Mielofibrosi a rischio medio-alto: jaktinib meglio dell’idrossiurea


Mielofibrosi a rischio intermedio-2 o elevato: il nuovo inibitore di JAK/ACVR1 jaktinib ha mostrato miglioramenti statisticamente significativi rispetto a idrossiurea

mielofibrosi trombocitopenica

I pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o elevato trattati con il nuovo inibitore di JAK/ACVR1 jaktinib, hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo della percentuale di coloro che hanno ottenuto una riduzione del volume della milza di almeno il 35% rispetto al basale (SVR35) alla settimana 24, rispetto a quelli trattati con idrossiurea, nello studio di fase 3 ZGJAK016 presentato di recente al congresso della European Hematology Association (EHA), tenutosi a Francoforte.

Alla data di chiusura della raccolta dei dati, il 28 aprile 2022, i risultati dell’analisi intermedia dello studio hanno mostrato che il tasso di SVR35 alla settimana 24, valutato dal comitato di revisione indipendente (IRC) del trial, era del 72,3% (IC al 95% 57,4%-84,4%) nel gruppo trattato con jaktinib (47 pazienti) contro 17,4% (IC al 95, 5,0%-38,8%) nel gruppo di confronto (23 pazienti; P ≤ 0,0001).

Inoltre, i migliori tassi di risposta splenica sono risultati rispettivamente dell’80,9% e 26,1% (P ≤ 0,0001), mentre la variazione percentuale massima mediana del volume della milza rispetto al basale, valutata dall’IRC del trial, è risultata rispettivamente pari a -46,6% e -18,5%.

«Nella mielofibrosi, la Food and drug administration ha approvato tre inibitori di JAK, tra cui ruxolitinib, fedratinib e pacritinib», ha spiegato durante la sua presentazione Jie Jin, professoressa di medicina presso il Dipartimento di Ematologia del First Affiliated Hospital della Zhejiang University di Hangzhou, in Cina. «Attualmente, in Cina, ruxolitinib è l’unico farmaco disponibile per questi pazienti», ha aggiunto l’autrice.

Il disegno dello studio
Lo studio ZGJAK016 (NCT04617028) è un trial multicentrico, in doppio cieco, con braccio di controllo attivo, che ha arruolato pazienti adulti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto secondo il Dynamic International Prognostic Scoring System (DIPSS), con uno performance status ECOG di 1 o 0. I pazienti dovevano anche avere una milza palpabile di almeno 5 cm sotto il margine costale sinistro, un conteggio piastrinico di almeno 100 x 109/l e non essere stati mai sottoposti prima a nessun trattamento o al massimo a un trattamento di non più di 10 giorni con un inibitore di JAK.

Dopo un periodo di screening di 28 giorni, i pazienti arruolati sono stati assegnati in modo casuale secondo un rapporto 2:1 al trattamento con jaktinib 100 mg due volte al giorno più un placebo o idrossiurea 0,5 g due volte al giorno più un placebo per quattro cicli di trattamento di 6 settimane ciascuno. Alla settimana 24 è iniziato il periodo di estensione, e i pazienti che hanno raggiunto l’SVR35 hanno continuato il trattamento assegnato inizialmente, mentre quelli che non hanno raggiunto tale risultato sono stati trattati con jaktinib 100 mg due volte al giorno fino al raggiungimento dei criteri di interruzione del trattamento. I pazienti sono stati stratificati in base alla categoria di rischio secondo il DIPSS (intermedio-2 vs alto).

L’endpoint primario dello studio era il tasso di SVR35 alla settimana 24, misurato mediante imaging (risonanza magnetica o tac) e valutato dall’IRC. Gli endpoint secondari principali comprendevano, invece, l’SVR35 valutato dai ricercatori alla settimana 24, il tasso di migliore risposta della milza (definito come il raggiungimento dell’SVR35 in qualsiasi momento), la proporzione di pazienti con una riduzione del punteggio totale dei sintomi sulla base del MPN-SAF Total Symptom Score (TSS) di almeno il 50%, il miglioramento dell’anemia e la sicurezza.

Caratteristiche di base ben bilanciate nei due bracci
Le caratteristiche di base dei partecipanti erano ben bilanciate tra i due bracci. l’età mediana era di 63 anni (range: 46-76) in quello assegnato a jaktinib e 62 anni (range: 42-74) in quello trattato con idrossiurea. La maggior parte dei pazienti in entrambi i bracci erano donne (rispettivamente 61,7% e 60,9%), apparteneva alla categoria di rischio intermedio-2 del DIPSS (89,4% e 87,0%), non era mai stata trattata in precedenza con un inibitore di JAK (97,9% e 91,3%), era portatrice della mutazione V617F di JAK2 (59,6% e 69,6%) e aveva una mielofibrosi primaria (70,2% e 73,9%).

I volumi mediani della milza erano rispettivamente di 1389,7 cm3 (range: 433,6-5070,5) e 1249,1 cm3 (intervallo, 579,6-3011,4). Inoltre, i livelli mediani di piastrine e emoglobina erano simili nei due bracci.

