Carcinoma uroteliale: risposte con enfortumab vedotin più pembrolizumab


Nei pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico non idonei al trattamento con cisplatino risultati da enfortumab vedotin più pembrolizumab

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Nei pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico non idonei al trattamento con cisplatino, una terapia di prima linea con il coniugato farmaco-anticorpo (ADC) enfortumab vedotin e l’inibitore di PD-1 pembrolizumab offre un beneficio significativo, producendo alti tassi di risposta e risposte durature, con un profilo di sicurezza gestibile. Lo evidenziano i risultati a lungo termine della coorte A dello studio di fase 1/2 EV-103 (NCT03288545), presentati di recente a Chicago al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO).

Nell’analisi presentata, con un follow-up di circa 4 anni, il tasso di risposta complessivo (ORR) è risultato del 73,3%, la mediana della durata della risposta (DOR) ha superato i 22 mesi e la sopravvivenza globale (OS) mediana è risultata superiore a 2 anni.

Unmet need significativo per i pazienti cisplatino-unfit
Circa la metà di tutti i pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico non è candidabile alla chemioterapia con cisplatino, per lo più a causa di una compromissione della funzione renale, di un performance status scadente e di altre comorbidità.

Il trattamento standard per i pazienti non idonei al cisplatino è rappresentato dalla combinazione gemcitabina-carboplatino, con la quale, tuttavia, non si ottengono risultati altrettanto soddisfacenti.

«Vi è dunque una significativa necessità di migliorare gli outcome di questi pazienti», ha spiegato l’autrice che ha presentato i dati, Shilpa Gupta, a capo del dipartimento di Oncologia medica genitourinaria presso il Taussig Cancer Institute di Cleveland e co-leader del programma di oncologia genitourinaria presso la Cleveland Clinic, in Ohio. Infatti, ha aggiunto l’oncologa, «Il mantenimento con avelumab è indicato solo nei pazienti che non progrediscono dopo gemcitabina-carboplatino, mentre la monoterapia con un anti-PD-1 o anti-PD-L1 è indicata solo in un gruppo molto selezionato di pazienti».

Enfortumab vedotin e la combinazione con pembrolizumab
Enfortumab vedotin è un ADC che, grazie alla selettività della porzione anticorpale, si lega selettivamente alle cellule che esprimono sulla loro superficie la proteina nectina-4 (presente nel 97% dei campioni bioptici di carcinoma uroteliale) e rilascia all’interno della cellula un potente agente citotossico, la monometil auristatina E (MMAE), in grado di distruggere i microtubuli cellulari.

«Enfortumab vedotin ha un meccanismo d’azione multimodale grazie al rilascio intracellulare della MMAE, che provoca una alla citotossicità diretta nei confronti delle cellule tumorali contenenti nectina-4, oltre a indurre morte cellulare immunogenica», ha spiegato Gupta.

«La sua combinazione con un inibitore dei checkpoint immunitari come pembrolizumab dovrebbe produrre un effetto sinergico, potenziando l’azione immunomodulatoria di entrambi i farmaci e aumentando così la possibilità di morte cellulare e di persistenza della risposta anche nel lungo periodo», ha aggiunto Giannatempo.

La combinazione di enfortumab vedotin e pembrolizumab è già stata approvata dalla Food and drug administration come trattamento di prima linea per pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato o metastatico non candidabili al cisplatino sulla base dei risultati della coorte di dose-escalation, della coorte A e della coorte K dello studio EV-103, risultati che hanno dimostrato come con questa combinazione si ottengano risposte rapide e durature in questa popolazione di pazienti. Al congresso dell’ASCO, la Gupta ha presentato un aggiornamento dei risultati relativi alla coorte A e anche alla coorte di dose-escalation dello studio, dopo un follow-up mediano di 47 mesi.

Lo studio EV-103
Lo studio EV-103 (NCT03288545) (NCT03288545) è un trial multicoorte di fase 1b/2, progettato per valutare l’efficacia e la sicurezza di enfortumab vedotin in combinazione con pembrolizumab oppure in monoterapia come trattamento di prima linea in pazienti con carcinoma uroteliale localmente avanzato/metastatico non trattabili con cisplatino.

