Cardiomiopatie: dall’ESC arrivano le prime linee guida


Tra le varie linee guida presentate all’ultimo congresso europeo di cardiologia (ESC), la novità è rappresentata da quelle sulle cardiomiopatie

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Tra le varie linee guida presentate all’ultimo congresso europeo di cardiologia (ESC), ad Amsterdam, spiccano, in quanto rappresentano una ‘prima’ assoluta, quelle sulle cardiomiopatie. Pubblicate in contemporanea anche sullo European Heart Journal, le nuove raccomandazioni sono il risultato degli sviluppi degli ultimi 10 anni nell’imaging e nei test genetici, che consentono oggi di identificare e trattare meglio queste condizioni.

«Le cardiomiopatie vengono definite come malattie nelle quali il muscolo cardiaco è strutturalmente e funzionalmente anomalo, in assenza però di condizioni secondarie come l’ipertensione arteriosa o le malattie valvolari che possano giustificare questa alterazione del cuore», ha spiegato ai microfoni di PharmaStar Cristina Chimenti , Professoressa associata di Cardiologia dell’Università La Sapienza di Roma e Chair person Area Malattie Rare dell’ANMCO.

«Per le cardiomiopatie è un momento molto importante», ha aggiunto l’esperta. «Finora queste condizioni erano state sempre affrontate basandosi su opinioni di esperti o position paper. Adesso invece, per la prima volta, abbiamo vere linee guida dedicate a queste patologie», che colpiscono circa una persona su 250 in tutto il mondo.

Sono le prime linea guida internazionali che combinano «tutte le cardiomiopatie in un unico documento», comprese sia quelle ereditarie sia quelle che non lo sono, ha detto la co-presidente del comitato di scrittura Elena Arbelo, dell’Università di Barcellona. Infatti, le precedenti linee guida in questo ambito si erano concentrate esclusivamente sulla cardiomiopatia ipertrofica, ora inclusa nelle nuove raccomandazioni.

Il documento è approvato anche da numerose altre società scientifiche: la Association of Cardiovascular Nursing & Allied Professions, la European Association of Cardiovascular Imaging, la European Association of Preventive Cardiology, la European Heart Rhythm Association e la Heart Failure Association.

Classificazione basata sul fenotipo
«La grande novità di queste linee guida è una classificazione basata sul fenotipo», ha affermato Chimenti. Il documento suddivide, infatti, le cardiomiopatie in cinque diversi fenotipi, per ognuno dei quali si raccomandano strategie di diagnosi e gestione diverse: la cardiomiopatia ipertrofica, la cardiomiopatia dilatativa, la cardiomiopatia non dilatativa del ventricolo sinistro, la cardiomiopatia aritmogena del ventricolo destro e la cardiomiopatia restrittiva. «Nella cardiomiopatia non dilatativa del ventricolo sinistro si dà importanza alla presenza di scar o di sostituzione adiposa, anche in assenza di ipocinesia focale o globale, oppure alla presenza di un ventricolo ipocinetico anche se senza evidenza di scar», ha precisato Chimenti.

Invece, ha specificato la Professoressa, «non vengono considerate cardiomiopatie sia la sindrome di Takotsubo, che è comunque una forma reversibile, sia il ventricolo sinistro non compatto. La non compattazione del ventricolo sinistro, che si preferisce chiamare ipertrabecolatura del ventricolo sinistro, viene considerata un tratto morfologico comune a varie cardiomiopatie, per cui non le viene data dignità di cardiomiopatia a sé».

Riguardo alla sindrome di Takotsubo, spesso definita cardiomiopatia da stress, la Arbelo ha detto che non dovrebbe essere classificata come una cardiomiopatia. «Si tratta di una disfunzione transitoria del cuore dovuta principalmente allo stress», e «non ci sono ancora prove che esista un background genetico specifico o un’anomalia strutturale che supportino la definizione di cardiomiopatia».

«Negli ultimi 10 anni, ci sono stati miglioramenti significativi nelle tecniche di imaging, in particolare nella risonanza magnetica, e anche nel campo dei test genetici», ha continuato la Arbelo. «Grazie a questi mezzi, abbiamo imparato molto di più sui diversi tipi di cardiomiopatie, non solo per la diagnosi, ma anche per migliorare la previsione del rischio di progressione verso l’insufficienza cardiaca e di morte cardiaca improvvisa». Inoltre, sono stati sviluppati trattamenti ad hoc.

Focus sul patient pathway per arrivare a una diagnosi precisa
«Utilizzando un approccio strutturato», ha spiegato Arbelo, «è possibile passare dal sospetto clinico alla descrizione dei fenotipi, o delle caratteristiche, della cardiomiopatia e quindi utilizzare tratti aggiuntivi che includono una valutazione familiare, test genetici, imaging, esami di laboratorio e altri tratti e segnali d’allarme che possono suggerire una diagnosi specifica. Questa diagnosi più precisa consentirà trattamenti specifici e decisioni specifiche nella stratificazione del rischio, per esempio, che consentiranno una migliore gestione del paziente».

