Tumore prostata: dopo la chirurgia servono percorsi per disfuzioni


Tumore della prostata: dopo l’intervento chirurgico servono percorsi efficaci contro incontinenza urinaria e deficit erettile

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La presa in carico del paziente operato di tumore della prostata, soprattutto in relazione alle complicanze funzionali che ne possono conseguire, quali incontinenza urinaria e deficit erettile e la capacità di risposta con strumenti adeguati da parte dei centri ospedalieri specializzati. È questo il tema di cui si è discusso oggi in una conferenza stampa, nel corso della quale è stata presentata una doppia indagine, quantitativa e qualitativa, realizzata da Fondazione Onda in collaborazione con Elma Research e il contributo incondizionato di Boston Scientific, che ha voluto comprendere il vissuto e le aspettative dei pazienti ed esplorare il grado di conoscenza, percezione ed esperienza da parte degli urologi.

In Italia, come negli altri paesi occidentali, il tumore della prostata è la più frequente forma di cancro maschile. Sono 40.500 gli uomini a cui viene diagnosticato un tumore della prostata in un anno nel nostro paese, secondo i dati Aiom relativi al 2022. Un numero in forte crescita considerando che erano 34.800 nel 2017. Le stime indicano anche che una gran parte dei pazienti che hanno subito un intervento chirurgico radicale (prostatectomia) per l’asportazione del tumore sviluppano problemi funzionali di disfunzione erettile, condizione che in una quota rilevante dei casi è resistente alle terapie farmacologiche e di incontinenza urinaria, con impatti devastanti in termini personali e sociali, segnando spesso l’inizio di un difficile percorso. Una situazione, confermata dall’indagine presentata oggi, ancor più sconfortante se confrontata con quella delle donne che su questo fronte hanno fatto passi importanti e che dopo una mastectomia, trovano più ascolto, tutele, prospettive.

«In un’ottica di attenzione alle specificità di genere, Fondazione Onda si è già impegnata in questi anni ad affiancare il “Bollino Rosa” che promuove la messa a punto di percorsi in ottica di genere nelle strutture ospedaliere del territorio nazionale, con il “Bollino Azzurro”, riconoscimento rivolto alla salute maschile, dato agli ospedali che assicurano un approccio professionale e interdisciplinare nei percorsi diagnostici e terapeutici dedicati alle persone con tumore della prostata», dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda, «Le problematiche funzionali legate al dopo tumore della prostata sono ancora oggi poco conosciute e considerate e solo alcuni centri ospedalieri specializzati hanno attivato percorsi dedicati con la possibilità di identificare le soluzioni terapeutiche più appropriate e all’avanguardia. Occorre promuovere la condivisione di buone pratiche cliniche e informare l’utenza delle realtà ospedaliere con migliore competenza e sensibilità nella gestione multidisciplinare di questa malattia».

Con l’intenzione di fornire una risposta concreta a questo scenario, Fondazione Onda lancia un Concorso per valorizzare le migliori realtà ospedaliere, partendo dal network Bollino Azzurro, impegnate nell’ambito del trattamento delle complicanze funzionali post-operatorie del tumore della prostata. Gli ospedali interessati a partecipare al Concorso Best Practice compileranno un apposito modulo online sul sito www.fondazioneonda.it e un Comitato di esperti istituito da Fondazione Onda valuterà ogni percorso candidato in base ai seguenti aspetti: rilevanza, multidisciplinarietà, efficacia, efficienza e replicabilità. L’esito del Concorso consentirà di mettere in luce le migliori prassi cliniche favorendone la condivisione tra gli ospedali e la popolazione, contribuendo a promuovere un percorso continuo di crescita e miglioramento della presa in carico dei pazienti.