Lo studio è stato articolato in più fasi che hanno previsto l’inclusione di coorti differenti di pazienti: una composta da cinque pazienti, per la fase di dose-escalation; una (coorte A) composta da 40 pazienti, per la fase di espansione della dose e una (coorte K), composta da 76 pazienti, per la fase randomizzata, nella quale i pazienti sono stati assegnati al trattamento con enfortumab vedotin più pembrolizumab oppure enfortumab vedotin da solo.

L’analisi presentata da Gupta ha incluso, quindi, un totale di 45 pazienti, trattati con enfortumab vedotin alla dose di 1,25 mg/kg per via endovenosa (ev) nei giorni 1 e 8, più pembrolizumab 200 mg ev il giorno 1 di ogni ciclo di 3 settimane.

Gli endpoint primari erano rappresentati dagli eventi avversi e le alterazioni dei parametri di laboratorio, mentre gli endpoint secondari chiave includevano l’ORR, la DOR, la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e l’OS.

Le caratteristiche dei pazienti
La maggior parte dei pazienti delle due coorti (di dose-escalation e A) era di sesso maschile (l’80,0%) e l’età mediana era di 69 anni. Quasi tutti i partecipanti (93,3%) erano caucasici e il 33,3% aveva un performance status ECOG pari a 0, il 48,9% pari a 1 e il 17,8% pari a 2.

In circa i due terzi dei pazienti (il 66,7%) il tumore primitivo era localizzato nel tratto inferiore, mentre il 31,1% aveva metastasi epatiche e l’84,4% metastasi viscerali.

Dopo quasi 4 anni di follow-up, il 40% dei pazienti era ancora in studio, ma tutti avevano interrotto il trattamento. La durata mediana del trattamento è risultata di 7 mesi e il numero mediano di cicli di trattamento effettuati pari a 9. Il motivo dell’interruzione del trattamento è stato la progressione della malattia nel 42,2% dei pazienti, il manifestarsi di eventi avversi nel 33,3%, una decisione del paziente nel 20%, una decisione del medico nel 2,2% e un altro motivo nel 2,2%. Il motivo più comune di interruzione dello studio è stato il decesso, avvenuto in 22 pazienti (48,9%).

Sopravvivenza superiore ai 2 anni
L’ORR è risultato del 73,3% (IC al 95% 59,1-85,4), con un 15,6% di risposte complete, un 57,8% di risposte parziali e la stabilizzazione della malattia nell’11,1% dei pazienti. Il tasso di controllo della malattia è risultato, quindi, dell’84,4% (IC al 95% 70,5-93,5). «La concordanza dei risultati ottenuti dagli sperimentatori e quelli valutati in modo centralizzato da revisori indipendenti in cieco è risultata del 95,3%», ha sottolineato Gupta.

«Il trattamento di prima linea con enfortumab vedotin e pembrolizumab ha prodotto risposte durature», ha aggiunto l’autrice. La mediana della DOR è risultata, infatti, di 22,1 mesi.

Riguardo agli outcome di sopravvivenza, la Gupta ha riferito che la mediana di PFS è risultata di 12,7 mesi (IC al 95% 6,11-non valutabile, NE) e che il 41,1% dei pazienti era ancora in vita e senza segni di progressione della malattia a 24 mesi. Inoltre, la mediana di OS è risultata di 26,1 mesi (IC al 95% 15,51-NE) e il tasso di OS a 24 mesi è risultato del 56,4%.

«Risultati di sopravvivenza più che raddoppiati rispetto a quelli ottenuti con la chemioterapia negli studi storici», ha sottolineato Giannatempo.

Profilo di sicurezza gestibile
«Il profilo di sicurezza della combinazione enfortumab vedotin più pembrolizumab è risultato gestibile e con il follow-up non sono emerse nuove problematiche inerenti la sicurezza del trattamento», ha detto Gupta. «I tipi di eventi avversi correlati al trattamento e la loro incidenza sono risultati in linea con quelli già riportati per la combinazione nelle analisi precedenti».