«Un’altra importante novità di queste nuove linee guida è il focus sul patient pathway, cioè l’attenzione al paziente fin dall’inizio, dalla manifestazione clinica, per poi percorrere una serie di tappe per arrivare alla identificazione del fenotipo della cardiomiopatia e quindi a una diagnosi eziologica», ha osservato la Chimenti. «Queste tappe comprendono ovviamente esami clinici, esami laboratoristici ed esami strumentali, che sono quelli classicamente utilizzati in tutti i pazienti con cardiomiopatia, come l’elettrocardiogramma o l’ecocardiogramma, ma fondamentale è il ruolo della risonanza magnetica, che viene considerata un esame da fare in tutti i pazienti con sospetta cardiomiopatia nel workup diagnostico di questa malattia».

In particolare, le linee guida consigliano a tutti i pazienti con sospetta cardiomiopatia di effettuare un’ecocardiografia (raccomandazione di classe 1, con livello di evidenza B), nonché una risonanza magnetica cardiaca (RMC) con mezzo di contrasto (raccomandazione di classe 1, con livello di evidenza B), poiché le modalità di imaging non invasivo rappresentano il backbone della diagnosi e del follow-up nei pazienti con cardiomiopatie.

L’importanza dei test e del counseling genetico
Per i pazienti con cardiomiopatie ereditarie o a rischio di tali patologie e i loro famigliari sono raccomandati anche test genetici e un counseling genetico (raccomandazione di classe 1, con livello di evidenza B), poiché alcuni di questi pazienti potrebbero avere un certo rischio di morte improvvisa. Anche lo stile di vita e la pianificazione familiare possono essere influenzati dalle informazioni fornite da questi test, si legge nelle linee guida.
Per coloro che già hanno avuto una diagnosi di cardiomiopatia, le linee guida forniscono una serie di suggerimenti riguardo a esercizio fisico, dieta, alcol, peso, riproduzione, attività sessuale, farmaci, vaccinazioni, guida, lavoro, vacanze e assicurazione di viaggio e assicurazione sulla vita.

Farmaci specifici e aspecifici
Per quanto riguarda la terapia, ha spiegato Chimenti, i farmaci vanno suddivisi in due categorie: specifici e aspecifici.
Per quanto riguarda le terapie specifiche, ha spiegato la Professoressa, «per fortuna, per alcune cardiomiopatie viene identificata una causa specifica che permette un trattamento specifico. Per esempio, per la malattia di Fabry esiste una terapia enzimatica sostitutiva, per l’amiloidosi cardiaca si possono utilizzare diversi farmaci, primo fra tutti lo stabilizzatore tafamidis, e nel trattamento della cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva viene citato mavacamten (approvato nel luglio scorso nella Ue, ndr), che in queste linee guida viene considerato nei pazienti in associazione ai betabloccanti o ai calcioantagonisti oppure come monoterapia nei pazienti che non tollerano questi farmaci».

Attenzione alla popolazione pediatrica e al periodo di transizione
Le linee guida sulle cardiomiopatie dedicano molto spazio anche manifestazioni pediatriche. «Questo è un altro importante punto di novità del documento: l’inclusione anche della popolazione pediatrica da considerare come affetta da cardiomiopatia. Esistono, infatti, cardiomiopatie pediatriche, molto spesso sindromiche, che devono essere conosciute dal medico», ha osservato la Chimenti.
Inoltre, nelle linee guide si sottolinea l’importanza di porre attenzione al periodo di transizione dall’età pediatrica a quella adulta. Un periodo che può essere difficile sia per il bambino sia per i genitori e che richiede un’adeguata transizione anche nelle modalità di cura.

Diffondere la conoscenza della malattia sul territorio
In un’intervista, la Arbelo ha anche sottolineato che servirebbe un cambio dell’attuale di paradigma, in modo che i pazienti con cardiomiopatia non siano più gestiti solo da centri ‘superspecializzati’, ma piuttosto dal loro cardiologo territoriale in collaborazione con questi istituti.

«Sicuramente il centro di riferimento ha un ruolo importante per la presa in carico del paziente, ma è importante diffondere la conoscenza della malattia anche ai medici di base o agli specialisti ambulatoriali, perché questo permetterebbe di identificare i pazienti più facilmente e più rapidamente», ha sottolineato la Chimenti. «Far arrivare i pazienti ai centri di riferimento meglio caratterizzati, con alcun esami di base già fatti, è importante anche ai fini della diagnosi precoce: è ovvio che si perde più tempo se il centro di riferimento deve fare ancora questi accertamenti quando il paziente arriva alla sua attenzione. La conoscenza della malattia è fondamentale, inoltre, affinché il paziente, una volta fatta la diagnosi, possa essere gestito al meglio anche dal suo cardiologo territoriale o dal suo medico di base».

Pertanto, ha detto la Arbelo, i destinatari di queste linee guida dovrebbero essere tutti i professionisti sanitari con un interesse nell’area cardiovascolare in generale. «Ma una cosa bella del documento è che evidenzia l’importanza dell’approccio multidisciplinare», ha rimarcato.

Poiché gran parte delle prove raccolte sulle cardiomiopatie provengono da studi osservazionali, l’autrice ha anche affermato che servono ulteriori studi in quest’area, soprattutto per migliorare ulteriormente la precisione della fenotipizzazione e della stratificazione del rischio. Una volta raggiunti questi obiettivi, ha aggiunto, è probabile che seguiranno anche trattamenti più specifici.

Bibliografia
E Arbelo, et al. 2023 ESC guidelines for the management of cardiomyopathies: developed by the task force on the management of cardiomyopathies of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J. 2023; E pub ahead of print.
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