Mieloma multiplo avanzato: bene elranatamab nei pazienti refrattari


Mieloma multiplo avanzato: secondo nuovi studi, il bispecifico elranatamab conferma le promesse nei pazienti fortemente refrattari

malattia di chagas alzheimer

Il trattamento con l’anticorpo bispecifico sperimentale elranatamab conferma la sua efficacia, caratterizzata da alti tassi di risposta e risposte rapide, profonde e durature, in pazienti con mieloma multiplo altamente pretrattati (per lo più triplo-refrattari o addirittura penta-refrattari). La conferma arriva dai nuovi dati relativi alla coorte A dello studio di fase 2 MagnetisMM-3, presentati di recente a Francoforte, al congresso annuale della European Hematology Association (EHA), e, circa una settimana prima, anche al congresso dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), a Chicago.

Nei 123 pazienti della coorte analizzata, il tasso di risposta complessivo (ORR) è risultato di oltre il 60%, percentuale che è salita al 73,1% nei pazienti meno fortemente pretrattati, cioè quelli che avevano effettuato in precedenza non più di tre linee di terapia. La risposta al trattamento si è ottenuta rapidamente, con una mediana di poco superiore al mese, e dopo 15 mesi oltre il 70% dei pazienti responder manteneva la risposta al farmaco.

Elranatamab al vaglio di Fda ed Ema
Elranatamab è un nuovo anticorpo bispecifico umanizzato CD3/BCMA, disegnato per legarsi da un lato al recettore CD3 presente sulla superficie delle cellule T e dall’altro all’antigene di maturazione delle cellule B (BCMA), altamente espresso sulle plasmacellule mielomatose. Grazie a questa caratteristica, il bispecifico è in grado di attivare e dirigere la risposta immunitaria mediata dalle cellule T verso le cellule del mieloma multiplo.

Il farmaco, che presenta la comodità della somministrazione per via sottocutanea, nel febbraio scorso ha ricevuto dalla Food and drug administration la Priority Review, che garantisce una revisione accelerata del dossier registrativo, e nel novembre 2022 aveva ricevuto dall’agenzia statunitense la designazione di terapia fortemente innovativa. Inoltre, l’azienda produttrice (Pfizer) ha già sottoposto la domanda di approvazione del farmaco anche alla European medicines agency. Le domande di approvazione di elranatamab presentate ai due enti regolatori si basano appunto principalmente sui risultati dello studio MagnetisMM-3, e in particolare sui dati relativi alla coorte A, costituita da pazienti mai trattati in precedenza con altre terapie anti-BCMA.

Lo studio MagnetisMM-3
Lo studio MagnetisMM-3 (NCT04649359) è un trial multicentrico internazionale, non randomizzato, in aperto, in cui si valutano sicurezza ed efficacia di elranatamab in monoterapia in pazienti con mieloma multiplo ricaduto/refrattario triplo-esposti, cioè già trattati con un inibitore del proteasoma, un immunomodulante e un anticorpo anti-CD38, e risultati refrattari ad almeno un farmaco di ciascuna delle tre classi.

Sono stati arruolati in totale 187 pazienti, divisi in due coorti: la coorte A, formata da pazienti naïve agli anti-BCMA, e la coorte B, nella quale sono stati inclusi, invece, pazienti già trattati con terapie anti-BCMA (il coniugato anticorpo-farmaco belantamab mafodotin e le cellule CAR-T).

Nella prima settimana di trattamento, i partecipanti sono stati trattati con elranatamab 12 mg il giorno 1 ed elranatamab 32 mg il giorno 4, al fine di mitigare gli eventi avversi. Dopo la prima settimana, elranatamab è stato somministrato alla dose piena di 76 mg una volta alla settimana. Questa strategia di incremento graduale del dosaggio (step-up) non è stata applicata fin dall’inizio dello studio e i pazienti che vi sono stati sottoposti sono stati 119. Prima delle prime tre dosi di elranatamab, ai pazienti è stata somministrata anche una premedicazione con paracetamolo, difenidramina e desametasone.