Beneficio di SVR35 osservato in tutti i sottogruppi

La maggior parte dei pazienti nel braccio trattato con jaktinib (l’89,4%) ha completato 24 settimane di trattamento ed è entrata nel periodo di estensione dello studio (l’83%). Nel braccio di controllo, le percentuali corrispondenti sono risultate rispettivamente del 69,6% e del 69,6%.

Quattro pazienti sono deceduti nel braccio sperimentale, a fronte di uno nel braccio trattato con l’idrossiurea, ma nessun decesso è stato ritenuto correlato al trattamento.

Ulteriori risultati dello studio hanno mostrato che il beneficio di SVR35 associato al trattamento con jaktinib rispetto a quello con idrossiurea si è osservato in tutti i sottogruppi predefiniti. Le differenze più significative nel tasso di SVR35 a favore di jaktinib sono state osservate nei pazienti con un punteggio del MPN-SAF TSS basale superiore alla mediana (72%; IC al 95% 35,5%-85%), in quelli appartenenti alla categoria di rischio intermedio-2 del DIPSS (66,2%; IC al 95% 42,2%-80,4%) e quelli portatori della mutazione V617F di JAK2 (63,4%; IC al 95% 35,0%-81,2%).

Un numero superiore di pazienti nel braccio jaktinib ha ottenuto una riduzione del MPN-SAF TSS rispetto al braccio trattato con idrossiurea in ogni momento di valutazione considerato nell’analisi intermedia: alla settimana 6 (55,3% contro 34,8%), alla settimana 12 (59,6% contro 43,5%), alla settimana 18 (66,0% contro 39,1%) e alla settimana 24 (63,8% contro 43,5%).

I livelli di emoglobina sono aumentati nel braccio jaktinib e diminuiti nel braccio di controllo. Dei sette pazienti trattati con jaktinib che hanno richiesto una trasfusione di globuli rossi, cinque hanno ottenuto una riduzione del 50% delle unità di trasfusione di globuli rossi entro la settimana 24, a fronte di due dei cinque trattati con idrossiurea che hanno richiesto una trasfusione.

Risultati di sicurezza
Relativamente alla sicurezza quasi tutti i pazienti nei due bracci hanno manifestato un effetto avverso durante il trattamento di qualsiasi grado, rispettivamente il 97,9% con jaktinib e il 100% con idrossiurea; inoltre, la maggior parte dei pazienti in entrambi i bracci ha manifestato un effetto avverso durante il trattamento di grado 3 o superiore (51,1% contro 60,9%).

Eventi avversi severi sono stati riscontrati nel 27,7% dei pazienti nel braccio jaktinib e nel 47,8% di quelli del braccio idrossiurea. In entrambi i bracci sono stati riportati effetti avversi manifestati durante il trattamento che hanno richiesto una riduzione del dosaggio o la sospensione del trattamento stesso (23,4% e 34,8%) o la sua interruzione definitiva (8,5% e 17,4%).

Nel braccio jaktinib, gli effetti avversi manifestati durante il trattamento più comuni di qualsiasi grado sono stati trombocitopenia (40,4%), anemia (38,3%), infezioni del tratto respiratorio (21,3%), leucopenia (14,9%), febbre (12,8%) e riduzione dei livelli ematici di bilirubina nel sangue (12,8%); quelli di grado 3 o superiore più comuni sono stati anemia (25,5%), trombocitopenia (17,0%), leucopenia (2,1%), neutropenia (2,1%) e riduzione della conta linfocitaria (2,1%).

Nel braccio idrossiurea, gli effetti avversi manifestati durante il trattamento più comuni di qualsiasi grado sono stati trombocitopenia (52,2%), anemia (52,2%), leucopenia (30,4%), neutropenia (26,1%), riduzione del conteggio dei linfociti (26,1%) e riduzione della bilirubina nel sangue (26,1%), mentre quelli di grado 3 o superiore più comuni sono stati anemia (43,5%), trombocitopenia (39,1%), leucopenia (21,7%), neutropenia (21,7%) e riduzione della conta linfocitaria (13,0%).

«Al momento di questa analisi intermedia, jaktinib ha dimostrato un trend di miglioramento nella risposta relativa ai sintomi rispetto all’idrossiurea», ha detto Jin. Inoltre, ha sottolineato l’autrice,« nel braccio trattato con jaktinib sono state riscontrate meno citopenie rispetto a quello trattato con idrossiurea. I nostri risultati dimostrano che jaktinib potrebbe costituire una nuova opzione di trattamento per i pazienti con mielofibrosi a rischio intermedio-2 o alto secondo il DIPSS».

Bibliografia
Y. Zhang, et al. A randomized double-blind phase 3 study of jaktinib versus hydroxyurea in patients with intermediate-2 or high risk myelofibrosis. EHA 2023; abstract S212. Link