L’indagine presentata oggi ha coinvolto, attraverso un questionario quantitativo, 151 uomini sottoposti a chirurgia per tumore della prostata fra 1 e 3 anni prima dell’intervista e 13 urologi che si occupano del trattamento chirurgico del carcinoma prostatico a cui sono state rivolte interviste qualitative online in profondità. I risultati confermano che l’incontinenza e la disfunzione erettile sono due conseguenze funzionali importanti della prostatectomia radicale: 4 uomini su 5 (81 per cento) ne hanno sofferto dopo l’intervento e 3 uomini su 5 (57 per cento) ne soffrono oltre i tempi fisiologici di ripresa. In particolare, il 32 per cento continua a soffrire di incontinenza e il 54 per cento di problemi di erezione. Nonostante questo, il 14 per cento dei pazienti sottoposti a prostatectomia radicale non ha parlato con lo specialista di queste complicanze funzionali e una percentuale importante di chi ne ha parlato ha dovuto sollecitare questo dialogo (circa il 30 per cento). Lo specialista si mostra a volte poco proattivo nell’affrontare per primo il tema. I pazienti cercano informazioni anche altrove: il 79 per cento dei pazienti si rivolge al medico di famiglia e il 61 per cento le cerca in autonomia online. In questo scenario l’urologo si percepisce come il ‘case manager’ del paziente sottoposto a prostatectomia radicale e tende a gestire le complicanze funzionali post-operatorie sostanzialmente in autonomia, valorizzando le proprie competenze. L’urologo spesso pone l’attenzione soprattutto sul grado di severità delle complicanze non sempre indagando l’impatto effettivo che provocano sulla qualità di vita del paziente. In particolare, i pazienti che soffrono di incontinenza urinaria riferiscono, rispetto a coloro che hanno disfunzione erettile, livelli di dolore o fastidio, ansia e depressione maggiori.  Non tutti i pazienti che sviluppano complicanze funzionali ricevono un trattamento per farvi fronte: il 33 per cento dei pazienti con incontinenza urinaria e il 35 per cento dei pazienti con disfunzione erettile, infatti, non è stato sottoposto ad alcun tipo di trattamento. Fra i rimedi per le complicanze funzionali post-chirurgiche l’urologo propone principalmente i trattamenti riabilitativi, mentre la chirurgia protesica rimane una ‘extrema ratio’. Non esiste un referral strutturato con i centri ospedalieri che effettuano questi interventi: solo il 5 per cento dei pazienti, infatti, dichiara di essersi rivolto ad altri centri nel caso in cui le complicanze funzionali non possano essere trattate dal centro che ha effettuato la prostatectomia. I pazienti con complicanze funzionali ancora in corso, riferiscono un livello maggiore di soddisfazione per le informazioni ricevute dagli specialisti che non per la proattività degli stessi nel proporre rimedi ma nonostante questo avrebbero comunque voluto sapere di più su come gestire al meglio la loro situazione.

«Le complicanze funzionali nei pazienti trattati per tumore della prostata, sia chirurgicamente che con altre terapie, sono oramai ben note anche ai nostri pazienti», dichiara Carlo Bettocchi, Direttore USD di Andrologia e Chirurgia Ricostruttiva dei genitali Esterni Policlinico Riuniti di Foggia, «Quello che in realtà vediamo nella nostra pratica clinica quotidiana, in termini di frequenza delle complicanze funzionali, sembra però essere anche peggiore rispetto ai dati della letteratura. Molti ospedali non possono prendersi in carico queste terapie riabilitative per vari motivi, in primis la mancanza di copertura finanziaria per tutti i dispositivi medici che si rendono necessari. È necessario inserire le protesi nei LEA. Anche se con grande ritardo, è arrivato il momento di garantire all’uomo oncologico le stesse garanzie mediche che da tempo si garantiscono alla donna oncologica, almeno nei centri di riferimento regionali e sicuramente nel nostro SSN».

«Proprio in questi giorni il governo sta valutando la possibilità di emanare una legge su “l’oblio oncologico” per garantire giustamente alla persona che è stata affetta da una malattia oncologica e considerata guarita un futuro libero dallo stigma del tumore, permettendole di non dichiarare la sua pregressa malattia, per esempio, in occasione della stipula di un contratto di lavoro o della richiesta di un mutuo. Tutto giusto, ed è auspicabile che anche l’Italia riconosca questo diritto nel nostro ordinamento come già avvenuto in altri paesi europei», conclude Roberto Carone, già primario della Neuro-Urologia e Unità Spinale, AOU Città Della Salute, Torino; Presidente Emerito Fondazione Italiana Continenza, «Per analogia vorrei presentare lo slogan del “non oblio funzionale”. Mi spiego meglio. Attualmente, in molti casi, il problema disfunzionale che insorge come complicanza di una terapia oncologica risulta ancora non sufficientemente affrontato e trattato. Quando si affronta l’argomento di una malattia oncologica, sia a livello tecnico-scientifico che mediatico e di comunicazione l’attenzione viene focalizzata sulla prevenzione, sulla diagnosi, sulla terapia e sul follow-up, ma viene sempre, o quasi sempre, scotomizzato l’aspetto delle complicanze funzionali che conseguono alla terapia e che incidono pesantemente sulla qualità di vita anche del paziente guarito dal punto di vista oncologico».