Al congresso di Francoforte sono stati presentati anche i dati relativi ai pazienti che dal settimo ciclo in avanti sono passati da una somministrazione di elranatamab una volta alla settimana a una somministrazione ogni 2 settimane. Questo passaggio poteva essere effettuato dai pazienti trattati con almeno 6 cicli di elranatamab che raggiungevano una risposta almeno parziale o migliore e la cui risposta si manteneva per almeno 2 mesi.

L’endpoint primario dello studio era l’ORR, valutato in modo centralizzato da revisori indipendenti in cieco (BICR) secondo i criteri dell’International Myeloma Working Group (IMWG) e comprendendo nelle risposte obiettive la risposta completa stringente, la risposta completa, la risposta parziale molto buona e la risposta parziale. Tra gli endpoint secondari vi erano la durata della risposta (DOR), il tasso di risposta completa, il tempo di risposta, il tasso di negatività della malattia minima residua (MRD), la sopravvivenza libera da progressione (PFS), la sopravvivenza globale (OS) e la sicurezza.

Pazienti fortemente pretrattati
Riguardo alle caratteristiche di base dei pazienti, nella coorte A l’età mediana era di 68 anni (range 36-89), circa un quarto dei partecipanti (il 25,2%) aveva un profilo citogenetico ad alto rischio e il 31,7% aveva una malattia extramidollare.

La coorte era formata da pazienti fortemente pretrattati, che avevano già effettuato una mediana di cinque linee di terapia (range: 2-22). Quasi tutti (il 96,7%) erano triplo-refrattari, il 42,3% era penta-refrattario e la stragrande maggioranza (il 95,9%) era risultata refrattaria all’ultima linea di terapia. «Si trattava, quindi, pazienti per i quali, davvero, non esistevano altre alternative terapeutiche», ha commentato Mina.

Al momento del cut-off dei dati, la durata mediana del follow-up era di 14,7 mesi (range: 0,2-25,1) e la durata mediana del trattamento pari a 5,6 mesi (range: 0,03-24,4)- Il 48% dei pazienti era stato trattato per più di 6 mesi e il 35,8% per oltre 12 mesi. Inoltre, il 33,3% dei pazienti era ancora in trattamento.

Tassi di risposta elevati
Nei 123 pazienti della coorte A, il trattamento con elranatamab ha prodotto un tasso di risposta globale (ORR) del 61,0% (IC al 95% 51,8%-69,6%), con un tasso di risposta completa stringente del 15,4%, un tasso di risposta completa del 19,5%, un tasso di risposta parziale molto buona del 21,1% e un tasso di risposta parziale del 4,9%.

I risultati sono stati ancora migliori nei pazienti meno fortemente pretrattati, in quelli senza malattia extramidollare e in quelli con malattia in stadio I secondo il Revised International Staging System (R-ISS).

Infatti, nei 26 pazienti che avevano effettuato in precedenza non più di due o tre linee di terapia precedenti l’ORR è risultato del 73,1% con un tasso di risposta completa stringente del 19,2%, un tasso di risposta completa del 26,9%, un tasso di risposta parziale molto buona del 23,1% e un tasso di risposta parziale del 3,8%.

Negli 84 pazienti senza malattia extramidollare, l’ORR è risultato del 71,4% e il tasso di risposta completa o migliore del 40,5%, mentre nei 28 pazienti con malattia in stadio I secondo l’R-ISS i tassi corrispondenti sono risultati rispettivamente del 75% e 53,6%.

Risposte rapide e durature
Nei 75 pazienti che hanno raggiunto una risposta obiettiva, il tempo mediano di risposta è stato di 1,2 mesi (range: 0,9-7,4).

Oltre che rapide, le risposte sono apparse profonde e durature. Infatti, tra i 29 pazienti valutabili che hanno raggiunto una risposta completa stringente o una risposta completa, il tasso MRD-negatività (misurata con una sensibilità pari a 10-5) è risultato dell’89,7%. Inoltre, il tasso di mantenimento della risposta obiettiva a 15 mesi è risultato del 71,5% e quello di mantenimento della risposta completa o migliore dell’89,2%.

L’efficacia di elranatamab e la risposta al trattamento non sono state compromesse dal passaggio dalla somministrazione settimanale a quella quindicinale. Infatti, dei 50 pazienti responder che hanno effettuato questo passaggio, l’80% aveva mantenuto o addirittura migliorato la risposta per almeno 6 mesi e il 66,7% era ancora in risposta al momento dell’analisi.

