuti erano simili tra i gruppi» ha aggiunto Brix Kronborg.

L’endpoint composito di sicurezza, rappresentato da sincope o presincope, si è verificato in 94 (17%) pazienti; 33 sono stati classificati come sincope e 61 come presincope. Un numero significativamente maggiore di pazienti nel gruppo DDD-40 ha manifestato sincope o presincope rispetto al gruppo DDDR-60: 58 (22%) contro 36 (13%), rispettivamente, per una HR di 1,71 (IC 95% 1,13-2,59; p = 0,01). «Il tasso di crossover era significativamente più alto per i pazienti randomizzati a DDD-40 rispetto a DDDR-60» ha specificato lo specialista.

Le conclusioni sulla regolazione della frequenza base
Tra i 62 (23%) pazienti che sono passati da DDD-40 a DDDR-60, l’indicazione è stata sincope o presincope in 18 (29%) pazienti, incompetenza cronotropa [incapacità di raggiungere la frequenza cardiaca attesa] in 38 (61%) pazienti e non specificata in 5 (8%) pazienti.

Solo 8 (3%) pazienti nel gruppo DDDR-60 hanno avuto necessità di una riprogrammazione del dispositivo a una frequenza di base inferiore. Quattro dei 70 (6%) crossover (uno nel gruppo DDD-40 e tre nel gruppo DDDR-60) si sono verificati secondo la richiesta del paziente.

In conclusione, ha dichiarato Brix Kronborg, «ridurre al minimo la stimolazione atriale nei pazienti con disfunzione del nodo del seno non riduce l’incidenza della fibrillazione atriale. La programmazione di una frequenza base di 40 bpm senza stimolazione adattiva aumenta il rischio di sincope o presincope».

Fonte: ESC 2023, Amsterdam.