Eventi avversi di qualsiasi grado si sono verificati in 43 pazienti (il 95,6%) e sono consistiti in neuropatia sensoriale periferica (25 pazienti, 55,6%), affaticamento (23 pazienti, 51,1%), alopecia (22 pazienti, 48,9%), diarrea (21 pazienti, 46,7% ), diminuzione dell’appetito (18 pazienti, 40%), rash maculo-papulare (16 pazienti, 35,6%), prurito (15 pazienti, 33,3%) e disgeusia (15 pazienti, 33,3%). Eventi avversi di grado 3 o superiore si sono verificati in 29 pazienti (il 64,4%) e sono consistiti in aumento delle lipasi (8 pazienti, 17,8%), rash maculo-papulare (cinque pazienti, 11,1%), affaticamento (cinque pazienti, 11,1%), neutropenia, anemia, iperglicemia e aumento dell’amilasi (in quattro pazienti ciascuno, 8,9%) e aumento delle transaminasi (tre pazienti, 6,7%).

«È vero che una buona quota di pazienti ha manifestato tossicità, ma nella maggior parte casi le tossicità sono state di grado 1 o 2», ha commentato Giannatempo. Inoltre, «alcuni effetti avversi su cui erano inizialmente puntati i riflettori, per esempio l’anemia e l’iperglicemia, si sono manifestati in realtà in una bassa percentuale di casi».

Tossicità reversibili
«Un dato interessante e che deve far riflettere è quello che riguarda i tempi di insorgenza e di risoluzione degli effetti avversi di particolare interesse per enfortumab vedotin», ha osservato Giannatempo. «I risultati dimostrano che eventi avversi come le reazioni cutanee e l’iperglicemia si manifestano molto rapidamente, alle prime somministrazioni, ma si risolvono altrettanto rapidamente. La neuropatia periferica tende a insorgere e a risolversi più lentamente, ma è comunque reversibile. Nel complesso, sono tutti eventi gestibili, reversibili e sicuramente meno preoccupanti di quanto sembravano essere inizialmente».

Per quanto riguarda gli eventi avversi correlati al trattamento di particolare interesse per enfortumab vedotin, i più comuni sono stati le reazioni cutanee di qualsiasi grado, manifestatesi in 30 pazienti (66,7%), e di grado 3 o superiore, riscontrate in 9 pazienti (20%), e la neuropatia periferica di qualsiasi grado, osservata in 28 pazienti (62,2%).

Gli eventi avversi più comuni insorti durante il trattamento di particolare interesse per pembrolizumab sono stati le reazioni cutanee gravi di qualsiasi grado, sviluppate da 11 pazienti (24,4%), e di grado 3 o superiore, registrate in 10 pazienti (22,2%).

Il futuro della combinazione
Il beneficio della combinazione enfortumab vedotin-pembrolizumab come trattamento di prima linea è attualmente in fase di valutazione nello studio di fase 3 EV-302 in una popolazione più ampia di pazienti con carcinoma uroteliale avanzato candidabili al platino.

«C’è grande attesa per i risultati di questo studio nel quale si sta valutando se la combinazione enfortumab vedotin-pembrolizumab è superiore al trattamento chemioterapico standard più efficace che abbiamo avuto fino ad oggi», ha commentato Giannatempo.

«I risultati di questo studio dovrebbero essere disponibili entro la fine di quest’anno o all’inizio del prossimo e se saranno positivi, come ci si attende, potrebbero cambiare completamente il percorso terapeutico, le prospettive e la sopravvivenza di pazienti (come quelli con un carcinoma uroteliale avanzato, ndr) che fino a poco tempo fa avevano una prognosi assolutamente infausta», ha concluso l’esperta.

Bibliografia

  1. Gupta, et al. Study EV-103 dose escalation/cohort A: Long-term outcome of enfortumab vedotin + pembrolizumab in first-line (1L) cisplatin-ineligible locally advanced or metastatic urothelial carcinoma (la/mUC) with nearly 4 years of follow-up. J Clin Oncol. 2023;41(suppl):4505; doi:10.1200/JCO.2023.41.16_suppl.4505. https://meetings.asco.org/abstracts-presentations/218065