Mediane di sopravvivenza ancora non raggiunte
A un follow-up mediano di 14,7 mesi, la mediana di PFS nei pazienti della coorte A non risultava ancora raggiunta e il tasso di PFS a 15 mesi è risultato del 50,9% nell’intera coorte e dell’89,5% nei pazienti che hanno ottenuto una risposta completa o migliore.

Anche la mediana di OS non era ancora stata raggiunta al momento dell’analisi e il tasso di OS a 15 mesi è risultato rispettivamente del 56,7% nei pazienti dell’intera coorte e 92,6% nei pazienti che hanno ottenuto una risposta completa o migliore.

«I tassi di sopravvivenza osservati finora sono promettenti, se non senza precedenti, per questa popolazione di pazienti», ha detto l’autore che ha presentato i dati, Mohamad Mohty, professore di ematologia e capo del dipartimento di ematologia e terapia cellulare presso l’Hôpital Saint-Antoine e l’Università della Sorbona di Parigi.

Sicurezza migliorata con la somministrazione quindicinale
Per quanto riguarda il profilo di sicurezza e tollerabilità, «i dati aggiornati (dello studio MagentisMM-3, ndr) hanno confermato il profilo già noto di elranatamab sulla base delle analisi precedenti, che peraltro è in linea con il profilo di sicurezza degli anticorpi bispecifici», ha spiegato Mina.

I principali effetti avversi emergenti durante il trattamento di grado 3/4 sono stati quelli ematologici. «Effetti come l’anemia, la neutropenia e la piastrinopenia sono risultati frequenti, ma maneggevoli nella nostra pratica clinica», ha osservato l’esperto.

Per quanto riguarda gli eventi avversi di particolare interesse, la sindrome di rilascio di citochine (CRS) si è manifestata nel 50,6% dei pazienti, mentre la tossicità neurologica (ICANS) è risultata molto meno frequente (3,4%), ma in ogni caso tutti gli eventi sono stati di grado lieve (1 o 2 al massimo). Mothy ha spiegato che la strategia di incremento graduale della dose all’inizio del trattamento ha mitigato con successo il tasso di CRS e la sua gravità.

Altro evento avverso di particolare interesse associato al trattamento con elranatamab è stato rappresentato dalle infezioni, che sono state riportate nel 69,9% dei pazienti e nel 39,8% dei casi sono state di grado 3/4. «Ad oggi le infezioni rappresentano la principale tossicità degli agenti diretti contro il BCMA ed è per questo che un passaggio a una schedula con una somministrazione meno frequente del farmaco potrebbe portare dei vantaggi anche nell’abbattimento di questo tasso di infezioni», ha commentato Mina.

Mothy ha riferito che l’incidenza degli effetti avversi emergenti dal trattamento di grado 3/4 si è effettivamente ridotta di oltre il 10% dopo il passaggio alla somministrazione ogni 2 settimane, scendendo dal 58,3% nei 3 mesi precedenti il cambio al 46,6% nei 3 mesi successivi.

Il futuro di elranatamab, da solo e in combinazione
«Tutti questi risultati pongono le basi per il proseguimento dello sviluppo di elranatamab per i pazienti con mieloma multiplo», ha concluso Mothy.

«Elranatamab in questo momento si posiziona sicuramente come una delle migliori opzioni di trattamento per quei pazienti con mieloma multiplo in fase avanzata già sottoposti ad almeno tre linee di trattamento», ha sottolineato Mina.

«Certamente, questi risultati danno impulso a un ulteriore sviluppo di elranatamab, che peraltro è già in corso nelle linee più precoci di trattamento, … e in effetti sono già in corso studi su elranatamab in combinazione con altri agenti, studi di confronto con gli attuali standard-of-care alla recidiva e anche studi con lo stesso farmaco utilizzato in prima linea nel paziente anziano e anche come agente di mantenimento», ha concluso l’esperto.

Bibliografia
M. Mohty, et al. Elranatamab, a B-cell maturation antigen (BCMA)-CD3 bispecific antibody, for patients with relapsed/refractory multiple myeloma: extended follow up and biweekly administration from MagnetisMM-3. HemaSphere, 2023;7(S3):pages; abstract S196. Link